Abstract
“The birth of Tafter Journal represents a good opportunity to propose an argument that I consider lively and constructive, and far from ideological positions, about the value and position of culture in our everyday life”.
The article analyses the main applications, in our daily lives, of wider cultural concepts, and highlights the principal characteristics of the cultural content, such as participation and accessibility, contents and messages, expressive and cognitive tools and by comparing creation and conservation politics that govern the Italian Country.
La nascita di questo giornale rappresenta una buona occasione per proporre un ragionamento che mi auguro vivace e costruttivo, ma lontano da posizioni ideologiche, sul valore e sul posizionamento della cultura nella nostra vita quotidiana, scandita da ritmi sempre più rapidi e allargata a confini pressoché illimitati dalla tecnologia e dalla globalizzazione. Posto in questi termini il tema apre uno scenario ampio e articolato di cui proverò a riassumere i temi essenziali intorno ai quali suscitare gli interventi e il dibattito futuro in questa sezione della rivista: la definizione dell’ambito culturale, la partecipazione e l’accesso, i contenuti e i messaggi, gli strumenti espressivi e cognitivi, la creazione versus la conservazione, il ricambio o la stagnazione.
Definizione dell’ambito culturale – Il termine cultura si presta, ovviamente, a interpretazioni multiformi e non univoche, ma mi sembra opportuno circoscrivere in prima battuta l’ambito ai beni e alle attività culturali così come definiti dalle norme e disposizioni nazionali e locali, che regolamentano il settore, allargando, poi, la visione a tutte le forme espressive degli esseri umani, che possono caratterizzare singoli individui, gruppi sociali o etnici.
Un richiamo pertinente può essere fatto ai multiformi campi di azione dell’Unesco, organismo delle Nazioni Unite dedicato all’educazione, alla scienza e alla cultura, che ha sintetizzato le sue finalità in un unico, ambizioso obiettivo, quello di “costruire la pace nella mente dell’Uomo”. Cultura, quindi, intesa come serenità interiore, ri-creazione, esercizio e disciplina per star bene con se stessi e con gli altri.
Partecipazione e accesso – Il primo grande tema intorno al quale ragionare è quello della partecipazione e dell’accesso. Quanti e quali nostri concittadini (del paese e del mondo) possono oggi accedere a quante e quali pratiche e consumi culturali? A quali costi? Con quali modalità di fruizione e quale misura di godimento di quanto offerto?
Le cifre sulla quota di esseri umani che lotta ancora oggi per la sopravvivenza sono impressionanti, ma per la fetta di popolazione del pianeta che ha superato lo stadio della sopravvivenza, e vive nel benessere materiale, si aprono altri interrogativi esistenziali.
La pratica e la ricerca culturale possono essere un formidabile strumento di progresso, per individuare soluzioni a problemi concreti e per fornire risposte a quelli immateriali, ma vanno garantite a tutti le opportunità di accesso e di partecipazione. Senza voler imporre l’una o l’altra visione del mondo tutti dovrebbero avere diritto ad esprimersi e a riconoscersi nei prodotti degli artisti e dei creatori e ad avere opportunità di crescita interiore e di aumento della conoscenza.
Con gli opportuni distinguo dovuti ai differenti contesti territoriali, politico-economici e sociali sarebbe suggestivo riuscire a raccogliere un insieme di testimonianze che ci permettano di aggiornare costantemente la nostra percezione di quanto accade intorno a noi su questo tema. Le diversità, tutti dicono, rappresentano una ricchezza, ma quanto siamo effettivamente in grado di riconoscerle e rispettarle nella vita quotidiana, in famiglia, sul lavoro e nelle nostre relazioni in generale?
Contenuti e messaggi – I grandi mezzi di comunicazione esasperano continuamente messaggi pertinenti “crisi di valori” e disastri epocali e gli individui e le comunità si trovano confrontati a problemi che appaiono insormontabili e ai quali non sembra di poter porre rimedio nel corso delle singole esistenze. Le pratiche culturali, la conoscenza delle opere letterarie e della storia ci possono aiutare a contestualizzare nei giusti termini quanto accade e ad aprire prospettive altrimenti inimmaginabili. I problemi esistenziali da sempre raccontati dai grandi poeti e dagli scrittori e la malvagità, come anche la generosità insite nell’animo umano, che sottostanno alle trame della Storia, ci appaiono allora in una prospettiva nella quale possiamo cogliere progressi e regressioni.
“Si stava meglio prima!?…” diventa allora un’allocuzione priva di senso, se riusciamo a dotarci degli strumenti di comprensione e conoscenza, per guardare oltre il nostro tempo, indietro (nel passato) e avanti (nel futuro), in modo da comprendere i processi e vederli in prospettiva. Ma i livelli di lettura possono essere molti e sfumati.
I contenuti e i messaggi espressi, ieri come oggi, necessitano di strumenti di traduzione che vanno diffusi a strati sempre più numerosi di cittadini, se vogliamo contribuire veramente al benessere di tutti. A sessant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale i guasti materiali sono ormai risanati e a quasi vent’anni dalla caduta della “cortina di ferro” l’occidente europeo ha ritrovato una nuova dimensione geografica e politica, grazie anche alla costruzione di un’Unione Europea, nata come accordo commerciale e tesa oggi alla definizione di una identità politica comune, confrontata alle altre grandi aree del mondo.
Ma se guardiamo il nostro paese, il veloce progresso economico non sembra essere stato accompagnato da un equivalente progresso culturale e politico: la distruzione perpetrata di molte memorie storiche e di ampie porzioni del meraviglioso paesaggio che possedevamo ne sono evidente testimonianza. Una più estesa diffusione di pratiche culturali potrebbe costituire lo strumento strategicamente più efficace per porre rimedio a quanto accaduto, laddove possibile.
Strumenti espressivi e cognitivi – Il caso dell’arte contemporanea può essere preso come paradigmatico rispetto al tema degli strumenti espressivi e cognitivi. Quanti di noi rimangono perplessi (e a volte sinceramente sconcertati) di fronte alle opere dei nostri artisti coevi, cercando di cogliere un senso all’interno di forme sovente incomprensibili? Ma quanti di noi sono in grado di leggere tutti i significati e i messaggi racchiusi in quadro del ‘500 o del ‘600, del quale riusciamo comunque a percepire il soggetto generale, in quanto rappresentato in forma naturalistica? Quali sono, oggi, i confini delle forme espressive culturali, in cui i settori tradizionali vengono continuamente contaminati, intrecciati e superati? La tecnologia la fa da padrona, ma il consumo tecnologico e virtuale nulla toglie al piacere del “vissuto” reale, anzi ne genera il desiderio e i mezzi informatici e multimediali espandono all’infinito le possibilità creative ed espressive. La pubblicità, finalizzata alla commercializzazione dei prodotti di largo consumo utilizza strumenti, immagini e mezzi sostanzialmente culturali e tanto il singolo quanto le masse sono ormai raggiungibili in modo veloce e pervasivo. Il ruolo e la fisionomia della cultura vengono messi continuamente in discussione ed è difficile (e a volte inutile o impossibile) tracciarne con precisione i confini. Ci dobbiamo, pertanto, arrendere e rinunciare ad operare sintesi o critiche o, al contrario e più opportunamente, raffinare i nostri strumenti cognitivi e rilanciare il dibattito e l’identificazione di nuove forme di benessere diffuso?
Creazione versus conservazione – In un paese come il nostro è veramente difficile porre nella giusta prospettiva il ruolo della creazione e dell’innovazione rispetto al peso delle memorie del passato. Ma se non riusciamo a trovare presto un equilibrio siamo evidentemente condannati alla scomparsa dalla scena del mondo. La nostra creatività, che contraddistingue anche i prodotti commerciali del “made in Italy”, trae origine da un tessuto storicamente consolidato, intrecciato da culture diverse, sedimentato in millenni di scambi e contatti con il resto del mondo, ma a maggior ragione vanno identificati strumenti adeguati per tutelare le vestigia del passato (beni archeologici, musei, monumenti, gallerie, archivi, biblioteche, patrimonio intangibile) e migliorare l’offerta integrata e diffusa di servizi di fruizione e accoglienza.
È necessario che tutti i cittadini si sentano responsabili del patrimonio culturale passato, perché grazie ad esso si è prodotto ciò che siamo oggi, ma al tempo stesso vanno trovate forme adeguate di valorizzazione della creazione contemporanea, perché in essa vi è l’espressione del presente e la prospettiva dello sviluppo futuro. Allargando molto la prospettiva, si può dire anche che il modello di crescita economico-industriale occidentale non è ecologicamente e strutturalmente sostenibile se, come sta accadendo per la Cina, dovesse essere trasferito alle masse di popolazione attualmente diseredate del pianeta e si rende necessario un ribaltamento di prospettiva, che solo una coscienza culturalmente e socialmente evoluta può dare.
Le variabili in campo su questi temi sono obiettivamente innumerevoli e differenti gli approcci utilizzabili, ma è doveroso che le persone di cultura e gli spazi utilizzati per il dibattito e il confronto siano impegnati nella conoscenza e nella comprensione di quanto accade vicino a noi e lontano da noi. Infatti, se ciò che ci è vicino influenza le nostre condizioni di vita immediate, le conseguenze dei nostri comportamenti di consumatori e di cittadini possono avere ricadute significative nel medio e lontano futuro del pianeta e di altri esseri umani, assai distanti: è nostro dovere averne precisa consapevolezza e agire di conseguenza.
Un segnale positivo in tal senso può essere ravvisato, tra l’altro, nel diffuso ricorso al bilancio sociale d’impresa, in cui vengo utilizzati strumenti di analisi a forte impronta culturale, mentre interventi di arte contemporanea e iniziative culturali nelle periferie di alcune grandi città hanno creato occasioni di nuove identità, dibattito e sviluppo sociale. Creare e conservare non sono due attitudini contrapposte, perché la creazione ha fondamento in ciò che già esiste, ma il giusto equilibrio su questo tema è un esercizio funambolico che necessita di molto allenamento, senso delle proporzioni, grande pazienza e capacità di affrontare rischi e cadute.
Ricambio o stagnazione? – Intimamente collegato con il tema precedente è quello del (ri-)cambio generazionale, dei costumi, delle regole e delle prospettive esistenziali. Confrontata a quelle di altri paesi occidentali e di alcuni in via di sviluppo, quella dell’Italia appare una situazione gravemente atrofizzata, soprattutto sotto il profilo del ricambio generazionale.
Per quanto ci riguarda, al di là di approcci semplicistici o massimalisti, è necessaria un’approfondita e accurata analisi che metta in luce le (troppe) ombre del consolidamento delle istituzioni culturali in meccanismi che impediscono, di fatto, alle nuove generazioni di avere il posto che meritano, quando lo meritano, ma anche quando dovrebbero avere il sacrosanto diritto di sbagliare (e di assumersi le conseguenze dei propri errori). Si parla tanto di fuga dei cervelli e di prospettive negate, ma poi nessuno sembra realmente tradurre in azioni politiche di ampio respiro e di governo iniziative che permettano un sano ricambio generazionale.
Rilevanti sono in questo senso le responsabilità del mondo della formazione e in particolare di quello universitario, schiacciato da meccanismi di gestione interna che ne impediscono una corretta relazione con il mondo del lavoro, ma non vanno taciuti i danni della scelta operata dall’intero sistema formativo (e non solo) di non premiare i meritevoli e di edulcorare le prove selettive. Anche su questo tema sarebbe necessario un confronto moderno e argomentato, per identificare un corretto e sano sistema che coniughi l’allargamento e la massima diffusione di una buona cultura di base e le modalità di individuazione e selezione di coloro che, per natura o per volontà e capacità, riescono a raggiungere conoscenze e competenze idonee a ricoprire posti di responsabilità o ruoli di rilievo in istituzioni culturali, politiche o di ricerca su temi innovativi. Non è possibile immaginare un ricambio efficace se non si ha il coraggio di proporre parametri di valutazione delle persone e delle organizzazioni che permettano di identificare chi merita e chi no (anche, per esempio di ricevere un contributo pubblico) ed è necessario che questo accada in tempi rapidi e in modo chiaro. Sarà sempre possibile aggiornare successivamente i criteri, ma se si vuole veramente progredire e uscire dallo stagno bisogna avere il coraggio di riconoscere e premiare coloro i quali sono in grado di governare il cambiamento, con strumenti che garantiscano il bene collettivo.
Gli argomenti proposti sono molti e diversi e il taglio della rivista e della sezione dedicata a questi temi non richiede interventi che rispondano contemporaneamente a quanto evocato, ma contributi che forniscano testimonianze, analisi e dati anche parziali o settoriali, che aiutino a progredire nelle conoscenze, negli strumenti, negli approcci di ricerca. Le sfide che aspettano la nostra società nel prossimo e medio futuro sono impegnative, perché richiedono capacità di comprensione e prospettive ampie e articolate. Le spinte incontenibili delle ondate migratorie che interessano la nostra vita quotidiana pongono quesiti pertinenti la sfera privata personale, e quella sociale e culturale dell’intero paese.
Le sfide lanciate al mondo occidentale da frange estremiste islamiche, le guerre che continuano a insanguinare ampie porzioni della terra (alimentate prevalentemente da interessi economici) e i mezzi di comunicazione che ci rendono informati in tempo reale di quanto una volta si conosceva a distanza di giorni, anni o secoli, ci impongono uno sforzo interpretativo e di sistematizzazione della conoscenza, che il mondo della cultura deve affrontare con determinazione e coraggio.
Tradotto in termini pratici vuol dire saper ascoltare, saper capire, saper scegliere, saper comunicare, saper fornire chiavi di lettura e indicare i margini di ragionevole dubbio, che mitighino le verità assolute, che, proprio in quanto supposte tali, nascondono inganni abissali. Un metro di riferimento condiviso e possibile può essere proprio quello evocato nell’obiettivo dell’Unesco di “costruire la pace nella mente dell’Uomo”, riconoscendo e valorizzando, dunque, le ovvie e salutari diversità di uomini, culture e società.