Dopo il paesaggio italiano

After the Italian landscape

The Baroque returns to us also for the fact that is the first Italian style consciously designed for an international and globalized dimension. With the Baroque, the Italian art topics become sensational and spectacular in order to overcome the local borders and to spread throughout the world. This communicative idea succeeds in reconciling the sixteenth-century dualism between spaces as a scene, resulting for cultural perspective, and space as an object, related to the culture of the antique. The definition of the contemporary landscape, Baricco would say “barbarian” landscape, passes through the consciousness of the self-representation and the identification of figurative themes that connect and amplify the multiple realities of our country. Instrument of this revolution from below, of this turn the glove, is the creative industry.

In this article, the author reflects on the contemporary characteristics of the Baroque in Italian Landscape and Built-Environment by contextualizing the birth of the Style within a political, cultural and social reconstruction.

Il barocco ritorna a noi anche per il fatto che è il primo stile italiano a essere consciamente pensato per una dimensione internazionale e globalizzata. I temi dell’arte italiana con il barocco divengono sensazionali e spettacolari per superare i confini localistici e diffondersi in tutto il mondo. Questa idea comunicativa riesce a conciliare il dualismo cinquecentesco tra spazio come scena, derivante dalla cultura prospettica, e spazio come oggetto, legato alla cultura dell’antico. La definizione del paesaggio contemporaneo, del paesaggio “barbaro” direbbe Baricco, passa per la coscienza del rappresentarsi, e l’individuazione di temi figurativi che connettano e amplifichino le molteplici realtà del nostro paese. Strumento di questa rivoluzione dal basso, di questo rivoltare il guanto, è l’impresa creativa.

Abstract

The Baroque returns to us also for the fact that is the first Italian style consciously designed for an international and globalized dimension. With the Baroque, the Italian art topics become sensational and spectacular in order to overcome the local borders and to spread throughout the world. This communicative idea succeeds in reconciling the sixteenth-century dualism between spaces as a scene, resulting for cultural perspective, and space as an object, related to the culture of the antique. The definition of the contemporary landscape, Baricco would say “barbarian” landscape, passes through the consciousness of the self-representation and the identification of figurative themes that connect and amplify the multiple realities of our country. Instrument of this revolution from below, of this turn the glove, is the creative industry.

In this article, the author reflects on the contemporary characteristics of the Baroque in Italian Landscape and Built-Environment by contextualizing the birth of the Style within a political, cultural and social reconstruction.

Il dibattito sul paesaggio italiano da decenni ha individuato le carenze e la inefficienza, lì dove non si tratti di mancanza di legalità, nella tutela e nell’idea di sviluppo di questo bene da parte della collettività: cittadini, stato e amministrazioni locali (si fa riferimento in tal senso all’articolo L’Italia che se ne va di Massimo Zucconi, sul primo numero di questa rivista). La condizione in cui versa il nostro paesaggio è drammatica, soprattutto in relazione all’idea che di questo si ha nel mondo, quell’idea del paesaggio italiano definita dalla pittura del “Grand Tour” e degli envoie stranieri del “viaggio in Italia”. Il paesaggio italiano classico è l’oggetto di così tante raffigurazioni e produzioni artistiche, che deve la sua esistenza tanto a questo vero e proprio doppio virtuale in immagine, quanto alla sua consistenza effettiva, fisica e materiale. Le caratteristiche fondamentali che definivano il paesaggio italiano classico sono sostanzialmente: la qualità della relazione dialettica tra manufatti edilizi e territorio, e la qualità altissima delle due componenti paesaggistiche: costruito-natura.
Queste doppie connessioni hanno favorito lo sviluppo di un sistema specializzatissimo di luoghi che hanno strutturato il nostro paese come un insieme di episodi notevoli, ogni città, comune, borgo era un unicum irripetibile con una condizione locale particolarissima. La qualità era quindi diffusa e complessa per ogni singolo luogo e, sostanzialmente dovuta, alla relazione tra l’oggetto costruito (monumento, ma anche tessuto edilizio) e la sua controparte orografico – naturalistica.

La cosa più notevole però sta nel rapporto tra paese reale e rappresentazione, d’altronde l’idea stessa di paesaggio è legata all’idea di rappresentazione, di scena, di evento simultaneamente fisico e figurativo, materia e immagine.
Le condizioni orografiche e naturali eccezionali del nostro territorio, sono divenute paesaggio, perché c’è una cultura complessa che le può definire in immagine. Infatti la scrittura del nostro paesaggio avviene sostanzialmente attraverso alcune idee figurative fondamentali, da una parte quella di storia e di classicità e dall’altra il pensiero prospettico. L’idea che le opere d’arte, i monumenti antichi siano faccenda da rispettare, da studiare, catalogare e tutelare, è da sempre nella nostra cultura e nella produzione artistica, ma diviene un fatto culturale ufficiale e degno di autorità nel rinascimento. Elemento simbolico operativo di questo è la lettera a Leone X di Raffaello, nel 1519. L’antico era usato trascritto, modernizzato nella prassi costruttiva prima del rinascimento, ma diviene, dalla presa di coscienza di Raffaello, un elemento che distingue la storia, la separa in una discontinuità: un prima ed un dopo. Cambia il concetto di tempo, inizia l’idea di passato: è in nuce la tutela di un bene. Ciò che ereditiamo dai padri diviene esempio e non va toccato. L’antico che Raffaello vuole tutelare è ciò che resta della città di Roma, dell’immagine di quella città, il suo paesaggio come consistenza di reperto e come frammento che evoca pensieri simbolici sulla città per antonomasia. L’idea di storia e di classicità diviene, quindi, da una parte principio di tutela, rispetto e collezione dell’antico, dall’altra esempio di un mondo passato da reinterpretare nel presente, nelle nuove costruzioni, nei nuovi monumenti; in questa direzione è da interpretare la ricerca che si svolge intorno agli ordini architettonici nell’arte italiana tra rinascimento e barocco. Questa attitudine di pensiero diverrà in larga parte la forma delle città italiane.

L’altra condizione fondamentale che genera il paesaggio italiano è il pensiero prospettico, quello del primo quattrocento, delle tavolette brunelleschiane in Piazza della Signoria (1410), ricerca che da origine all’iconografia fondamentale della pittura italiana. In particolare, in relazione al tema del paesaggio, l’idea di poter ordinare lo spazio in profondità al di la del quadro, dando una gerarchia alle cose del mondo da uno specifico punto di vista o centro di proiezione. Lo spazio prospettico è simultaneamente immagine e progetto del reale. L’idea prospettica diviene lo spazio scenico del teatro e della pittura illusionistica, del quadraturismo e determina la nostra idea di paesaggio. Il paesaggio come scena teatrale, luogo visibile, esperienze esperibile, da un certo punto di vista. In immagine: la veduta. Il paesaggio italiano classico quello che eredita l’Europa con il grand tour, si definisce intorno a queste due culture che mettono in relazione la rappresentazione alla costruzione dello spazio. Il sistema politico culturale che permette la definizione di questi scenari è la città del principe nella sua dimensione iperlocale, affatto internazionale del nostro rinascimento.

L’unicità di ogni paese d’Italia deriva dalla coincidenza di queste condizioni culturali e politiche. Le vedute del nostro paese da parte di artisti stranieri, rafforzano e definiscono ulteriormente questa immagine, anche se tendono a generalizzarne le caratteristiche e individuano il paesaggio italiano come fatto unitario.
Ed infine, la ricostruzione del dopoguerra, con lo sviluppo del dibattito sul restauro architettonico ed ambientale, codifica definitivamente, anche in termini di norma, questa idea di paesaggio italiano, proprio nel suo rapporto tra ambiente e monumento.
In fondo ancora oggi l’idea di paesaggio che le leggi urbanistico – ambientali, le istituzioni paesaggistiche, i bravi professionisti, gli intellettuali, gli amministratori pubblici illuminati, le sovrintendenze, cercano di tutelare è erede di questa cultura. La riflessione e la codifica dell’idea di paesaggio italiano tende, anche in relazione al cambiamento degli scenari politici, sempre più improntati all’integrazione nazionale, a consolidare un’immagine del nostro paese più unitaria e che privilegia l’insieme ambientale, piuttosto che il singolo episodio spaziale. La cultura del paesaggio, dall’Ottocento fino all’immediato dopoguerra, è improntata a una definizione dello spazio come scena. Si tende in questa idea di paesaggio a ricostruire il sistema complessivo come evento estetico omogeneo. Lo spazio della città è pensato come risultato di due componenti: gli edifici e i vuoti urbani, che questi generano. Inoltre prevale, fino al boom edilizio degli anni ’50, una bassa densità edilizia e l’Italia è ancora sostanzialmente agricola, con una preponderanza degli spazi antropici naturali su quelli costruiti.
Questo è vero in teoria, più nell’idea di paesaggio che nella prassi costruttiva. Infatti mentre l’Italia evolve, dal dopoguerra alle condizioni attuali, iniziano a scomporsi e moltiplicarsi le forze economiche e politiche che intervengono sul territorio, e si affievoliscono le riflessioni intorno al tema del paesaggio come evento unitario. Lo spazio del movimento moderno, la sperimentazione degli anni settanta si occupano della definizione di una nuova idea di organismo architettonico, che diviene sempre più un sistema complesso, separato dalle effettive possibilità realizzative della scena urbana e più avanti anche dai fattori di produzione edilizia. Si spegne gradualmente l’idea del paesaggio come scena o teatro e parallelamente emerge una ricerca teorica disciplinare sullo spazio dell’edificio, sul corpo dell’architettura. In più anche il pensiero sul paesaggio si specializza, si hanno definizioni che tralasciano il fatto visivo in funzione di una descrizione ecologista e politica del territorio, meno legata all’insieme ambientale (architettura e natura), più attenta a dati conservativi e di protezione dell’esistente.
Possiamo parlare di paesaggio come di un riconoscimento, di una interpretazione culturale di una serie di fenomeni fisici. È l’idea che abbiamo del reale, il tema interpretativo che ci lega ad esso, che da senso alle cose e le rende riconoscibili. Ogni mutazione culturale implica un differente riconoscimento o tema interpretativo. Se non c’è più questo riconoscimento corale e condiviso, non c’è più paesaggio. Lo spazio contemporaneo, nel vissuto e nell’immagine non corrisponde più alla lettura del paesaggio classico italiano e, quindi, in sostanza per molti di noi non esiste. Di questo paesaggio, quello classico e riconoscibile in un’immagine unitaria, in Italia sono rimasti così pochi frammenti, meravigliosi ma circoscritti, talmente esigui da indurci a dire che questo, non solo concettualmente, ma anche fisicamente in termini percentuali, non esiste più. E che quindi, il problema è quello di ri-configurare un nuovo paesaggio per questo paese. Come per le opere d’arte e i monumenti, quanto è rimasto va tutelato in maniera assoluta, ma bisogna, anche e soprattutto, occuparsi di ridisegnare i veri e nuovi paesaggi italiani contemporanei. L’immagine abbagliante e meravigliosa di quanto è stato, non ci fa vedere quello che succede. La costruzione dello spazio di un paese è un evento collettivo, deriva direttamente dalle relazioni sociali, economico – politiche e culturali della gente che lo abita. L’Italia repubblicana non ha ancora un suo paesaggio, ma c’è già uno spazio diverso, nuovo, a volte terribile, a volte affascinante, da interpretare. Perché questo spazio divenga paesaggio c’è bisogno della descrizione, c’è bisogno che esso divenga immagine e simultaneamente progetto, c’è bisogno infine di una presa di coscienza condivisa riguardo alla mutazione in corso.
La coscienza di un nuovo mondo se vogliamo di superficie, un mondo globalizzato e locale, un mondo-città e una città-mondo come dice Marc Augè in un suo ultimo saggio, un mondo in cui i rapporti di gerarchia tra le cose non sono chiari, un insieme fatto di frammenti di culture diverse, in cui domina il libero mercato anche nelle sue dimensioni più deteriori; questo mondo non può che avere un nuovo paesaggio che lo rappresenti, in cui solo poche cose del precedente possono riconfluire, le più importanti, e comunque anch’esse rilette in rapporto a nuovi paradigmi conoscitivi.
Quello che sembra essere tramontato è il paesaggio come scena composta, articolata e gerarchica rispetto ad alcuni preferenziali punti di vista, luogo in cui i pieni erano quinte dei vuoti, ed in cui lo spazio complessivo è più importante del singolo edificio. La cultura contemporanea è legata al corpo edilizio.In definitiva gli spazi in cui viviamo sono una sommatoria di pezzi senza più unità e questi pezzi spesso sono anche di pessima qualità. Anche i residui di paesaggio classico sono ridotti a corpi, infatti la loro estensione è cosi limitata che assomigliano sempre più a dei luoghi piuttosto che ad un territorio. Sono circoscritte osasi di altri tempi.
La descrizione del paesaggio italiano, può essere intrapresa per itinerari parziali, tematici. Itinerari in grado di riconnettere in un percorso conoscitivo i frammenti di realtà che interpretano. Innanzitutto bisogna ridefinire dei temi interpretativi che riescano ad essere espressi per immagini. L’immagine crea e definisce il patrimonio comune, specifica un dato reale in una condizione teorica e trasmissibile, seleziona dei caratteri di fondo dello spazio. In tal senso il nostro paese è pieno di micro sistemi creativi ed imprenditoriali, che stanno riattivando dei paesaggi di relazioni minime ma efficaci, a restituire senso sociale agli atti contemporanei e a reinterpretare il passato. È necessario, per definire ed individuare dei nuovi e credibili temi interpretativi, l’espansione del concetto di paesaggio a includere una serie estesa di modalità relazionali tra le cose. Condizioni di relazione che connettono oggetti e ambiti territoriali, anche declinate in categorie tematiche e tipologiche molto specifiche e generalmente estese su scale molto diverse, da quelle minime dell’oggetto fino a quelle ampie del sistema territoriale.
Il nuovo paesaggio dovrebbe avere la capacità di essere come l’arte e l’architettura barocca: forma spettacolare in cui “corpo” e “scena” si compenetrano e confondono in una complessità risolta, in cui i corpi divengono cosi importanti e raffinati da essere anche scena. Questi nuovi oggetti del paesaggio dovrebbero avere la caratteristica di essere tali da alludere ad altro da sé, sistemi allusivi e simbolici che si offrono allo sguardo come elementi passanti, che connettono e riorganizzano, attivando ad un nuovo senso del territorio, parti di realtà esistente. Oggetti astratti e a-scalari che tengono in se il respiro del segno territoriale e la prestazionalità dell’oggetto di design. Oggetti e corpi che si collocano tra gli ambiti disciplinari, eventi sfocati e misti di paesaggio, arte, design, determinati da programmi precisi e rispondenti a strategie economiche di largo respiro.

Il barocco ritorna a noi anche per il fatto che è il primo stile italiano a essere consciamente pensato per una dimensione internazionale e globalizzata. I temi dell’arte italiana con il barocco divengono sensazionali e spettacolari per superare i confini localistici e diffondersi in tutto il mondo. Questa idea comunicativa riesce a conciliare il dualismo cinquecentesco tra spazio come scena, derivante dalla cultura prospettica, e spazio come oggetto, legato alla cultura dell’antico. La definizione del paesaggio contemporaneo, del paesaggio “barbaro” direbbe Baricco, passa per la coscienza del rappresentarsi, e l’individuazione di temi figurativi che connettano e amplifichino le molteplici realtà del nostro paese. Strumento di questa rivoluzione dal basso, di questo rivoltare il guanto, è l’impresa creativa. La base della possibilità di rileggere e riscrivere il paesaggio italiano, è la crescita, nascita e sviluppo dell’impresa creativa, ovvero l’instaurarsi di un sistema di mercato teso a ridefinire gli spazi del nostro paesaggio, riattivando la macchina economica dei beni culturali anziché, oltre che sull’antico, sul contemporaneo.

Bibliografia
Lettera di Raffaello a Papa Leone X, biblioteca Augustana h
Augè, M. (2007), Tra i confini. Città, luoghi, integrazioni, Bruno Mondadori
Baricco, A. (2006), I barbari. Saggio sulla mutazione, Fandango libri
Branzi, A. (2006), Modernità debole e diffusa. Il mondo del progetto all’inizio del XXI secolo, Skirà
Next architetti, (2006), Paesaggi Relazionali, Edilstampa
Pierluisi, G. (2006), Paesaggi Italiani, in AAVV (a cura di Massimo Giovannini), Spazi e culture del mediterraneo, Edizioni Kappa
Turri, E. (2004), Il paesaggio e il silenzio, Marsilio
Turri, E. (2006), Il paesaggio come teatro. Dal territorio vissuto al territorio rappresentato, Marsilio