Abstract
How can we read the cultural world in the light of managerial disciplines? How does knowledge economy and intangible assets dovetail with the cultural industries sector? The article proposes an overlook on the world of cultural organizations and on the way in which they produce benefits in creativity, complexity and responsibility.
In the first paragraph, the article shows the defining framework of Cultural Enterprises while in the second and in the third paragraphs the author analyses the most common leadership approaches for the organizations involved in creative production and the subsequent information processes within the organization and the reputational outcomes. Finally, the article reflects on the management role and its impact on the identity of the cultural organization.
1. Le organizzazioni di cultura: per una definzione
Il management della cultura: un oggetto solo parzialmente esplorato nella letteratura organizzativa e caratterizzato da confini labili, dall’essere argomento di frontiera per il quale è necessario proporre categorie di indagine elaborate a partire da discipline diverse e dall’obbligo di occuparsi di un oggetto da osservare empiricamente. Per una definizione più precisa dell’argomento, si adotterà la definizione di cultural industries come “settori che traggono la loro origine nella creatività individuale, nel talento e nelle capacità individuali e che possono avere un potenziale per il benessere […] attraverso la generazione e lo sfruttamento della proprietà intellettuale” (DCMS, 2001).
Questa definizione, a ben vedere, sintetizza le linee di sviluppo sociali ed economiche delle società avanzate caratterizzate da fattori che sono risultati essere fonti enormi di vantaggio economico: la capacità di elaborare in modo originale informazioni e di immagazzinarle; l’uso degli strumenti avanzati di comunicazione a distanza; il networking, inteso come forma dinamica ed auto-espansiva dell’organizzazione delle attività umane; la tendenza alla flessibilità organizzativa (Castells, 2003).
In questo senso le imprese culturali possono essere considerate all’avanguardia in quanto capaci di esprimere nella loro organizzazione produttiva questi fattori. Tra gli altri, uno degli elementi che le connota e le differenzia, è proprio nella rielaborazione originale di conoscenza e, dunque, nel configurarsi come organizzazioni knowledge intensive. Le imprese knowledge intensive sono da intendersi come organizzazioni per operare all’interno delle quali è richiesta una cassetta degli attrezzi molto sofisticata, il possesso della quale consente agli operatori di gestire, affrontare e risolvere situazioni, richieste e problemi ad alta complessità. Se considerata in questi termini, la conoscenza è idiosincratica e personale, ed il suo valore inestimabile per l’acquisizione del vantaggio competitivo (Ditillo, 2002). Secondo questa prospettiva, nelle imprese che operano nel settore dell’arte e della cultura – sia che si tratti di organizzazioni di produzione culturale, sia che si tratti di organizzazioni che operano da supporto ad esse attraverso la fornitura di servizi di vario tipo, tipici del terziario avanzato (servizi avanzati, di ricerca e sviluppo, di consulenza legale, fiscale e tecnica, di formazione, e di comunicazione e marketing) – il capitale è costituito da conoscenza di elevato livello e di valore inestimabile per l’acquisizione di posizioni di leadership nel mercato di riferimento.
Il successo di un gruppo o di un’organizzazione è strettamente legato alla capacità di gestire non solo il capitale fisico, ma anche il capitale umano, inteso come insieme di conoscenze, competenze e capacità, e il capitale sociale, rappresentato dal sistema delle relazioni interpersonali che intercorrono all’interno di un gruppo o di un’impresa (Ditillo, 2002). Se, quindi, il fattore umano è critico ai fini del successo dell’impresa, le leve sulle quali agire possono essere leve morbide di gestione come la comunicazione interna, la leadership diffusa e il lavoro di gruppo. Le professionalità operanti in queste organizzazioni, sono caratterizzate da una prevalenza di espressione creativa, a loro è demandato un notevole sforzo per la costruzione di percorsi di innovazione costante. Perché ciò sia possibile, queste professionalità hanno necessità di nutrirsi di socialità e di luoghi di incontro e di scambio di idee con altre professionalità provenienti da ambiti e con ruoli e competenze di tipo differente, ma con interessi di base analoghi che permettano di entrare in contatto in modo proficuo e generare nuove prospettive di lavoro. Nonostante, però, l’innovazione e la creatività si nutrano di socialità e di comuni luoghi di incontro (anche fisici, progettati ad hoc), i creativi necessitano di momenti di rielaborazione personale e di alternare periodi di interazione a periodi di intensa focalizzata concentrazione (Florida, 2003). Ed è in questa dialettica, tra rielaborazione soggettiva, “privata” e solitaria, e scambio di idee, socialità e apertura che si colloca la produzione di conoscenze innovative.
Nelle attività ad elevato contenuto creativo, a differenza di quanto non succeda in altri comparti in cui pure i lavoratori esperti, pur esprimendo orgoglio per la qualità del lavoro effettuato, non influenzano essi stessi l’organizzazione dell’attività di produzione, i lavoratori creativi in essa impegnati provano profondo interesse per il prodotto realizzato, modificando in modo radicale tutto il sistema organizzativo. Il soggetto coinvolto nell’attività, ricavando un livello elevato di soddisfazione intrinseca per l’attività altamente creativa alla quale lavora, è disposto ad ottenere una remunerazione inferiore rispetto a quanto non potrebbe ottenere in altri settori qualora si tenga conto degli elevati livelli di abilità, formazione e cultura e competenze possedute.
Nelle organizzazioni di produzione culturale, si tende, infatti, a coagulare una serie di professionalità e di personalità per le quali la sola idea di separare il lavoro dal significato e dell’identità derivanti dalla vocazione porterebbe ad una drastica caduta dell’energia immessa nell’attività professionale quotidiana (Normann, 1992). E’ questo, infatti, il motivo principale per cui i lavoratori in aziende creative nutrono aspettative complesse e composite sia di tipo più tradizionale quali remunerazione, qualità del lavoro e continuità delle condizioni lavorative, che di tipo più immateriale descritte da fattori quali il senso di appartenenza e la soddisfazione intrinseca derivante dall’esercizio di un’attività legata alla creatività e alla produzione culturale (Nova, 2002). Il problema della gestione di queste professionalità, come si può immaginare, è delicato e si configura come capacità da parte dell’organizzazione di conciliare gli input creativi con quelli che creativi non sono.
2. Team e leadership nelle organizzazioni ad alta produzione creativa
Le organizzazioni ad alta produzione creativa presentano peculiarità e problematiche specifiche e non sempre categorizzabili. Si tratta di imprese nelle quali si fa riferimento, in modo non sempre pianificato ed organizzato, ma del tutto intuitivo e connaturato alla natura stessa del lavoro, ad unità minime di lavoro, i team, quali modalità di organizzazione della produzione. In questo senso, il lavoro di gruppo permette di produrre una continuità relazionale indispensabile sia per assicurare una forma di routine, che per ottenere risultati di elevata efficacia ed efficienza. I team si basano sulla costruzione di solidi rapporti che tendono a resistere nel tempo poiché basati su interazioni frequenti e continue che permettono agli attori di conoscersi, di condividere e di formare punti di vista comuni, condividendo esperienze importanti (Boschetti, Corrado, Ferriani, 2003).
Le persone tendono a re-incontrarsi e a ri-utilizzare il capitale di conoscenze condivise precedentemente accumulato in progetti comuni favorendo quindi la fluidità comunicativa e l’esperienza necessarie a portare a termine ogni singolo progetto. Tanto più è lungo il periodo in cui una professionalità deputata alla produzione knowledge intensive rimane legata ad un’impresa, tanto più condivisi diventano gli obiettivi e tanto più importante diventa la loro relazione (Caves, 2001). Questa relazione è, in genere, gestita dal leader che nell’impresa culturale esprime una managerialità, una capacità di trasformare l’energia individuale in impegno collettivo e di creare una forte cultura di impresa come insieme di valori condivisi dai componenti dell’organizzazione (Sicca, 2000). La leadership nell’organizzazione culturale si esprime, dunque, come la capacità di avere successo sulla base del talento, non già di acquisire risorse e possederle, ma di mobilitarle ed utilizzarle.
3. Rapporti informali, reputazione e responsabilità di impresa
In campo artistico, il ruolo dei rapporti informali, della reputazione e l’accettazione dell’obbligo morale è molto importante ed assicura un comportamento ragionevole. La reputazione nel suo senso generale può essere considerata come la comune stima in cui una persona o, in questo caso, un’organizzazione è tenuta. Godere di una buona reputazione oltre a costituire gratificazione intrinseca, produce effetti positivi da diversi punti di vista; si tende infatti ad avere un comportamento che produce nell’interlocutore un’inclinazione maggiore a fidarsi e a stabilire strategie di tipo cooperativo impegnandosi in collaborazioni a lungo termine, in grado di sortire effetti benefici per ambo le parti (Elster, 2006).
In un settore in cui il sistema di relazioni è molto forte, la rete è molto connessa, e la trasmissione di notizie più veloce, la trasgressione viene ricordata e tramandata a lungo secondo canali di informazione informali più che formali. Nelle aziende artistiche i meccanismi di funzionamento sono basati sulle regole tipiche dei sistemi di clan ovvero su rapporti di condivisione di valori basati sulla fiducia, sul senso di identificazione, sia nell’istituzione che nella comunanza di obiettivi di natura immateriale e difficilmente misurabile. Si utilizzano, quindi, prassi non codificate legate a dinamiche comportamentali (Nova, 2002).
Le imprese longeve risultano essere quelle capaci di resistere alle forti pressioni esterne, causa di mortalità elevata e di forte ricambio, perché in grado di produrre performance migliori e di tesaurizzare le competenze specifiche, accumularle e trasmetterle sotto forma di informazioni, stile operativo, e valori. Le imprese longeve elaborano comportamenti fondati su fiducia e su qualità dei rapporti con i clienti, con i fornitori, con la comunità locale, e reggono, dunque, un mercato regolato anche da componenti etiche. Sono le componenti etiche che spingono gli imprenditori a salvaguardare, nel proprio operato, le relazioni costruite nel tempo in modo da garantire credibilità anche ai propri membri. Concetti entrati di recente nella cultura delle imprese quali la reputazione sociale o la responsabilità sociale dell’impresa, appartengono da sempre al codice genetico delle imprese longeve. Socialmente responsabile è infatti l’impresa che rivede e corregge la propria strategia gestionale attraverso la volontaria adozione di standard sociali più elevati o comunque più severi di quelli derivanti da vincoli di legge. Il concetto di responsabilità sociale va qui inteso, non come mero strumento di marketing ed elaborazione di strategie di comunicazione aziendale per imprese consapevoli di agire in modo poco responsabile, ma come volontà non solo di soddisfare gli obblighi giuridici, ma di spingersi oltre, investendo di più nel capitale umano.
4. Il ruolo del management e la costruzione dell’identità
La complessità della gestione delle imprese di cultura è legata ad una serie di fattori come il rispetto della dimensione estetica del prodotto offerto, l’efficacia dell’agire nei confronti del pubblico potenziale o del cliente potenziale e l’efficienza nella gestione di risorse umane e finanziarie. Le soluzioni adottabili sono varie ma debbono muoversi tutte nella promozione di professionalità e competenze che siano da un lato incentivanti e dall’altro responsabilizzanti (Zan, 2004). La gestione di simili imprese è estremamente complessa per via dell’enorme varietà di fattori sia interni che esterni, intesi come aspettative e contributi ottenibili, che concorrono a modificare e influenzare le attività quotidiane. La complessità è, dunque, legata alle varie e differenti modalità di interazione interna, ma anche verso l’esterno e gli stakeholders.
Questo tipo di organizzazioni si muove in ambienti molto incerti ed ambigui, incertezza che tende anche ad influenzare sia il lavoro che i risultati che saranno prodotti. Per questo motivo notevole sforzo si effettua per dare sempre grande enfasi, sia ai clienti esterni che a quelli interni proponendo l’immagine di impresa alla quale potersi affidare per il lavoro che viene prodotto. La conoscenza, patrimonio dell’organizzazione funge anche da mezzo per creare una comunità ed un’identità sociale offrendo a chi ne fa parte una lingua comune ed un elevato senso di autostima. Questa lingua elaborata all’interno, viene utilizzata anche all’esterno come elemento di persuasione ed interazione con i clienti, di creazione di consenso e di costruzione di identità per l’impresa stessa, immagine chiara per il mercato di riferimento in grado di oscurare i fattori di incertezza. Il management, in questo senso, è da leggersi come la capacità di ispirare i propri collaboratori in modo da assicurare e sviluppare lavoro e identità organizzative.
Il ruolo delle posizioni manageriali in queste organizzazioni è molto rilevante: da un lato le strutture di vertice sono tenute a ricercare sul mercato le competenze necessarie a dare seguito alla strategia espressa dall’alto, è però il management intermedio che è incaricato di realizzare in modo dialettico questa strategia attraverso un sistema di competenze tecniche adeguato, ma anche una conoscenza approfondita e critica del mercato di riferimento e degli interlocutori con cui si instaurano relazioni. Il management è inteso in questo caso come chi stabilisce quanto definito dal top management al quale è demandata una funzione di guida. In condizioni di elevata complessità il vertice può decidere di delegare anche in parte il processo decisionale affinché si processi in modo più veloce ed efficace il sistema di conoscenze in grado di dare forma al progetto del top management. Se questo processo dialettico viene sempre assicurato, l’impresa culturale sarà sempre in grado di portare a termine il suo compito, pur in condizioni di estrema turbolenza. In fondo, come per le imprese di settori tradizionali, il processo attraverso cui le organizzazioni culturali hanno successo nel tempo è legato alle modalità secondo cui queste riescono a sperimentare, adattare, imparare e reagire velocemente ai casi fortuiti, ma anche a scelte sbagliate, errori o ad elementi che sfuggono al suo campo visivo.
Bibliografia
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