Economia dei media

Giuseppe Richeri, professore ordinario di Economia dei media e direttore dell’Istituto Media e Giornalismo all’Università della Svizzera Italiana di Lugano, ha scelto di fornire alcuni strumenti semplici ma efficaci per investigare gli aspetti economici del settore dei media, spesso trascurati a favore dei lati politici, sociali e culturali dell’attività comunicativa.

Giuseppe Richeri, professore ordinario di Economia dei media e direttore dell’Istituto Media e Giornalismo all’Università della Svizzera Italiana di Lugano, ha scelto di fornire alcuni strumenti semplici ma efficaci per investigare gli aspetti economici del settore dei media, spesso trascurati a favore dei lati politici, sociali e culturali dell’attività comunicativa.

 

Interessanti e utili sono le distinzioni sull’oggetto dell’analisi condotta che viene circoscritto subito e identificato nella produzione professionale di contenuti trasmessi e scambiati “in base a valori economici diretti o indiretti”, produzione alternativa e diversa rispetto alla condivisione sociale di contenuti in cui il valore economico è connesso semplicemente all’utilizzo, da parte degli utenti, del loro contenitore.

 

Il Prof. Richeri si preoccupa di chiarire sin da subito la particolarità dell’oggetto trattato. Le ragioni che rendono così specifici i contenuti mediali sono svariate: il tipo di produttività del lavoro che li genera (attività artistica, intellettuale, creativa) rende i “produttori” delle risorse scarse e quindi difficilmente fungibili; così come l’immaterialità dei contenuti e la loro natura di beni “misti” (in parte “pubblici” in parte “privati”), l’avere un valore sia economico che culturale e, scendendo sul versante dell’analisi economica, la loro struttura dei costi peculiare (con costi fissi elevatissimi e costi variabili tendenti a zero), e una struttura dei ricavi altrettanto articolata (pubblicità, pagamento diretto, finanziamento pubblico, commessa) così come anche la creazione del valore economico del prodotto finale che attraversa necessariamente varie fasi (produzione, confezione, distribuzione e vendita).

 

Dopo aver fornito una valida strumentistica concettuale, qui sopra appena accennata allo scopo di esplicitare le chiavi di base che lo scrittore saprà poi fornire, l’autore struttura un percorso molto ordinato di pensiero analizzando prima in chiave di sviluppo storico il settore di interesse, per poi contestualizzarlo in modo forte dal punto di vista geografico.

 

La seconda parte della trattazione, dedicata infatti prevalentemente all’Italia, è più o meno equamente ripartita tra i quattro settori principali in cui si articola il campo di studio: il cinema, i giornali, i libri e la televisione.

 

La trattazione è completata da un occhio gettato sui cosiddetti “nuovi media”: i nuovi contenuti e le modalità innovative di diffusione basate sostanzialmente sulle tecnologie digitali.

 

Dei nuovi media l’autore si occupa di sottolineare tanto i vantaggi e le opportunità che le aree grigie e le criticità, con una particolare attenzione al tema delle reti-mercato, con riferimenti anche alle possibilità di gestione da parte delle pubbliche amministrazioni.

 

La riflessione che emerge anche dalla struttura stessa del testo è come i media tradizionali abbiano ancora un ruolo preponderante, soprattutto economicamente, rispetto ai nuovi media.
Nonostante tale ruolo centrale dei media tradizionali, è innegabile come questi stiano attraversando una fase storica complicata, nella quale vengono messi in discussione anche per la carenza di nuovi margini di crescita e soprattutto per la stringente necessità di confrontarsi con nuovi modelli commerciali.

 

Economia dei media
Giuseppe Richeri
Laterza, 2012
Euro 22,00