1. Il contesto europeo e italiano
Sul sito europeo dedicato, l’invito è di cogliere “un’occasione per riflettere su come oggi gli europei vivono e restano in salute più a lungo, nonché per cogliere le opportunità che ne derivano”. Il quadro di riferimento è chiaro: secondo il recente Eurobarometro “Active Ageing” (2012), la popolazione dell’Europa sta invecchiando rapidamente a causa dei bassi tassi di nascita e delle crescenti aspettative di vita; entro il 2060 si prevede un raddoppio del numero di persone di 65 anni o più rispetto alle persone in attività.
Dall’indagine della Commissione Europea emerge inoltre che il 71% dei cittadini europei è consapevole che la popolazione del Continente sta invecchiando, ma soltanto il 42% è preoccupato per tale sviluppo (il 52% degli italiani); più del 60% degli intervistati ritiene che dovrebbe essere consentito lavorare anche dopo l’età pensionabile e un terzo afferma che personalmente desidererebbe lavorare più a lungo di quanto oggi consentito dal proprio ordinamento nazionale.
Cosa si intende, però, esattamente per “anziano”? La definizione di “vecchio” e “giovane” varia molto da paese a paese, ma “in media i cittadini europei ritengono che si inizi a essere considerati anziani poco prima dei 64 anni e che non si sia più considerati giovani a partire dai 42 anni”.
Come nel resto d’Europa, anche in Italia, ormai da qualche decennio, emerge una radicale trasformazione della struttura demografica della popolazione. E’ impressionante l’evidenza delle tendenze che si manifesteranno nel prossimo futuro.
Infatti se la popolazione degli ultra 65enni (i nonni) supera già adesso di oltre mezzo milione quella con meno di 20 anni (i nipoti), le stime accreditate mostrano come tra vent’anni il divario potrebbe superare i 6 milioni.
Nel frattempo sembra prospettarsi, poco prima del 2030, anche il sorpasso numerico della popolazione ultraottantenne (i bisnonni) su quella con meno di dieci anni (i pronipoti). Se poi si va oltre e lo sguardo giunge fino al 2051, le proiezioni indicano chiaramente quanto ancor più grande sarà la sfida: la popolazione con meno di 65 anni dovrebbe diminuire di 6 milioni e mezzo, mentre quella con almeno 65 anni aumenterebbe di poco più di 8 milioni. Gli ultra 90enni sembrano destinati ad accrescersi di 1,7 milioni di unità.
“Alla luce delle dinamiche in atto ci si può chiedere se, in presenza di una popolazione che già oggi ha mediamente vissuto più anni di quanti gliene restino ancora da vivere, rispettivamente 43,50 a fronte di 40,17, non sia legittimo aspettarsi una progressiva caduta dell’entusiasmo e della spinta all’investimento e all’innovazione.” (Blangiardo, 2012).
In realtà, riflettendo sui dati italiani c’è da considerare che l’invecchiamento della popolazione, tipico sintomo della maturità demografica di un Paese, non va visto unicamente come fattore di instabilità negli scenari futuri. Una società che invecchia non è necessariamente destinata a risultare peggiore o migliore rispetto a prima: è semplicemente diversa.
Per governare il fenomeno occorre, però, come premessa indispensabile, conoscere i meccanismi, i tempi, gli effetti e gli attori dell’invecchiamento demografico del Paese, per poter valorizzare i lati positivi di tale fenomeno e cogliere, e favorire, le numerose opportunità quasi sempre trascurate.
Come sottolineato da Nicholas Eberstadt e Hans Groth nel loro saggio “L’Europa che invecchia”, “per quanto oggigiorno appaia quasi ovvio lamentare gli svantaggi dell’Europa dal punto di vista demografico, in realtà il profilo europeo in termini di salute e mortalità rappresenta uno straordinario beneficio e, almeno potenzialmente, un autentico trampolino economico. Il fattore essenziale dell’interazione di demografia ed economia in Europa nel corso della prossima generazione è il concetto di “invecchiamento in salute”, e sottolineano i due autori, le opportunità economiche derivanti dall’invecchiamento in salute “non dipendono dalla possibilità di far lavorare nonni e bisnonni. Tali potenzialità verranno invece realizzate se sarà possibile ottenere una maggiore produttività da parte dei lavoratori ancora vigorosi nella mezza età: il che significherà uomini e donne che abbiano passato la cinquantina e la sessantina (e forse, in qualche caso, anche gli ultrasettantenni).” Una generazione che sembra oggi “quella più vigorosa dal punto di vista fisico e la più attiva sotto l’aspetto mentale della storia del Vecchio Continente. Inoltre, dal punto di vista tecnologico e scientifico, è indubbiamente la generazione di anziani più istruita e specializzata che l’Europa abbia mai avuto”.
2. La diffusione della cultura dell’invecchiamento attivo nell’ambito europeo e nazionale
L’importanza di un impegno per l’invecchiamento attivo e la solidarietà tra generazioni, al di là del fondamentale aspetto etico, ha risvolti importanti di natura economica. Risulta evidente, tra l’altro, come possa essere anche fonte di risparmio – oltreché, in primis, di oggettivo miglioramento della qualità della vita – il fatto che si possa contenere un numero significativo di patologie che fanno riferimento all’inattività e alla solitudine delle persone anziane. Il coinvolgimento degli anziani in attività di carattere collettivo vale anche per l’aumento dell’autostima con l’individuazione di un ruolo significativo, soprattutto in alcuni ambiti.
A livello europeo sono molte le strutture e le organizzazioni impegnate nella promozione dell’invecchiamento attivo, soprattutto con proposte nell’ambito dell’inclusione sociale, della salute, della formazione.
E così il network “Age Platform Europe”, che riunisce più di 160 organizzazioni e rappresenta uno “stato nell’Europa” di attualmente oltre 150 milioni di cittadini over 50, ha redatto un manifesto di “10 comandamenti” per realizzare entro il 2020 una società europea adatta a tutte le età.
La non discriminazione, il mercato del lavoro, l’inclusione digitale, il volontariato, l’apprendimento permanente, la salute, la protezione sociale, l’accessibilità, la solidarietà tra le generazioni sono i temi di questo nuovo percorso culturale operativo. Nel 2012 l’obiettivo è diffondere sia la cultura di una nuova impostazione in questo ambito sia preparare gli elementi base, ideazione e programma, per progetti pluriennali.
In Italia, il Dipartimento per le Politiche della Famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha predisposto un programma nazionale di lavoro per il 2012, incentrato sulle tematiche dell’Anno Europeo per un invecchiamento attivo, vitale e dignitoso in una società solidale.
Nel programma nazionale si dà ampio risalto alle politiche formative e di sviluppo del capitale umano “che svolgono un ruolo cruciale a sostegno dell’invecchiamento attivo della popolazione con l’intento di favorire l’occupabilità e, più in generale, la partecipazione degli ultracinquantenni alla vita economica e sociale”.
A livello europeo il programma per l’apprendimento permanente Lifelong Learning Programme (LLP) include e sostituisce i precedenti, rafforza e integra l’azione formativa (istruzione, formazione professionale, e-learning) degli Stati membri. Il LLP contiene quattro sottoprogrammi gestiti direttamente dagli Stati membri: Grundtvig è lo strumento destinato agli adulti che riveste particolare interesse nelle forme applicative per le iniziative dell’Anno Europeo, poiché risponde alle esigenze didattiche e di apprendimento delle persone coinvolte in ogni forma di istruzione degli adulti, nonché degli istituti e delle organizzazioni che sono preposti a questo tipo di istruzione o lo agevolano.
Gli obiettivi specifici mirano, infatti, a rispondere alla sfida educativa posta dall’invecchiamento della popolazione europea e a fornire agli adulti percorsi nuovi volti al miglioramento delle loro conoscenze e competenze.
È una sfida innovativa e complessa, per i numerosi ambiti di intervento che presuppone, ma è anche il modo di guardare al futuro leggendolo nell’ottica di concetti-chiave come la solidarietà, la qualità della vita e la sostenibilità economica.
3. Invecchiamento attivo e solidarietà tra generazioni nell’ambito delle politiche culturali
In questo contesto il settore culturale sembra rappresentare un luogo privilegiato di sperimentazione e di operatività. Sebbene, infatti, gli ultra sessantenni italiani, in media, frequentino meno i teatri e i musei rispetto al resto degli italiani (Istat, 2012) e dei loro coetanei europei (Eurostat, 2011), le indagini più recenti dimostrano come negli ultimi dieci anni il pubblico degli anziani nei luoghi della cultura sia andato triplicando anche grazie all’aumento dell’istruzione e del benessere di questo segmento della popolazione (Solima, 2012).
Non solo, gli anziani d’Europa, viaggiano sempre di più – non esclusivamente nelle destinazioni culturali – e, nel corso dell’anno, fanno in media un numero maggiore di vacanze rispetto ai giovani (Commissione Europea, 2011).
Comprendere le necessità e le attese di questo pubblico costituisce dunque un elemento importante per il futuro delle politiche culturali. Molti paesi si sono già attrezzati in tal senso per conoscere e capire meglio le abitudini degli over 60 – anche in relazione a caratteristiche quali il grado di istruzione, l’appartenenza etnica, lo stato di salute – e scoprire le principali barriere di oggi e di domani all’accesso alla cultura.
Tra queste ultime, per esempio, si sono individuate la lontananza e la scarsa accessibilità delle infrastrutture culturali dai luoghi di residenza e di vita quotidiana ma anche la solitudine e lo scarso coinvolgimento nelle attività o, ancora, il persistente digital divide (in Italia, solo il 30% degli individui tra i 60 e i 64 anni e il 15% di quelli tra i 65 e i 75 usa il computer, con percentuali che scendono ulteriormente quando riferite all’uso di Internet; Istat, 2012) che si va progressivamente intensificando man mano che i luoghi della cultura si dotano di nuove funzioni tecnologiche e comunicano con i propri pubblici attraverso la Rete.
4. L’ Anno Europeo dedicato all’invecchiamento attivo
La partecipazione degli anziani al mondo della cultura e le conseguenti opportunità non vanno però intese solo dal punto di vista della fruizione, sebbene questa costituisca un elemento importante sia da un punto di vista culturale e formativo – come vero e proprio Life Long Learning – sia in termini economici grazie a una crescente volontà e capacità di spesa di questa fascia di utenza in prodotti culturali e turistici.
Grandi opportunità vengono, infatti, anche dal loro coinvolgimento nella produzione di cultura e di servizi culturali, da un lato, e da nuove modalità di cooperazione intergenerazionale per l’integrazione e la trasmissione delle conoscenze, dall’altro.
D’altra parte, in molti paesi – tra cui l’Italia è certamente uno dei casi più eclatanti – il volontariato culturale di pensionati e anziani è ormai fondamentale per poter tenere aperti e rendere fruibili molti tesori del patrimonio della cultura materiale e immateriale; talvolta, le vecchie generazioni restano poi i custodi unici di alcune importanti tradizioni.
Altre opportunità emergono dal fatto che il progressivo invecchiamento della popolazione, insieme al contrarsi del welfare e dei servizi sociali, ha reso i nonni pensionati (o, anche, i non ancora tali) i principali “babysitter” dei nativi digitali, un ruolo questo che alcuni paesi, come per esempio la Germania, stanno pensando di riconoscere anche attraverso congedi parentali dal lavoro. Quale miglior connubio per assicurare la trasmissione della memoria culturale attraverso mezzi innovativi e tecnologici?
Infine, il ruolo della fruizione e dell’impegno diretto in attività culturali e artistiche è spesso al centro del dibattito sulla salute nell’invecchiamento, tema di importanza prioritaria, affrontato dalle principali e recenti politiche europee e nazionali anche nel quadro del programma “Invecchiamento Attivo” che mira a indirizzare scelte idonee a promuovere comportamenti di vita positivi e salutari, e a prevenire condizioni di rischio, di progressione verso la malattia, di aggravamento e recidive, e di peggioramento della qualità della vita nelle fasi finali dell’esistenza.
Ovviamente la cultura è solo uno dei possibili campi d’azione: interventi importanti sono possibili (e auspicabili) anche nel settore della mobilità e dei trasporti e nell’evoluzione delle strutture abitative dedicate agli anziani (co-housing).
Quello che il programma europeo propone è in sostanza un cambiamento profondo di approccio culturale e operativo nei confronti dell’invecchiamento e delle problematiche connesse, in cui si articola l’obiettivo fondamentale di migliorare la qualità della vita attraverso interventi in settori diversi e complementari.
Ed è per questo che, di fronte a tali potenzialità, le politiche nazionali in grado di proporre innovative azioni per la promozione e il sostegno all’invecchiamento attivo dovrebbero trovare nuovo spazio e nuovi luoghi di riflessione.
Bibliografia
Blangiardo, G.C. (2012) “Riflessioni sul dato demografico in Italia”, in Presidenza del Consiglio dei Ministri, Programma Nazionale di lavoro. Per un invecchiamento attivo, vitale e dignitoso in una società solidale, disponibile a http://www.wwwest.org/ptosolsoc/docs/Anno_invecchiamento_2012_programma_nazionale_lavoro.pdf
Commissione Europea (2011), Flash Eurobarometer 328 “Survey on the attitudes of Europeans towards tourism”, disponibile a http://ec.europa.eu/public_opinion/flash/fl_328_sum_en.pdf
Commissione Europea (2012), Special Eurobarometer 378 “Active Aging”, disponibile a http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_378_en.pdf
Eberstadt N. e Groth H.(2009), L’Europa che invecchia. La qualità della vita può sconfiggere il declino, Torino, IBL Libri
Eurostat (2011), Cultural Statistics, Luxembourg, Publications Office of the European Union
Istat (2012), La vita quotidiana, disponibile a http://www.istat.it/it/archivio/66990
Solima, L. (2012), Il museo in ascolto. Nuove strategie di comunicazione per i musei statali, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino editore