Culture and government: A symbiotic relationship | Cultura al governo! Il governo alla cultura!

This journal has often explored the intersection of cultural heritage legislation and environmental sustainability, as exemplified by the English experience. However, in Italy, these issues have been consistently undervalued, despite the clear mandate of our Constitution (Article 9). The significant environmental damage and loss of historical memory that have occurred since World War II highlight the need for a shift in priorities.

Le pagine (elettroniche) di questa rivista hanno più volte richiamato la nostra attenzione sui temi della legislazione pertinente il patrimonio culturale e, da ultimo, ci propongono l’esperienza dell’Inghilterra in materia di sostenibilità ambientale della produzione culturale. Due facce di una stessa medaglia, che sembra, però, assumere un valore sempre più debole in un Paese come il nostro in cui le priorità politiche vengono con evidenza poste altrove. La contraddizione palese tra dettato Costituzionale (art.9) e gli scempi ambientali e le perdite di memorie storiche irripetibili, che hanno marcato il nostro passaggio da un’economia agricola a una economia industriale e terziaria nel sessantennio dal secondo dopoguerra ai giorni nostri, stanno ad indicarci chiaramente i valori di riferimento di coloro che ci hanno governato in questo periodo.
Cito solo due esempi di casi che mi sono tornati in evidenza nei giorni scorsi: perché il centro storico di Potenza è sepolto da orribili palazzoni di cemento e perché lo stabilimento dell’Italsider di Taranto è stato costruito a ridosso dell’abitato e sulle rive di un mare fino ad allora incontaminato? E, ancora, per menzionare un cruccio che mi assilla da tempo, perché non si riesce a elaborare (e realizzare) un piano per l’eliminazione della circolazione (e sosta) veicolare privata nel centro storico di Roma? E perché nelle linee di politica economica del nostro paese il patrimonio culturale e le bellezze naturali e ambientali sono invece sovente indicate come possibile strumento di attività produttive e sviluppo, senza che ne conseguano reali ed efficaci programmi di intervento e molti giovani professionisti formati nei corsi universitari sono costretti a cambiare attività?
Le esemplari leggi di tutela di cui eravamo dotati (prima di riforme necessarie, ma realizzate in modo confuso, poco intelligente e profondo) non sono bastate a difendere il nostro patrimonio perché è mancato un approccio condiviso e diffuso di tutta la popolazione alla consuetudine con la memoria storica e alla prassi di attività culturali. E chi ci governa e amministra, salvo eccezioni, rappresenta comunque la maggioranza degli elettori, palesemente più interessata a seguire programmi televisivi sciocchi o volgari, o entrambe le cose insieme, o a perseguire un benessere materiale ed economico individuale, privo di substrato e fondamenti culturali. La cultura va intesa soprattutto come strumento di analisi e comprensione dei fatti e della realtà circostanti e del passato e come godimento di piaceri in parte intellettuali. Gli intellettuali! Chi sono e, soprattutto, quanto contano nel nostro paese nelle scelte strategiche e politiche?!
In questi tempi assistiamo a continue, isteriche proposte di militarizzazione del paese per ragioni di ordine pubblico, invece di investimenti in attività culturali, intese anche come strumento di integrazione, coesione sociale e dialogo tra culture, costrette a convivere dalle leggi della sopravvivenza della specie. Queste proposte evidenziano come ancora una volta si stia perdendo il treno dell’uso della ragione e della civiltà per individuare strade che possono solo acuire, invece di risolvere i problemi sul tappeto.
La rivoluzione di prospettiva evocata nel titolo, dovrebbe partire dalla constatazione che in una società cresciuta in un benessere materiale, prevalentemente privo di sostanza intellettuale, è necessario ripartire da zero e porre al centro dei programmi politici valori laici, ricchi della sapienza originata dalla conoscenza. Con la consapevolezza che bisogna ricostruire, o costruire, occasioni di pratica e godimento nelle giovani generazioni dell’apprendimento della storia, della lettura, dell’ascolto di musica e della visione di spettacoli di danza e teatro (compresi quelli naturali!), anche e soprattutto per costruire una classe dirigente del futuro, realmente coltivata, intelligente, sensibile e competitiva, sul piano interno quanto su quello internazionale. Riprendiamo e affermiamo con forza nei nostri programmi e nelle nostre attività lo slogan di missione dell’Unesco: “costruire la pace nella mente degli uomini”.