Capitale sociale, imprenditorialità locale e governance territoriale: il circuito turistico Cortes Apertas/Autunno in Barbagia come politica di sviluppo locale

Il contributo difende la validità dello sviluppo locale, paradigma che riconosce anche alle aree marginali la possibilità di realizzare percorsi di sviluppo virtuoso radicati nel territorio e integrati in circuiti globali. Per conseguire tale obiettivo, a partire da un caso di studio realizzato in Sardegna, appare cruciale che gli orizzonti di azione degli attori socio-economici coinvolti nelle politiche di sviluppo locale si allunghino e si amplino, per consentire l’attivazione di processi di apprendimento collettivo che informino l’intero sistema locale.

1. Premessa. Coesione e competitività nei sistemi locali di sviluppo
L’accresciuta competizione tra territori che segue la globalizzazione dell’economia di mercato dell’ultimo trentennio è accompagnata da una svolta nella definizione delle politiche per lo sviluppo delle aree periferiche e marginali, le cui specificità locali diventano potenziali risorse per l’attivazione di percorsi di sviluppo virtuosi, integrati e sostenibili(1). Particolarmente influente in tale mutamento è il paradigma dello sviluppo locale, per il quale i contesti locali producono beni materiali e immateriali che, se adeguatamente valorizzati, possono generare economie esterne utili all’azione delle imprese operanti nel territorio(2). In tal modo, le politiche per lo sviluppo territoriale possono aspirare a tenere insieme gli obiettivi di coesione e competitività(3). Dopo gli iniziali entusiasmi, studi e valutazioni sull’implementazione di iniziative ispirate allo sviluppo locale hanno evidenziato le criticità del paradigma, rilevando la difficile riproducibilità in aree svantaggiate delle condizioni di successo presenti nei casi paradigmatici usati come metro di confronto, oppure obiettando alla possibilità di creare “dall’alto” processi altrove attivatisi spontaneamente(4). Tali critiche, utili se intese in termini costruttivi, rischiano di avvantaggiare le posizioni di chi suggerisce la derubricazione dall’agenda dei governi dello sviluppo locale e della coesione territoriale, a favore di investimenti nelle aree e nei settori più competitivi, specie a fronte della crisi economico-finanziaria in corso(5).

 

Il presente contributo intende difendere la validità del paradigma dello sviluppo locale, sostenendo che il mancato raggiungimento dei suoi obiettivi da parte di politiche a esso ispirate è spesso legato a un’applicazione o gestione scorretta, manchevole o distorta della sua logica, identificabile mediante adeguati strumenti di monitoraggio e valutazione (intesi come stimolo per un processo di apprendimento interno, piuttosto che come sterile adempimento burocratico o sgradevole esercizio classificatorio). A tal proposito, il contributo presenta alcuni risultati di una ricerca qualitativa(6) su una piccola ma significativa iniziativa di sviluppo locale realizzata in Barbagia(7), area particolarmente remota e svantaggiata della Sardegna. Una volta descritte le principali caratteristiche e fasi di attuazione, l’articolo riferisce delle strategie attivate per l’implementazione dell’iniziativa in tre comuni scelti come casi di studio, e delle modalità adottate per gestire l’azione di governance territoriale dal partenariato intercomunale. Le riflessioni conclusive evidenziano come la fondamentale carenza di questa peraltro interessante iniziativa – la quale seppure a macchia di leopardo è riuscita ad attivare la partecipazione di attori socio-economici e cittadinanza nei comuni aderenti -, risieda proprio nell’assenza di un’adeguata azione di governance territoriale, finalizzata a incentivare tra gli stakeholder l’adozione di un orizzonte di azione comune per la promozione del territorio barbaricino come sistema locale.

 

2. La ricostruzione del ciclo di policy dell’iniziativa Cortes Apertas/Autunno in Barbagia
Nel 1995 la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (CCIAA) della provincia di Nuoro(8) istituisce un’Azienda speciale (ASPEN), affidandole il compito di coordinare e gestire attività innovative per la promozione delle imprese e del territorio dei comuni della Sardegna centro-occidentale. L’anno successivo l’ASPEN lancia il circuito turistico integrato Cortes Apertas, basato sull’idea di aprire ai visitatori nei fine settimana della stagione autunnale i cortili interni (cortes) tipici delle case di diversi paesi della Barbagia. Partita con quattro adesioni, l’iniziativa coinvolge un numero crescente di comuni (27 nell’edizione in corso, oltre il 50% dei comuni in provincia di Nuoro): poiché non tutti presentano la caratteristica corte, nel 2003 l’ASPEN rinomina l’iniziativa Autunno in Barbagia. Obiettivo specifico del circuito quello di promuovere, in un’area contraddistinta dalla presenza di una radicata tradizione locale e di squilibri socio-economici, la commercializzazione in reti globali di prodotti tipici (dall’artigianato all’enogastronomia) puntando su un modello turistico antitetico a quello prevalente in Sardegna: ai servizi standardizzati del turismo balneare, concentrato nelle zone costiere e nei mesi estivi, si contrappone l’esclusività e la qualità dei prodotti locali, rivolta a un flusso di nicchia destagionalizzato, sfruttando l’offerta di voli a basso costo seguita alla liberalizzazione dei trasporti aerei in Europa(9). Obiettivo finale, successivo all’inserimento delle attività produttive locali in reti commerciali globali, quello di contribuire a frenare la tendenza al depauperamento socio-demografico ed economico in atto nell’area.

 

Il budget complessivo dell’iniziativa comprende una quota stanziata dalla CCIAA (circa 12mila euro per comune aderente) e, dal 2006, un contributo dell’Assessorato alla Cultura della Regione Sardegna (circa 100mila euro) erogato a manifestazione conclusa. I singoli comuni contribuiscono prevedendo nel proprio bilancio una somma per le attività relative alle proprie giornate, di entità notevolmente variabile (dai 7.000 ai 40.000 euro) a seconda delle diverse dimensioni e dotazioni finanziarie dei comuni, ma anche del loro diverso interesse a investire nella manifestazione.

 

 

Nella fase di attivazione dell’iniziativa svolge un ruolo cruciale il carismatico presidente della CCIAA nuorese (dimessosi nel 2012 dopo un ventennio di direzione), che agisce da “imprenditore istituzionale”(10): grazie al sostegno di una giunta camerale giovane e dinamica, all’inizio degli anni Novanta definisce l’iniziativa e utilizza reti amicali per coinvolgere i sindaci dei primi comuni aderenti. Nella fase di disegno e regolazione il ruolo più rilevante è quello dell’ASPEN, che definisce operativamente l’iniziativa e organizza le riunioni con i sindaci o gli assessori responsabili, per illustrare i requisiti richiesti per la partecipazione (dal 2009 precisati in un disciplinare), definire il calendario delle giornate assegnate ai comuni, concordare le modalità di promozione(11). La fase di implementazione si svolge prevalentemente a livello comunale dove vede la collaborazione tra amministrazione, associazioni culturali, operatori economici e cittadinanza. Piuttosto inadeguata risulta la fase di valutazione (nei suoi diversi momenti: ex ante, in itinere, ex post), ridotta ad una verifica sommaria basata su strumenti approssimativi e rilevazioni lacunose, prevalentemente affidata alla libera iniziativa dei comuni(12).

 

3. Lo studio in profondità dei fattori di successo o fallimento dell’iniziativa
Sebbene il responsabile dell’ASPEN ci riferisca della complessiva soddisfazione della CCIAA per i risultati finora ottenuti dall’iniziativa (adducendo a dimostrazione di ciò il fatto che la ripropone da oltre quindici anni), l’incompletezza delle informazioni forniteci rivela come tali risultati non siano stati sistematicamente monitorati e valutati, né in rapporto alle diverse fasi della policy né al raggiungimento dei suoi obiettivi specifici e finali (output e outcome). Dalla nostra osservazione diretta della realizzazione dell’iniziativa nei comuni, inoltre, è emersa una grande variabilità di riuscita, solo in parte confermata dall’ASPEN, dove si preferisce non “fare classifiche” per evitare di urtare la suscettibilità barbaricina e perché “ci si conosce tutti”. La variabilità di rendimento dei comuni non parrebbe attribuibile esclusivamente a un processo di apprendimento istituzionale legato al fattore tempo (che premierebbe i comuni di più vecchia partecipazione); piuttosto, sembrerebbe in atto un meccanismo di dipendenza di percorso(13), che tende a confermare la qualità della performance dei singoli comuni, a prescindere dal momento di adesione.

 

Per meglio comprendere le ragioni delle diverse risposte date dai comuni al medesimo incentivo istituzionale, il disegno del caso di studio ha scelto di approfondire l’indagine comparando l’attuazione dell’iniziativa in tre comuni, scelti con caratteristiche simili eccetto che, in un caso, per la variabile dipendente oggetto di studio (successo/insuccesso dell’iniziativa), nell’altro caso, per una variabile indipendente riconosciuta fondamentale nei processi di apprendimento istituzionale (ovvero il fattore tempo). Oliena, Sarule e Mamoiada appartengono infatti alla stessa microarea della Barbagia e sono dotati di risorse rilevanti per la realizzazione dell’iniziativa (beni paesaggistici ed archeologici, centri storici recentemente restaurati, produzioni tipiche nel settore eno-gastronomico e dell’artigianato, esperienze pregresse dell’amministrazione nell’organizzazione di sagre religiose e feste tradizionali). I primi due comuni hanno aderito a Cortes Apertas/Autunno in Barbagia dal suo nascere (nel 1996), ottenendo risultati rispettivamente positivi (il primo) e deludenti (il secondo); il terzo rappresenta un caso di successo legato a una partecipazione più recente (dal 2003). Per ognuno dei tre comuni è stata realizzata un’intervista con un attore informato (il sindaco o l’assessore responsabile dell’iniziativa), un focus group con gli operatori socio-economici che vi hanno preso parte e un’osservazione diretta nelle giornate a loro destinate dal calendario del circuito. L’analisi tematica dei contenuti dei focus group ha permesso di identificare alcuni temi emergenti, che hanno poi portato a ricostruire la logica sottostante le strategie di sviluppo definite da ciascuna amministrazione comunale e il tipo di dinamica interazionale in atto tra i principali attori coinvolti, per poi porla in relazione con il diverso grado e tipo di successo riscosso dall’iniziativa nei paesi considerati.

 

3.1    Sviluppo locale e capitale sociale: strategie comunali a confronto
Nel paradigma dello sviluppo locale un’importante ruolo svolge il concetto di “capitale sociale”, definito in analogia a quello di capitale fisico e umano in riferimento al carattere potenzialmente produttivo delle risorse presenti nelle reti sociali (familiari, di vicinato, di affiliazione territoriale, professionale, religiosa, sportiva, etc.)(14). Tali reti, infatti, rendono disponibili per chi vi è incluso risorse sociali che facilitano l’azione individuale e collettiva. Ma, come nel caso degli altri tipi di capitale, la creazione di capitale sociale richiede che si faccia un investimento per ottenere tali risorse, ad esempio in termini di rispetto di determinati vincoli all’azione o di tempo e fatica dedicati ad una attività comune. Fondamentale per convincere gli individui a cooperare, sostenendo i costi e i rischi di tale investimento, risulta la convinzione di dividerli equamente con gli altri potenziali beneficiari, oltre alla valutazione della desiderabilità e accessibilità dei vantaggi futuri. Si tratta di meccanismi che nella ricostruzione dell’implementazione della policy emergono con modalità differenti nei comuni studiati, influenzandone significativamente l’esito.

 

3.1.1. Sarule e l’orizzonte del presente
Sarule, paese di circa 1.800 abitanti noto per la sua specializzazione nella lavorazione a telaio del tappeto sardo, è tra i comuni che aderiscono all’iniziativa sin dal suo avvio. Nei primi anni la cittadinanza partecipa con un entusiasmo che sembra risvegliare quello spirito comunitario fortemente affievolitosi a seguito dei processi di spopolamento e individualizzazione in corso nel paese, così come più in generale nelle zone interne dell’Isola.

 

[Sante, produttore di pane]: “È anche un momento di aggregazione sociale. Perché comunque ci stiamo arroccando nelle nostre case, quindi è anche un momento di dialogo con i paesani stessi. Ecco! Perché comunque coinvolge tutta la comunità ed in linea di massima  è festa! […] Un ritrovo per quanto riguarda la società che sta venendo meno, mi pare che sia…”  

 

[Sabina, artigiana del tappeto]: “Ed è così infatti!

 

[Susanna, artigiana del tappeto]: “I primi anni è uscito tutto il paese, non c’è stata anima che non è uscita. Poi gli altri anni è andata un po’ così…

 

Dopo le prime edizioni, l’entusiasmo del paese per l’iniziativa scema al punto tale da lasciare spazio ad una situazione definita dal sindaco come “paradossale”, per la quale l’amministrazione “implora” artigiani e commercianti di aderire ad un’iniziativa finalizzata alla promozione dei loro prodotti. L’analisi dei temi emergenti nel focus group chiarisce come la defezione degli operatori socio-economici sia legata ad un calcolo costi/benefici realizzato in un’ottica di breve termine: i loro “sacrifici” legati alla perdita di tempo e all’impegno richiesti nelle fasi organizzative dell’iniziativa, non avrebbero trovato un adeguato ritorno economico nei giorni della manifestazione.

 

[Susanna, artigiana del tappeto]: “La colpa non è del Comune! La colpa è degli operatori, perché son tornati indietro, perché dicono: «Ma chi me lo fa fare, a fare tanto sacrificio? Portare fuori la roba, e poi non guadagno niente?!» Non è questa la ragione?
[Tutti]: “Siii!

 

Con l’intento di incentivare la partecipazione degli operatori socio-economici, l’amministrazione comunale istituisce un piccolo contributo per l’acquisto di un vassoio di dolci e qualche bottiglia di vino da offrire ai visitatori, rifacendosi al rituale dell’ospitalità barbaricina. Le caratteristiche dell’incentivo (definizione di un contributo pecuniario per riproporre un gesto tipicamente spontaneo e gratuito, distribuzione “a pioggia” per ciascun operatore, riproposizione saltuaria ed erogazione secondo modalità variabili) attivano una serie di conseguenze non volute, rilevabili dagli estratti dal focus group riportati più sotto. Da un lato, infatti, alimentano la mentalità assistenzialistica degli operatori socio-economici nei confronti dell’amministrazione, incentivandone un comportamento opportunistico volto ad ottenere nel breve termine il maggiore profitto possibile; dall’altro, minano la fiducia rispetto all’equità dell’operato dell’amministrazione comunale, portando a rivendicazioni egualitaristiche, che spesso mascherano la diffusione di sentimenti come invidia, gelosia, “cattiveria”, di ostacolo alla formazione di un tessuto imprenditoriale e, in ultima istanza, allo sviluppo locale(15). Ciò non fa che aggravare, piuttosto che risolvere, le difficoltà incontrate dall’iniziativa nel paese, spingendo l’amministrazione comunale a rinunciare a parteciparvi per l’edizione del 2011.

 

[Sofia, artigiana del tappeto]: “I primi anni qualcosa la finanziava il Comune per gli assaggi…

 

[Sante, produttore di pane]: “La Pro Loco ce l’aveva dato [il contributo, ndr], i primi due anni, quando c’era [X] sindaco, ma poi […] non più! Ma anche prima era poca cosa…

 

[Sofia, artigiana del tappeto]: “Un anno ci hanno comprato un vassoio, questo me lo ricordo! Ma un vassoio piccolo…

 

[Sante, produttore di pane]: “A noi mai!

 

[Saverio, hobbista]: “Eh, a chi uno, a chi tre, a chi cinque…

 

[Susanna, artigiana del tappeto]: “Guarda, io ti dico una cosa: una volta a Cortes Apertas son venuti questi visitatori a chiedere: «Dov’è che fanno i tappeti?» E c’è gente che ha risposto: «È chiuso, non ci sono più!»

 

[Sofia, artigiana del tappeto]: “Eh, perché c’è anche un po’ di gelosia…

 

[Sante, produttore di pane]: “Eh, ma quella c’è sempre!

 

3.1.2. Mamoiada e l’orizzonte del futuro
Mamoiada, comune di circa 2.500 abitanti, aderisce a Cortes Apertas/Autunno in Barbagia solo sette anni dopo il suo avvio. Dapprima l’iniziativa non suscita grande interesse tra gli operatori socio-economici, probabilmente anche a causa della scarsa fiducia nella capacità del paese di competere con l’offerta di comuni con più lunga tradizione turistico-imprenditoriale ed esperienza del circuito (come suggerisce il sindaco nel passo riportato sotto).

 

[Sindaco]: “Io ricordo quando avevamo iniziato: la situazione non era delle più felici, dal punto di vista della partecipazione. Dal punto di vista culturale, diciamo, non esisteva ancora quel piccolo orgoglio, come dire, imprenditoriale o, come dire, degli artigiani. Era un po’ in salita riuscire a convincere… alla prima riunione che avevamo fatto avevamo invitato tutti e c’erano pochissime persone…

 

Per incentivare la partecipazione degli operatori locali, l’amministrazione comunale identifica una formula innovativa volta a distinguere l’offerta del paese dalle altre già presenti nel circuito: un percorso di degustazione della cucina locale, sas tappas, all’interno della già contemplata visita delle esposizioni artigiane nel centro storico. La formula ripropone, a detta degli ideatori, l’usanza locale di “far tappa” (sostare) da amici nei giorni di festa, gustando insieme pane, formaggio e un bicchiere di vino; tuttavia strizza l’occhio alla già nota tradizione gastronomica degli antipastini spagnoli (las tapas). Così facendo, elude la concorrenza nel terreno della riproposizione “fedele” delle tradizioni locali, che la vede relativamente svantaggiata, portando avanti un’operazione di ibridazione culturale confermata con successo negli anni successivi (nelle ultime edizioni il percorso enogastronomico prevedeva oltre cinquanta “tappe”, tra le quali alcune dedicate alle tradizioni culinarie estere). Sarà l’inaspettato successo ottenuto dal paese sin dal suo primo esordio nel circuito turistico ad originare l’“orgoglio imprenditoriale” negli operatori locali (di cui parla il sindaco nella citazione riportata prima) ma anche nell’intera cittadinanza (come si evince nella prima citazione sotto), che collabora attivamente all’organizzazione e alla realizzazione della manifestazione, creando uno stock di risorse di capitale sociale utilizzabili per la realizzazione di ulteriori azioni collettive (come suggerisce lo stesso sindaco nella seconda citazione).

 

[Mariella, tappa enogastronomica]: “Io volevo dire una cosa, che forse a Mamoiada va molto bene questa manifestazione perché comunque ne sono tutti orgogliosi… tutto il paese, anche chi non partecipa! Perché alla fine in quei tre giorni […] a parte noi che siamo quelli che esponiamo, che stiamo lavorando, partecipano tutti!

 

[Marzia, espositrice di candele]: “La gente anche se non deve esporre collabora, ed è importante questo!

 

[sindaco]: “Dal punto di vista culturale, l’importanza di una storia di questo tipo… poi chi si mette assieme per fare qualcosa all’interno di un contenitore, si mette insieme eventualmente anche per fare qualcos’altro…

 

3.1.3. Oliena e l’orizzonte del passato
Con un certo vantaggio sugli altri paesi della Barbagia aderenti al circuito parte Oliena, comune con un numero superiore di abitanti (circa 7.800) e una più assodata esperienza turistica all’interno dei flussi che, già dai primi sviluppi del turismo balneare nelle aree costiere della Sardegna nord-orientale, raggiungono alcuni centri dell’entroterra sardo, presentato come depositario dell’autentica identità e tradizioni isolane. Per questi motivi, ma anche per legami di alcuni esponenti della CCIAA nuorese col paese, Oliena è scelto come banco di prova dell’iniziativa. Da subito l’amministrazione comunale la legge come importante di sviluppo turistico-commerciale nella quale investire, come si evince sia dalle risorse finanziarie stanziate (50.000 euro per il 2011), ma anche dall’attenzione per gli standard qualitativi dell’offerta. Dopo la “spontaneità organizzativa” dei primi anni, la gestione dell’iniziativa è affidata ad un Presidio turistico, che da allora svolge le principali azioni di orientamento e coordinamento dei partecipanti e di selezione e controllo della qualità dell’offerta e della sua attinenza alla tradizione locale.

 

[Oreste, ristoratore]: “Arriva una proposta al Presidio [turistico]: […] Decoupage? Non ci interessa, non è un tema che riguarda Cortes Apertas! Qualche anno lo hanno permesso ed è stata una schifezza! E infatti, per fortuna, poi non l’hanno fatto più!

 

[Orlando, produttore di formaggi]: “Sennò, appunto, muore lo spirito! Cioè, va a cambiare…

 

[Osvaldo, produttore di vino]: “…non è la stessa cosa!

 

[Orlando, produttore di formaggi]: “Poi ci allineiamo con gli altri e allora non ti distingui, e non va più bene!

 

Grande cura è posta anche nell’allestimento degli spazi espositivi nei cortili (le cortes), assegnati secondo criteri volti ad affiancare prodotti affini e accompagnati dagli utensili tipici della tradizione, recuperati grazie all’ampia collaborazione tra compaesani. Tale complesso lavoro di squadra si realizza a partire da un forte consenso comunitario intorno alle norme e tradizioni locali, protette da un controllo sociale volto a sanzionare chi non le rispetta. La tradizione attorno alla quale si inserisce Cortes Apertas è il rituale dell’ospitalità, per il quale “l’ospite (“s’istranzu”) viene prima”: il turista deve quindi ricevere il benvenuto del paese attraverso l’offerta di un bicchiere di vino e un dolcetto o più in generale sperimentando la cortesia paesana.

 

[Oreste, ristoratore]: “Prima cosa appena arriva l’ospite qual è? Che da noi c’è un detto, non solo da noi, ma anche da altre parti, ma noi lo mettiamo ancora più in evidenza: «Prima s’istranzu!», cioè: «Prima l’ospite!». Qui ad Oliena appena arriva, un benvenuto, un bicchiere di vino e un dolce! E stai tranquilla che un buongiorno più bello di quello non ne vedi!

 

[Oriana, ricamatrice]: “Oliena si distingue in quelle cose! Non è che sia… non lo trovi in altri paesi. Si è sempre distinta con la cortesia!

 

[Oreste, ristoratore]: “[In modo] spontaneo!

 

L’intenzione di riproporre una tradizione “autentica” come tratto distintivo dell’offerta del paese emerge anche nell’attenzione per la rappresentazione del processo produttivo (la lavorazione di una pasta tipica, del formaggio, di uno scialle) secondo modalità talvolta abbandonate da tempo o addirittura mai sperimentate dagli stessi esecutori, in genere vestiti con i costumi tradizionali.

 

[Oreste, ristoratore]: “Oliena perché si distingue dagli altri?! Perché prima di tutto pensa alla rappresentazione, all’esecuzione del mestiere, poi la vendita viene di conseguenza. Invece in altri posti appena tu arrivi è tutto esposto, tutto pronto per la vendita! […] invece a Oliena non esiste!

 

[Orlando, produttore di formaggi]: “Devi organizzare la produzione in loco perché al contrario di tanti posti in cui uno, per esempio, vende formaggi, espone i formaggi e basta, e deve vendere e basta. Invece […] io per dire, solitamente, produco i formaggi sul posto e mi vedono all’opera. Osvaldo lo stesso, fa la rappresentazione della lavorazione del vino e mette anche le ragazze a schiacciare l’uva con i piedi, come si faceva prima, oppure [le ricamatrici] stanno sempre ricamando, quindi non è che lo scialle è [solo] esposto…

 

Si tratta di tecniche di mascheramento del processo di commercializzazione attraverso un suo inserimento in una ricostruzione della vita comunitaria tradizionale dove il turista diventa ospite, il processo di vendita è dissimulato dalla retorica del dono e la transazione economica assume l’aspetto di un gesto disinteressato(16). Tali tecniche sembrano indirizzate al raggiungimento di (almeno) due diverse finalità: garantire al turista-ospite, attraverso una sapiente opera di marketing, l’offerta di un prodotto unico e autentico, esito di un’esperienza irripetibile in cui l’aspetto commerciale è solo residuale (“la vendita viene di conseguenza”); proteggere il fiero orgoglio identitario locale dall’accusa di “svendita” della tradizione, rimuovendo le motivazioni legate ad una massimizzazione del guadagno (l’iniziativa, ci dice un assessore, è realizzata non solo o non tanto per finalità economiche, quanto “per lo spirito del recupero della tradizione”).

 

A questo proposito è interessante riferire di un episodio riportato dai partecipanti al focus group. L’anno che l’amministrazione comunale decide di associare un costo ai servizi offerti ai turisti si assiste al diffondersi tra compaesani di una “corsa al soldo”, che porta a pretendere un compenso monetario per prestiti e prestazioni sino ad allora offerti gratuitamente durante la manifestazione. Ciò crea una situazione di caos organizzativo che costringe il paese a sospendere la partecipazione al circuito per un’annualità: questo blocco forzato, tuttavia, spinge amministratori, operatori e cittadinanza a riflettere sull’accaduto, realizzando la rilevanza dell’iniziativa per le entrate del paese e identificando come prima causa di insuccesso l’aver voluto mettere le finalità economiche davanti a quelle di riproposizione delle tradizioni locali(17).

 

3.2.     Sviluppo locale e imprenditorialità: i limiti dell’azione di governance territoriale
Un secondo fattore di grande rilevanza nelle politiche di sviluppo locale è dato dalla governance territoriale. In senso lato, il concetto di governance fa riferimento ad una gestione condivisa dei processi decisionali attraverso livelli multipli, che possono includere strutture gerarchiche (come quelle politico-amministrative) e orizzontali (come nei partenariati tra attori pubblici e privati)(18). Nell’ambito delle politiche pubbliche il concetto fa riferimento più specificamente alle modalità di gestione delle diverse fasi del ciclo di policy mediante pratiche di concertazione e partenariato tra gli stakeholders (19). Questi ultimi sono infatti chiamati a partecipare attivamente, sia per valorizzare le loro competenze nei rispettivi settori o livelli territoriali, integrati in un’unica strategia dalle politiche di sviluppo locale; ma anche per coinvolgerli in un’impresa collettiva (quella dello sviluppo del territorio in cui operano) e responsabilizzarli rispetto alle conseguenze delle scelte operate in sede decisionale.
Per quanto riguarda Cortes-Apertas/Autunno in Barbagia, il ruolo dell’azione di governance è stato pressoché inesistente, in quanto il partenariato territoriale (costituito dai rappresentanti dell’ASPEN e dei comuni aderenti) è stato principalmente inteso come accordo di mutua collaborazione inter-comunale, finalizzato a conciliare e coordinare gli interessi di autorità locali orientate a trarre i maggiori vantaggi per il proprio comune (piuttosto che a promuovere la valorizzazione del territorio nel suo insieme, identificando – ad esempio – possibili sinergie tra gli attori socio-economici attivi). La studiata cautela con la quale l’ASPEN, in qualità di ente promotore dell’iniziativa, ha svolto il suo ruolo di direzione e coordinamento dell’azione di governance rivela l’adesione a questo tipo di interpretazione, di rispettoso mediatore di individualità comunali che hanno rapporti paritari (“ci si conosce tutti”), ma sono poco disposte a subire “interferenze” nella propria giurisdizione(20). Come meglio illustrato nei paragrafi che seguono, ciò ha avuto conseguenze importanti in termini di riduzione dei margini di miglioramento istituzionale dei comuni aderenti e quindi di produzione di economie esterne utili a potenziare l’impatto dell’iniziativa per lo sviluppo dell’intero territorio barbaricino.

 

3.2.1.    -Cortes Apertas o Serrande Aperte? La mancata verifica degli standard di offerta
Come detto in precedenza, tra gli elementi distintivi con cui l’iniziativa Cortes Apertas/Autunno in Barbagia si propone vi è l’esclusività e la qualità dell’offerta turistica presentata ai visitatori. Tra le criticità emerse durante i focus group, tuttavia, la principale riguarda proprio la mancata verifica di tali caratteristiche da parte dell’ASPEN. Diversi gli esempi riportati dagli operatori socio-economici a questo proposito. Alcuni riferiscono di come a diversi comuni sia stato concesso ospitare, all’interno di una iniziativa dedicata ai prodotti di saperi e tradizioni del territorio barbaricino, bancarelle di dolciumi o “paccottiglia”, assai diffuse nelle tante fiere e sagre paesane italiane o prodotti non direttamente legati con il territorio (come gli oggetti di decoupage). Altri lamentano la scarsa cura con la quale sono state talvolta realizzate le esposizioni dei prodotti (vedi i due estratti riportati più sotto). O ancora, come vi sia stata scarsa protezione del “vero” prodotto (frutto esclusivo del lavoro artigiano) rispetto a quello “falso” (derivato dalla produzione industriale in serie, di costo e qualità inferiore) e reclamano una maggiore tutela e difesa, da parte dell’ASPEN ma anche della Regione Sardegna, del lavoro artigiano e dei suoi prodotti (favorendo il riconoscimento di marchi per tutelare le tipicità locali – DOC, DOP, IGP, STG – o di misure per promuovere il recupero degli antichi mestieri). Infine, si lamenta (come nel secondo estratto) la mancata professionalità che ha portato diversi cittadini dei comuni aderenti all’iniziativa ad improvvisarsi operatori socio-economici: talvolta, col solo scopo di lucrare dall’iniziativa (“pensano solo a vendere”), senza condividerne la logica né i costi di investimento (come quelli necessari a curare l’allestimento degli spazi espositivi); altre volte, a causa dell’assenza, in paesi tagliati fuori dai tradizionali flussi turistici, di una tradizione locale di imprenditorialità o relativa all’offerta di servizi adeguati.   

 

[Saverio, hobbista]:“[…] ci sono stati un po’, non bisticci, ma dicerie! Per esempio uno dice: «Ah, io espongo in questa casa perché la gente passa» e l’altro: «No, ma bisogna farlo nelle case vecchie», e invece certa gente esponeva anche nei garage! Allora, o si fanno le regole uguali per tutti… quindi: o tutti nella strada principale, o tutti nei gazebo!

 

[Oreste, ristoratore]: “L’ASPEN non doveva permettere che il nome Cortes Apertas girasse dappertutto, perché lo sfruttano in paesi dove non sono “Cortes Apertas” ma […] “Serrande Aperte”! Delle schifezze, dove pensano solo a vendere e di ospitalità in Barbagia non hanno proprio un accidente![…]

 

[Oreste, ristoratore]: “Più controllo insomma, quello che si dovrebbe fare! […] da parte della Camera di Commercio, che vanno e controllano: «Questo no! Tu non puoi esporre in questa maniera, perché questa non è una casa adatta per poter esporre! »

 

[Ornella, produttrice di pane]: “Anche delle persone che si improvvisano albergatori, che non lo dovrebbero fare e invece pure quello trovi!

 

In ognuno dei casi riportati, gli operatori socio-economici rilevano il danno economico creato dal discredito di immagine apportato all’intero circuito dal mancato uniformarsi di alcuni agli standard fissati per l’iniziativa. Le richieste rivolte all’ASPEN riguardano un’azione di monitoraggio per verificare gli standard dell’offerta, premiando (anche solo simbolicamente) chi li raggiunge, sanzionando chi strategicamente se ne discosta, aiutando a raggiungerli chi presenta condizioni di relativo svantaggio. A questo proposito, suggeriscono la realizzazione di misure di accompagnamento e formazione per gli artigiani e gli imprenditori del territorio (come nel passo riportato sotto), che – aggiungiamo noi – potrebbero essere previste anche per gli stessi amministratori locali, non sempre in possesso delle competenze necessarie per la gestione di politiche territoriali integrate.

 

[sindaco]: “Ecco quello che dovrebbe fare l’ASPEN secondo me: fare, o dentro o fuori le Cortes Apertas, veramente una formazione. Uno per uno, perché veramente, per noi amministratori lottare contro la mentalità atavica che abbiamo è un qualcosa di impressionante! […] Il punto di debolezza dove secondo me si deve migliorare […] è quello della mentalità manageriale, e lì purtroppo un’amministrazione non può fare molto, se non martellare […]

 

3.2.2.    Turisti come ospiti? La tacita legittimazione dell’economia sommersa
Tra le finalità dichiarate della Camera di commercio nuorese nel lanciare l’iniziativa Cortes Apertas/Autunno in Barbagia vi era quella di creare un’opportunità di emersione per le attività produttive locali ricomprese nell’economia informale (di tipo sommerso o domestico-comunitario)(21), particolarmente diffuse nel territorio di riferimento(22), attraverso l’inserimento delle produzioni locali in reti globalizzate relative ad un turismo e ad un consumo di nicchia. Sia gli amministratori locali che gli operatori socio-economici intervistati si mostrano consapevoli di tale finalità, che in genere dichiarano di condividere (vedi, ad esempio, il passo riportato sotto).

 

[Manuele, produttore di vino]: “Da parte dell’ASPEN [la finalità] è proprio quella!

 

[Marzia, espositrice di candele]: “E anche della Camera di commercio: permettere a quei prodotti di nicchia fatti un po’ in nero… esporli, fare una vetrina per tre giorni e, se la cosa funziona (perché no?), mettersi in regola, aprire una partita IVA, e poter trasformare l’hobby e questi tre giorni di vetrina fatta in casa, trasformarla in un vero e proprio laboratorio, negozietto, attività!

 

[Manuele, produttore di vino]: “Anche perché l’economia sommersa, qui a Mamoiada, ma penso in tutta la Sardegna, nei paesi piccoli è abbastanza marcata!

 

Tuttavia, sia dall’approfondimento del tema nei focus group che dall’osservazione diretta durante i giorni della manifestazione emerge come in realtà l’iniziativa sembra favorire, piuttosto che arginare, la già ampia diffusione dell’economia informale nel territorio (dal lavoro non registrato all’evasione fiscale). Tale contraddizione emerge in maniera più o meno evidente nei casi qui approfonditi. Ad Oliena, l’inserimento dell’iniziativa all’interno della tradizione di ospitalità locale (“Prima s’istranzu!”), ancora fortemente sentita dalla cittadinanza, porta operatori economici e amministratori a legittimare le transazioni economiche realizzate come conseguenza di un comportamento non lucrativo, appartenente alla logica dello scambio di doni più che a quella di mercato. A Mamoiada, dove tale tradizione sembra meno radicata, la sua rivisitazione come strategia di marketing territoriale (nella formula delle tapas) non consente tale legittimazione, creando forti tensioni tra operatori regolari e i cosiddetti “hobbisti”, ovvero coloro che espongono dei prodotti o offrono dei servizi a seguito di un’attività amatoriale ed estemporanea. Prevista dal disciplinare dell’iniziativa a margine della promozione dei prodotti degli artigiani e imprenditori professionisti, la presenza degli “hobbisti” è stata spesso fonte di polemiche, a partire dalla querelle sulla loro possibilità di commercializzare i propri prodotti. Nel caso di Mamoiada, tuttavia, tali polemiche sfociano in un aperto conflitto tra operatori regolari e irregolari nel campo della ristorazione. Questo perché il successo di pubblico riscosso dalla formula del percorso eno-gastronomico porta al proliferare, durante la manifestazione, di prodotti e servizi di ristorazione offerti da “hobbisti”, che costituiscono una concorrenza sleale per gli operatori del settore in regola. Questi ultimi, a fronte della mancata protezione delle proprie attività da parte dell’ASPEN o dell’amministrazione comunale, cercano come possono di ostacolare il guadagno degli operatori irregolari, non collaborando alle fasi preparatorie o rifiutandosi di affiancarvi i propri servizi durante la manifestazione, anche quando ciò comporti per loro una perdita pecuniaria.

 

[Marzia, espositrice di candele]: “I baristi, che non hanno partecipato in niente [nell’organizzazione] sono arrivati a chiuderci il bagno, perché han detto: «Io non devo star lì [a pulire]». Ma io gli ho detto: «Ma tu guadagni talmente tanto!» Cioè, ci son baristi che han fatto 5-6.000 euro in un giorno! Ma io dico, ma tu ti puoi prendere anche una ragazza che la paghi 5 euro ogni volta che va a pulirti il bagno, perché ti conviene! Voglio dire, ancora manca questa mentalità: dobbiamo anche portarli a capire che ti conviene comunque vadano le cose, anche se ne guadagni 3.000, ti conviene! Perché prima ne guadagnavi 300 al giorno: quindi non di raddoppiartelo, te l’ho decuplicato l’incasso! […]”.

 

4. Riflessioni conclusive. Lo sviluppo locale e gli orizzonti dell’azione territoriale
Da oltre quindici anni la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) della provincia di Nuoro promuove, tramite la sua Azienda speciale, Cortes Apertas/Autunno in Barbagia, circuito turistico integrato volto alla valorizzazione socio-economica delle risorse locali di un’area remota della Sardegna. L’iniziativa segue la logica dello sviluppo locale che, a fronte dell’accresciuta competizione tra territori nell’era della globalizzazione economica, prevede anche per gli attori delle aree marginali la possibilità di attivare dal basso processi innovativi di sviluppo virtuoso radicati nel territorio ma inseriti in circuiti internazionali. I risultati di ricerca qui riportati mostrano come la mera adesione all’iniziativa da parte delle amministrazioni comunali del territorio interessato non abbia automaticamente incentivato la partecipazione attiva degli attori socio-economici e della cittadinanza, necessaria per la produzione di risorse di capitale sociale diffuso. Nei casi in cui ciò è accaduto, cruciale si è rivelata l’adozione di una prospettiva che “allungasse” l’orizzonte dell’azione collettiva, permettendo di superare la logica della massimizzazione degli interessi nel breve termine per puntare invece sui vantaggi futuri offerti dalla cooperazione. I meccanismi che hanno facilitato tale superamento sono stati diversi: il recupero di norme e rituali della tradizione come la loro ricombinazione all’interno di scenari contemporanei, l’iniziativa spontanea di imprenditori e artigiani locali ma anche la definizione a tavolino degli amministratori locali di una strategia di marketing vincente.

 

Le risorse di capitale sociale attivate dall’iniziativa nei paesi aderenti sarebbero dovute confluire, grazie ad una sapiente e paziente azione di governance territoriale che “ampliasse” l’orizzonte dell’azione collettiva, verso il comune obiettivo di promozione del territorio barbaricino, inteso come sistema locale. I risultati della ricerca mostrano come ciò non sia avvenuto, in primo luogo, in quanto il partenariato territoriale si è ridotto ad un accordo di mutua collaborazione tra autorità locali principalmente interessate a massimizzare i vantaggi e minimizzare i costi di partecipazione del proprio comune; in secondo luogo, in quanto la mancata verifica degli standard di qualità dell’offerta e la tacita legittimazione (quando non incentivazione) di pratiche legate all’economia sommersa, non hanno spinto imprenditori e artigiani verso la “via alta” allo sviluppo, ovvero verso un percorso che ne consenta la sostenibilità e l’autoalimentazione nel tempo.

 

Rispetto a tali criticità particolarmente deficitaria risulta l’azione della CCIAA, che – pur promuovendo un’iniziativa apprezzabile sotto molti punti di vista – ha finora rinunciato ad assumere un ruolo più attivo in termini regolazione del comportamento dei partecipanti (autorità locali e operatori socio-economici). Un timido tentativo in questa direzione è fatto negli ultimi anni attraverso la definizione di un disciplinare fatto sottoscrivere alle autorità locali dei comuni aderenti, per incentivarne una maggiore responsabilizzazione. Tuttavia, la definizione di regole comuni non è affiancata dall’identificazione di strumenti adeguati per verificarne l’effettivo rispetto(23), sanzionando chi deliberatamente non le osserva, aiutando chi – pur volendo osservarle – non vi riesce, premiando chi le applica in maniera virtuosa (best practices). Il rifiuto di “fare classifiche” per non urtare la suscettibilità tipica dei paesi barbaricini rischia così di tradursi in un pretesto che impedisce l’attivazione di processi di apprendimento istituzionale ed imprenditoriale che consentano lo sviluppo virtuoso e sostenibile del territorio nel suo insieme, proprio come raccomandato dal paradigma dello sviluppo locale.

 

Note
(1) Vedi, tra gli altri: Sivini (2003), p.7; Giardiello (2006); Bottazzi (2009).
(2) Cfr. Amin (1998), p. 81. Come noto, al tema gli studiosi italiani hanno offerto un contributo fondamentale, a partire dai pioneristici studi sulla Terza Italia della fine degli anni ‘70, per proseguire con l’applicazione del modello alle politiche di sviluppo territoriale (vedi, ad esempio: Becattini et al. (2001), DeRita e Bonomi (1998), Trigilia (2005), Donolo (2007).
(3) Come noto, gli obiettivi di competitività e coesione socio-economica e territoriale sono riconosciuti come propri dall’Unione europea, fortemente influenzata dal paradigma dello sviluppo locale nella ridefinizione della sua politica regionale a metà degli anni Ottanta.
(4) Cfr., tra gli altri: Cersosimo e Wolleb (2001); Bottazzi (2005); Cerase (2005); De Vivo e Sacco (2008). Per una lucida e concisa analisi della parabola dello sviluppo locale, vedi Bottazzi (2012).
(5) Si tratta di quello che Gianfranco Viesti ha definito il “teorema meridionale”, secondo il quale il fallimento delle politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno, a causa di sprechi, assistenzialismo e clientelismo, rivelerebbero l’insuperabile refrattarietà del territorio allo sviluppo, giustificando quindi la rimozione del tema dall’agenda politica del governo (Cfr. Viesti, 2009; Chiarello, 2013).
(6) La ricerca ha adottato un metodo di analisi induttivo, utilizzando quattro principali strumenti di rilevazione: l’analisi documentale, l’osservazione diretta, l’intervista semistrutturata, i focus group. Nello specifico, l’analisi documentale, l’osservazione diretta e le interviste con attori informati hanno permesso di ricostruirele principali fasi del ciclo di policy, di identificare i comuni nei quali realizzare l’approfondimento sull’implementazione della policy attraverso i focus group e di avere delle chiavi interpretative utili all’analisi dei temi emergenti dai focus. Alla realizzazione della ricerca ha collaborato la Dott.ssa M. Francesca Todde (laureatasi sotto la supervisione dell’autrice con il massimo dei voti e la lode), la quale ha condotto e trascritto interviste e focus group nel primo semestre del 2011. Le citazioni degli estratti dai focus riportano nomi di fantasia, attribuiti ai partecipanti riprendendo l’iniziale del nome del paese di appartenenza.
(7) La Barbagia è un’area montuosa della Sardegna centrale, il cui nome (dal latino Barbària, ovvero “terra dei barbari”) trae origine dalla resistenza alla dominazione romana dei suoi abitanti (AA.VV., 2003). L’esodo agricolo che segue la modernizzazione dell’Isola porta nei decenni successivi al secondo dopoguerra ad un saldo demografico negativo che ancora oggi, sebbene in misura più contenuta, caratterizza il territorio: tra il 2002 ed il 2010, la vecchia provincia di Nuoro ha perso il 21% della sua popolazione residente, che al 31 dicembre 2010 contava circa 209.000 abitanti (dati DemoIstat). Gli indicatori del mercato del lavoro rilevano la presenza di problemi occupazionali nell’area: sempre nel 2010, di cento residenti in età attiva (15-64 anni) circa 57 risultano attivi e meno di 50 occupati, mentre il tasso di disoccupazione è del 13,5% (Pruna, 2011, pp.127-131, su dati Istat).
(8) L’ASPEN opera nel territorio della “vecchia” provincia di Nuoro, oggi suddivisa in provincia di Nuoro e provincia dell’Ogliastra. Il responsabile dell’ASPEN, pur offrendo la propria disponibilità a realizzare l’intervista, ha preferito non acconsentire alla sua registrazione (diversamente dai sindaci o assessori dei comuni scelti per l’approfondimento) e non fornire dati ufficiali relativi alla gestione dell’iniziativa (sembrerebbe anche per le difficoltà nel reperirli).
(9) In realtà, come ben chiarito da Satta (2002, pp.129), nello sviluppo turistico della Sardegna la contrapposizione tra turismo balneare (inizialmente di élite, col primo sviluppo della Costa Smeralda, e poi di massa) e turismo nelle zone interne (per conoscere la “vera Sardegna”) segue una funzione di complementarietà dell’offerta.
(10) Il concetto è stato sviluppato dagli studi sull’innovazione delle politiche pubbliche in riferimento ad individui dotati di creatività, intraprendenza ed adeguate risorse (di tipo simbolico, economico, sociale) la cui azione può rivelarsi determinante per attivare “risorse dormienti” del contesto e apportare modifiche alle strutture istituzionali esistenti (per una rassegna sul tema, cfr. Casula, 2010).
(11) Negli ultimi anni l’ASPEN ha introdotto la formula open voucher, un servizio turistico integrato che offre ad un prezzo vantaggioso un pacchetto comprendente il pernottamento e il noleggio auto nel comune dove si svolge l’evento.
(12) Tra questi strumenti, gli intervistati citano la quantità di cibo consumata, il conteggio delle macchine nei parcheggi per i visitatori, le firme nei libri degli ospiti presenti negli spazi espositivi, oltre che sopralluoghi estemporanei da parte di referenti dell’ASPEN in incognito.
(13) Il concetto fa riferimento al fatto che i possibili sviluppi futuri delle istituzioni sono significativamente influenzati dalle caratteristiche e dalla storia dei contesti socio-culturali in cui queste sono inserite (North, 1990).
(14) Si sceglie qui di adottare una lettura ampia e “relazionale” del concetto di capitale sociale, inteso come l’insieme di risorse per l’azione derivanti dalla partecipazione degli individui alle reti di relazioni in cui sono inseriti, piuttosto che quella “sistemica”, più ristretta in quanto fa riferimento all’attitudine alla fiducia interpersonale derivante da una cultura cooperativa condivisa (cfr. Bagnasco, 2003, pp. 23-61; Coleman, 1990, p. 302; Casula, 2002, pp.18-25).
(15) Vedi Schoeck, 1974. Per un utile disamina della letteratura sul tema, cfr. Lodde (1998) e, con specifico riferimento all’ambito antropologico, Lai (2002, 2010).  
(16) Vedi ancora, a questo proposito, l’ottimo saggio di Satta (2005) sul “pranzo con i pastori” organizzato ad Orgosolo, paese a pochi chilometri da quelli considerati dalla ricerca.
(17) Le espressioni utilizzate dai partecipanti al focus group per commentare l’episodio sembrano interpretarlo come una sorta di peccato di hybris da parte della comunità.
(18) Il concetto è spesso definito in antitesi con quello più tradizionale di “governo” statale, la cui azione di regolazione è definita dall’alto ed implementata seguendo una gerarchia istituzionale, cfr. Mayntz (1999), p.7; Marks et al.(1996), p. 342. Per la sua applicazione specifica al tema dello sviluppo locale, vedi anche Carboni (2009).
(19) Cfr. Sivini (2003), p.3. Con stakeholder intendiamo qui i soggetti rappresentativi degli interessi che operano nell’ambito di un sistema locale o di un territorio di riferimento (cfr. Villani, 2012, p. 87).
(20) A tale proposito il responsabile dell’ASPEN fa rifermento al carattere “permaloso” che definisce tipicamente, insieme col comportamento “individualista”, lo stereotipo associato agli abitanti della Barbagia (e spesso, per estensione, all’identità sarda in generale). Questo tipo di ragionamento ricorda la tesi sul Mezzogiorno di Putnam (1993), per il quale l’assenza di tradizioni cooperative sarebbe alla base della scarsa produzione di risorse di capitale sociale e, in ultima analisi, del difficile sviluppo di un territorio. Effettivamente lo studio delle tradizioni pastorali delle zone interne dell’Isola riscontra un carattere “individualista” anche nelle pratiche cooperative (come nel caso della società a cumpàngius studiata da Maxia, 2002). Tuttavia, la questione del capitale sociale nelle aree tradizionali della Sardegna pare meglio posta in termini di “inadeguatezza” o “difficile convertibilità” del tipo di risorse di capitale sociale presenti nel supportare processi di sviluppo moderni (cfr. a questo proposito Bottazzi (2009), p.93).
(21) Si possono distinguere tre tipi di economia informale, a seconda delle modalità di produzione di beni e servizi, del tipo di beni e servizi prodotti e del contesto cui sono destinati. L’economia nascosta o sommersa produce, con mezzi illegali, beni e servizi leciti orientati al mercato; l’economia domestica e comunitaria produce, con mezzi legali, beni e servizi leciti orientati alla gestione e al consumo familiare e del gruppo comunitario ristretto; l’economia criminale utilizza metodi illegali per la produzione di prodotti illeciti destinati al mercato (Cfr, Trigilia, 2009, pp. 222).
(22) Una recente indagine dell’Ispettorato provinciale del lavoro rileva che nel 2012 nella “vecchia” provincia di Nuoro di oltre mille imprese controllate il 48% risultano irregolari, per una serie di reati che vanno dall’omesso versamento delle ritenute previdenziali ai lavoratori agli appalti ottenuti illecitamente (Orunesu, 2013).
(23) Cfr. Barbera (2012), pp. 81-85.

 

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