Globalization and the Contemporary Art Market | Globalizzazione e mercato dell’arte contemporanea

The contemporary art market, a complex system of interconnected actors, is undergoing significant transformation due to globalization. This paper explores how globalization influences both the demand for and supply of contemporary art, analyzing the various structural components of the market as part of a single integrated system.

1. Dall’ “internazionalizzazione” alla “globalizzazione”

A proposito del mercato dell’arte contemporanea, la letteratura scientifica corrente tende normalmente a parlare di “internazionalizzazione”. Tale concetto può essere misurato dal grado di penetrazione dei differenti mercati: domestico, regionale, internazionale e globale; o può essere valutato a seconda del tipo di organizzazione: monocentrica, policentrica e geocentrica(1). Successive considerazioni sull’argomento, possono essere fatte osservando le diverse tipologie operative adottate dalla stessa organizzazione: esportazione, multinazionali, alleanze, sussidiarietà, ecc. Il primo aspetto da tener presente riguarda la tesi secondo la quale l’internazionalizzazione tocca sia la domanda che l’offerta. Johanson e Widersheim(2)  hanno individuato più passaggi per descrivere la graduale internazionalizzazione di un’azienda intesa come l’allargamento delle operazioni secondo il concetto di “distanza fisica” (l’insieme di fattori che vanno  a toccare i flussi informativi intercorrenti fra l’azienda ed il suo mercato). Un secondo aspetto da tener presente in tali processi è la misura del potenziale percepito in un mercato. Turnbull contesta l’idea dei passaggi graduali sostenendo che si tratta di un processo continuo di scelta o di adattamento(3). Esso, dunque, si determina quando l’ambiente operativo e la struttura sia industriale che aziendale guidano le strategie di marketing(4).
Diversi gradi di internazionalizzazione possono riscontrarsi anche nel mercato dell’arte contemporanea. A partire dagli anni Novanta il volume delle esportazioni globali delle opere d’arte si è notevolmente ampliato(5); allo stesso tempo molte gallerie continuano ad operare in mercati domestici. Le maggiori case d’asta, per esempio Sotheby’s e Christie’s, hanno svariate organizzazioni sussidiarie in diversi paesi e possono così essere comparate alle compagnie multinazionali di altre industrie. I collezionisti, i critici, gli sponsor e i consulenti di questo mercato stanno diventando sempre più cosmopoliti. A proposito del contesto artistico, l’aspetto più complesso risulta forse essere quello relativo al processo produttivo. Il nucleo propriamente produttivo appartiene infatti ancora agli artisti, i quali lavorano in altri paesi o si aprono ad altre nazioni, per lavoro o ricerca, senza necessariamente esportare o partecipare agli altri passaggi del processo di internazionalizzazione. A questo punto vale la pena considerare le osservazioni fatte da Johansson e Vahlne, i quali legano tale processo al concetto di network. Essi sostengono che uno sviluppo in questo senso si costruisce intorno alla creazione di network costituiti dalle relazioni commerciali intrattenute con altri paesi per l’effetto dell’estensione geografica, della penetrazione e dell’integrazione internazionale(6). Le relazioni di un’organizzazione possono quindi essere utilizzate come ponti verso altri network, e al tempo stesso la medesima organizzazione può diventare parte di network internazionali e intrattenere dette relazioni commerciali.
L’approccio di Johansson e Vahlne legato ai network sembra mantenere una certa validità anche quando lo si utilizzi per analizzare il mercato dell’arte contemporanea. I mercati in cui l’industria artistica è legata al commercio mondiale di opere d’arte (ieri primariamente Stati Uniti e Gran Bretagna, oggi anche Cina, Russia e India) sono infatti i più diretti verso logiche di internazionalizzazione. In un mercato dell’arte in cui i confini geografici sono sempre più labili, essere parte del network mondiale dell’arte, comprensivo di quei circoli artistici che decidono non solo il valore dell’opera d’arte, ma, in quanto custodi della conoscenza e dell’expertise, influenzano la domanda internazionale delle opere, risulta essere fondamentale. Lo sviluppo per fasi in un network artistico di questo tipo, può essere valutato a livello individuale (artisti e mercanti), a livello organizzativo (gallerie, musei, fiere e case d’asta) o a livello dei singoli paesi (se l’artista il mercante o il polo distributivo è situato nei centri strategici del mercato dell’arte(7)  invece che in periferia). Si potrebbe dunque considerare un simile cambiamento del generico mercato dell’arte come logica di adesione graduale ad una rete mondiale costituita da network.
Tale osservazione potrebbe allora rivelarsi utile analizzando il più specifico segmento dell’arte contemporanea, considerato in un contesto che, oltrepassate le soglie teoriche dell’internazionalizzazione, si sceglierà di denominare “globale”. Si tenterà dunque di realizzare questo passaggio, da un lato utilizzando alcune considerazioni di Porter e Colbert, appunto, sulla globalizzazione della concorrenza in riferimento al settore della cultura, e dall’altro mettendo in luce quell’aspetto strutturale del network che vede interagire le sue entità in maniera coordinata, pur se in sedi geografiche diverse.

2. Globalizzazione e concorrenza

Secondo Colbert, “la globalizzazione della concorrenza ha aperto nuove prospettive ai consumatori e ha reso possibile l’esportazione di alcuni prodotti culturali. In compenso altri prodotti hanno potuto essere importati da nazioni straniere e questo ha significato concorrenza ulteriore per i prodotti locali. Nelle industrie culturali le organizzazioni sono raggruppate o concentrate così che un numero esiguo di multinazionali controlla la creazione di un gran numero di prodotti culturali”(8). Le imprese culturali devono lavorare sinergicamente per ottenere un posizionamento vantaggioso a livello internazionale, tenendo in considerazione non soltanto i prodotti, ma anche tutti gli altri anelli della catena produttiva.
La concorrenza, inoltre, può anche essere intensificata dalla frammentazione degli stessi settori produttivi. Porter elenca cinque forze che possono causare tale frammentazione(9): “forze (…) rivali all’interno del settore; nuovi concorrenti; fornitori; acquirenti; prodotti sostitutivi (…)”. “Il settore delle arti” – continua Porter – si presenta come un settore frammentato con molte piccole organizzazioni(10)” , ma, contrariamente al settore industriale, quello artistico “non offre alcuna possibilità di concentrazione”(11).  Infatti, se si considera il settore specifico dell’arte contemporanea, non vi sono barriere all’entrata (aprire una galleria è facile perché non richiede un investimento iniziale alto come per avviare un’impresa industriale), e, data la natura del prodotto, non possono attuarsi economie di scala. Più o meno frammentate, le organizzazioni di detto settore per emergere devono ricercare un vantaggio competitivo per esempio “in una caratteristica di prodotto, in uno strumento promozionale, in un modo diverso di utilizzare le reti distributive o in una politica di prezzi interessante”(12).
Nel caso delle strutture distributive dell’arte contemporanea, si può ad esempio notare come la distinzione fra attività di vendita o rivendita di valori artistici affermati e attività di valorizzazione o commercio di valori artistici emergenti risulti complessa, sia perché vi sono gallerie che svolgono entrambe le funzioni, sia perché vi sono molte gallerie le quali, se in passato svolgevano un’attività d’avanguardia valorizzando nuovi artisti, hanno poi continuato a lavorare con questi ultimi ormai affermati, impegnandosi sempre di meno nel settore delle nuove proposte. Gallerie di questo tipo, tendono a perdere progressivamente la loro funzione di “gallerie di orientamento” poichè anche nel processo d’innovazione artistica la concorrenza è forte e così facendo vengono oltrepassate.
Se le strategie commerciali del cosiddetto mercato “avanguardista” rappresentavano un modello per i mercanti più innovatori, oggi queste lo sono meno a causa dei molti cambiamenti dovuti all’articolazione sempre più complessa del sistema dell’arte contemporanea: quest’ultimo, infatti, ha tempi ormai molto più rapidi anche all’interno delle dinamiche di rinnovamento dei movimenti artistici. Esiste infatti una stretta connessione fra la rete internazionale delle gallerie e case d’asta leader, grandi collezionisti e musei, per cui l’attività dei mercanti più innovatori, ma scarsamente dotati di mezzi finanziari e organizzativi, a livello internazionale diventa più complessa. La funzione di questi mercanti, nei più importanti centri artistici quali Londra o New York, può risultare particolarmente efficace nella prima fase di scoperta e sostegno di nuove tendenze e giovani artisti. Una volta raggiunto il successo, detti mercanti devono però lasciare l’azione alle grandi gallerie con cui, se la competizione risulta impossibile, è allora meglio collaborare pur in posizione subordinata.

3. Concorrenza e valorizzazione artistica

Le strategie di valorizzazione di nuovi artisti non hanno più tempi lunghi in vista di una progressiva legittimazione delle opere e storicizzazione degli artisti, ma seguono invece tempi molto rapidi grazie a cospicui investimenti, a un’organizzazione quantitativamente e qualitativamente forte di mostre in musei e gallerie e a una significativa promozione a livello critico e mediatico. Essendo infatti oggi la qualità dell’artista e la qualità dell’opera soltanto due fra le componenti che contribuiscono a determinare affermazione e successo, tali strategie di valorizzazione posseggono il fine ultimo di produrre un “evento” e di stimolare rapidamente l’interesse collezionistico e/o speculativo.
Se è dunque vero che lo scenario dell’attuale mercato dell’arte contemporanea è uno scenario di globalizzazione in cui il potere del brand e del logo è più che assestato(13), non ci si deve stupire se Thompson, a proposito del funzionamento dell’economia del mercato contemporaneo, parla di opere d’arte in termini di “creazione del brand” o delle conseguenti “aste di brand” o “galleristi di brand”, ecc.(14).  Pur senza arrivare a tanto si può però sostenere come oggi, anche in un settore come quello artistico, l’immagine abbia assunto una forte rilevanza, divenendo fonte di valore aggiunto, specialmente se si tratta di case d’asta di una certa portata, o la galleria di riferimento sia una galleria conosciuta, o ancora quando l’artista abbia partecipato a determinate mostre o abbia vinto premi di un certo valore, ecc.
In una situazione in cui la competizione è globalizzata e in cui “l’immagine è tutto”(15), anche l’arte sembrerebbe doversi cibare d’immagine e pubblicità, stravolgendo l’assunto warholiano per cui, invece, la pubblicità è arte(16). Ecco perché collocare l’opera di un artista oltre che nella tradizionale sede  museale anche in una mediatica evening sale di Sotheby’s a New York o in una collezione come quella del brandizzato Charles Saatchi a Londra può risultare particolarmente efficace. In una situazione competitiva tipica della globalizzazione le stesse gallerie devono dotarsi di un’immagine di grande prestigio, anche a livello economico (ad esempio grazie al sostegno di finanziatori esterni), e di capacità relazionali da cui trarre riconoscimento nel sistema globalizzato dell’arte in termini di alleanze e di collaborazione (networking) con gli altri attori del mercato (critici, mercanti, direttori di biennali, musei, ecc). Infatti, se al vertice del sistema dell’arte contemporanea vige una strategia economico-commerciale basata sul controllo monopolistico (od oligopolistico) della produzione degli artisti (affermati o emergenti), i leader che determinano le tendenze dominanti sono pochi.
La penetrazione nel mercato più allargato si compie dunque attraverso la costruzione di filiali e attraverso una sorta di associazionismo con gallerie attive in diversi mercati e paesi. Queste gallerie-satellite possono fungere da agenti commerciali, ad esempio facilitando l’acquisto di opere da parte della galleria leader. Se anche dovesse accumulare un certo numero di opere con il rischio di lasciarle invendute, quest’ultima può comunque permettersi di rintracciare continuativamente nuovi artisti da promuovere, rinnovando così l’offerta in maniera permanente.
Per quanto riguarda i nuovi operatori, quasi sempre l’unica maniera per crescere è quella di lanciare un nuovo movimento o artista. In tal modo, fra le esigenze della concorrenza del mercato e quelle di un rinnovamento continuo si crea una relazione di circolarità permanente. Emblematico risulta essere il caso del boom dell’arte contemporanea cinese, risalente al 2007, anno in cui la Cina, appunto, rifletteva attraverso i suoi artisti sul cambiamento sociale in atto nel Paese. Già da tempo Sotheby’s e Christie’s tenevano in Cina aste di arte moderna cinese, provocando in soli tre anni una moltiplicazione dei prezzi. Il gallerista inglese Charles Saatchi aggiornò proprio nel 2007 il suo sito Internet dedicando una sezione speciale all’arte contemporanea cinese e abilitando una modalità di chat nelle due versioni, inglese e cinese. L’anno successivo lo stesso gallerista aprì alla Saatchi Gallery una mostra che esponeva le opere della sua collezione di arte conteporanea cinese. Tutt’oggi, le biennali occidentali d’arte contemporanea continuano ad esporre artisti cinesi i quali vengono continuativamente rappresentati da galleristi occidentali; anche  Gagosian ha aperto un suo ufficio ad Hong Kong. Attualmente, il risultato di tutto questo è che più cresce la domanda di arte contemporanea cinese in Occidente, più aumenta la domanda della stessa in Cina.
La globalizzazione e l’aumento della concorrenza anche nel mercato dell’arte sono due fenomeni che hanno concorso all’ampliamento del sistema artistico contemporaneo il quale, progressivamente, è diventato sempre più rapido su scala internazionale. Allo stesso tempo, la logica commerciale risulta essere sempre più condizionante. Diventa così impossibile, per le nuove ricerche artistiche in quanto espressioni di valori culturali,  rispettare i tempi autonomi di maturazione.
I prodotti artistici di valore possono sì emergere, ma solo sottostando alle logiche di tale sistema complesso. Rispetto ai numerosi artisti il cui successo è breve ed effimero in quanto frutto di un’operazione commerciale a breve termine, il numero di artisti dotati di un’immagine talmente forte da essere trasformati in valori assoluti, consolidati e dunque permanenti, è molto ridotto. Ecco perchè le quotazioni degli artisti “effimeri” possono toccare cifre molto alte, seppur instabili, ridimensionandosi dopo il primo stadio di esaltazione speculativa. Viceversa, le quotazione degli artisti “forti” possono certamente subire altrettante fluttuazioni speculative importanti, ma con il tempo tendono ad aumentare e consolidarsi a livelli superiori.

4. Globalizzazione, concorrenza e centri di fruizione e distribuzione delle opere d’arte contemporanea

I cambiamenti del mercato stanno modificando anche i meccanismi dei mercanti/collezionisti, i quali, se prima potevano non passare per i galleristi grazie alle case d’asta, oggi sono ancora più incentivati a farlo grazie all’avvento delle fiere di arte contemporanea. Esaminando come si struttura, in uno scenario globale come quello odierno, la competizione fra i diversi poli distributivi, può risultare interessante analizzare innanzitutto il fenomeno delle fiere. Queste, storicamente erano eventi esclusivamente rivolti al segmento dei collezionisti; oggi, invece, le fiere sono quantitativamente aumentate ampliando verso l’esterno la cerchia dei fruitori  a livello internazionale. Gruppi di finanziatori di musei europei volano alla fiera di Miami Basel dove incontrano collezionisti cinesi e nuovi galleristi russi. Contro la forte capacità finanziaria, il potere d’immagine e la straordinaria attività delle vendite private di leader come Sotheby’s e Christie’s, i galleristi hanno visto nelle grandi fiere d’arte contemporanea una buona opportunità competitiva. Thompson sostiene che le fiere internazionali  sono “mostre commerciali di livello industriale in cui i galleristi si riuniscono per alcuni giorni per mettere in vendita le opere in cui sono specializzati” e che “le opere che vengono presentate (…) sono pari, per qualità e quantità, a quelle che circolano nel corso di una stagione nel mondo delle aste”(17). Contrariamente alla casa d’aste(18)  o alla galleria privata, la fiera offre all’acquirente potenziale una pluralità di prodotti grazie ad un’offerta diversificata e forte. Se poi si considera la fiera anche come evento culturale, la stessa può rappresentare un centro aggregativo aperto a tutti gli operatori del mercato, affiancando alle opere d’arte anche conferenze, rassegne speciali, mostre, ecc. Ad oggi, le più importanti fiere d’arte internazionali, eventualmente anche in grado di valorizzare le opere presenti grazie alla potenza d’immagine ad esse legata, sono TEFAF di Maastricht, Art Basel di Basilea, Art Basel di Miami Beach e Frieze di Londra.
Più in generale, però, esistono varie tipologie di fiere in cui sembra sussistere una strategia competitiva basata sulla differenziazione delle proproste. Vi sono infatti manifestazioni più esclusive, dotate di un numero più ristretto di espositori altamente selezionati, o altre strutturate come grandi mostre e dunque alla portata di un pubblico più ampio. Il comune denominatore di queste ultime è l’internazionalità. Se inizialmente ognuna di queste grandi fiere raccoglieva un bacino di utenza strategicamente funzionale alla localizzazione della stessa (Miami Basel è nata per dare accesso alla ricca domanda dell’America del Nord, ma anche a quella del Sud), oggi sia gli espositori quanto i visitatori/potenziali acquirenti(19)  provengono davvero da ogni parte del globo. Di globalizzazione si può anche parlare nel momento in cui si analizzino gli sponsor di questi grandi eventi: la svizzera UBS sponsorizza Miami Basel, Deutsche Bank sponsorizza Frieze, e così via. Se dunque la fiera è un momento determinante di confronto con un numero molto alto di potenziali acquirenti che in un’unica occasione possono agevolmente paragonare i prezzi delle opere o avere contatti con diverse gallerie, allo stesso tempo essa è causa di una netta diminuzione del numero di acquirenti nella sede tradizionale della galleria.
Come si è detto, il grande concorrente diretto delle fiere internazionali di arte contemporanea è costituito dalle case d’asta le quali, prima di diventare dei competitor, storicamente fungevano da partner e fornitrici degli operatori del mercato. Una fra le tante cause di una simile trasformazione si potrebbe far risalire alla rivoluzione apportata dalla globalizzazione con riferimento allo sviluppo delle nuove tecnologie e soprattutto di Internet (si pensi anche all’avvento delle aste on line). Fino a pochi anni fa, ad esempio, era impensabile che i collezionisti potessero ottenere in tempo reale le informazioni relative ai risultati delle aste internazionali; oggi, invece, un numero crescente di siti Interent specializzati permette a collezionisti e acquirenti di controllare con estrema precisione l’andamento a breve, medio e lungo termine di ogni artista o di ogni opera battuta in asta. Ciò risulta di fondamentale importanza quando le condizioni dell’intero mercato dell’arte sono giudicate a partire dai fatturati dei due leader Sotheby’s e Christie’s in occasione delle principali evening sale annuali.
Tornando a parlare di dinamiche competitive, mentre la competizione “interna” fra i due leader è storica, quella che si è venuta a sviluppare fra case d’asta da una parte e galleristi e collezionisti dall’altra è più recente. Oggi il numero di collezionisti dotati di ampio potere d’acquisto è molto cresciuto e proviene non più soltanto dagli Stati Uniti, ma anche dalla Russia, dall’India e dalla Cina. Investire in opere d’arte contemporanea può in effetti rappresentare una valida alternativa (oltre agli investimenti in immobili o beni di lusso) senza che vi siano forti rischi di svalutazione. Questo genere di collezionismo di derivazione soprattutto russa e dell’Estremo Oriente, principiante quanto potente, tende ad acquistare le opere tramite la casa d’aste proprio grazie alle dinamiche di rassicurazione legate all’immagine, all’autorevolezza e alla reputazione che posseggono le case d’asta, esattamente come succede per i brand più potenti di qualsiasi altra industria. Le politiche di sviluppo delle due maggiori case d’asta, infatti, non si limitano ad accrescere il business nei paesi in cui la tradizione dell’arte contemporanea è già consolidata e dove i mercati sono già solidi, ma si concentra sulle realtà emergenti come i mercati di Cina, India, Emirati Arabi Uniti e Russia. Tali paesi, oltre a mostrare grandi potenzialità dal punto di vista dell’offerta artistica (si pensi al boom degli artisti contemporanei cinesi), risultano dunque anche interessanti per ciò che concerne la fascia di nuovi potenziali acquirenti. Ecco perché sistematicamente vengono aperte nuove filiali od organizzate vendite in città come Mumbai, Beijing e Dubai.
La diffusione globale dell’arte contemporanea è un fenomeno di origini recenti che tuttavia si sta velocemente ampliando, coinvolgendo dunque i maggiori luoghi di vendita e fruizione delle opere, tra cui le case d’asta. La forte concentrazione di mercato che si è sviluppata attorno ai due leader e la grande concorrenza del settore, hanno reso imprescindibili l’adozione di strategie di gestione globali, al fine di aumentare la propria domanda e ovviamente il numero di transazioni a livello internazionale. Sotheby’s e Christie’s dispongono di una quarantina di sedi dislocate nel mondo e hanno creato un forte network di corrispondenti a livello internazionale che ha consentito loro di sviluppare livelli di promozione e risalto mediatico senza precedenti. I risultati raggiunti, anche in termini di volume d’affari, fanno sì che le due case si possano permettere di adottare politiche e strategie su scala globale. Il portale MySotheby’s è un esempio di gestione di tipo globale delle relazioni con la clientela, finalizzato a valorizzare il cliente per mezzo dell’erogazione di servizi più personalizzati e più specializzati.
Si può infine parlare di globalizzazione dell’arte contemporanea anche prendendo in esame l’istituzione museale: i musei di arte contemporanea rappresentano infatti, nel mercato, la dimensione più culturale all’interno del processo di fruizione, circolazione, valorizzazione e legittimazione delle opere. Per questo motivo il dinamismo legato alla recente evoluzione di questi musei può contribuire ad una più ampia definizione della nuova scena globale dell’arte e del mercato. Soltanto negli Emirati Arabi Uniti sono stati aperti quattro nuovi musei (in cui figura anche “un” Louvre). Il caso del Guggenheim Museum e della sua espansione internazionale è emblematico. Da New York, dopo aver aperto la sede di Bilbao, meta ormai di un turismo d’arte divenuto globale, sono infatti state aperte o si apriranno ulteriori sedi a Berlino, Abu Dhabi, Rio de Janeiro, Guadalajara, Singapore e Taiwan.

5.Conclusioni

L’estrema complessità di uno specifico ambito artistico connesso a logiche commerciali risulta accentuata dalla profonda commistione che si viene a creare tra le nuove forme di produzione/consumo culturale (Internet, nuovi luoghi del consumo culturale) e i domini culturali strutturalmente e storicamente più legati alla tradizione. La globalizzazione ha fatto sì che vi sia stata una certa ibridazione fra lo spazio e la funzione di fruizione artistica con le logiche di fruizione commerciale per cui, ad esempio, i siti Internet delle gallerie, dei musei, delle case d’asta o i siti specializzati sono diventati strumenti fondamentali per l’accesso e o la conservazione dell’informazione legata all’opera d’arte. Il commercio delle opere d’arte vive dunque una nuova fase di ripensamento delle sue strutture, dovendosi confrontare con i nuovi pubblici, i nuovi canali e i nuovi mercati tipici della globalizzazione. Se quindi l’offerta delle opere d’arte da una parte affronta i rischi e le potenzialità della diffusione, dall’altra essa deve forzatamente relazionarsi con tutte le conseguenze strutturali che porta con sé anche la nuova concorrenza. Il dinamismo legato a tali fenomeni caratterizza infatti il contesto nel quale oggi agiscono tutte le imprese, incluse ovviamente quelle artistiche e la figura stessa dell’artista. I cambiamenti più evidenti, come si è visto, riguardano il contesto ambientale, che a sua volta influisce su quello competitivo costringendo le organizzazioni a tenerne conto nella determinazione delle strategie. In relazione a quanto osservato, un aspetto sembra essere particolarmente indicativo: la domanda, più frammentata e diversificata, ha subito una forte crescita e si è globalizzata. La domanda come l’offerta, si è dunque fisicamente spostata in funzione della morfologia del mercato.
Tutto il mercato dell’arte contemporanea, insomma, si è globalizzato, inserendo ogni spazio artistico nazionale in un sistema globale di scambi culturali ed economici e favorendo l’inteconnessione ai mercati di attori, opere e informazione. Se le grandi case d’asta organizzano le proprie vendite nella maggior parte delle capitali mondiali, ogni settimana nel mondo si tiene anche una fiera d’arte. Ma se da un lato rispetto alla domanda sussiste un grado piuttosto alto di concentrazione del mercato, nonostante l’ingresso di nuovi flussi di acquirenti provenienti da paesi quali la Cina, l’India, la Russia e gli Emirati Arabi, dall’altro si assiste a una forte dispersione dei luoghi di distribuzione e vendita. Il graduale sviluppo a livello internazionale delle fiere, si è detto, enfatizza la globalizzazione della scena artistica, ampliando, in questo senso, la stessa offerta. I mercati dell’arte regionali e locali hanno spinto la competizione attraverso l’espansione internazionale delle fiere, delle vendite all’asta o delle filali di gallerie localizzate nel mondo. Inoltre si può sostenere come la presenza globale possa innalzare il profilo e il valore dell’opera d’arte, e dunque, anche movimenti artistici provenienti da Cina, Africa, America Latina, Russia, ecc., vengono esportati e resi noti. Contemporaneamente si sono sviluppate a livello globale gallerie, musei e mostre consacrate all’arte contemporanea mondiale, integrando spesso produzioni artistiche di diverse culture(20). Infine, è interessante osservare come, se da un lato, resta valida la spinta verso l’innovazione attraverso la ricerca di nuove tendenze e nuovi artisti, dall’altro, perdura la tendenza da parte degli intermediari a minimizzare il rischio, soprattutto quello di ordine finanziario; ciò, finisce per gonfiare il valore di artisti provenienti da centri d’arte affermati e quindi più facili da promuovere.
Per concludere, si è osservato come la misurazione del livello di internazionalizzazione a seconda del grado di penetrazione dei differenti mercati o a seconda del tipo di organizzazione risulti essere un’operazione difficilmente applicabile al mercato dell’arte contemporanea(21). Quest’ultimo, infatti, è un sistema complesso (o network) formato da attori ed entità comunicanti, che seppur in sedi geografiche differenti, si trovano a dover operare in maniera coordinata. Può certamente risultare utile agli studiosi della materia, ma anche agli operatori del mercato, analizzare il fenomeno della globalizzazione attraverso le diverse tipologie strutturali appartenenti al mercato dell’arte contemporanea. Per entrambi però tale analisi risulta ancora più efficace quando dette tipologie vengano viste quali elementi di un unico sistema integrato(22). Se dunque la globalizzazione influenza contemporaneamente sia la domanda che l’offerta, tutti gli agenti di questo mercato dovrebbero stabilire, in maniera graduale ma dinamica, relazioni efficaci e continuative. Scegliere quindi di organizzare la produzione e la diffusione del bene artistico contemporaneo seguendo un simile orientamento significa tener conto del particolare sistema dei valori immateriali a cui inevitabilmente il bene-opera d’arte è legato: si pensi per esempio alla forza dell’immagine legata ad un artista o ad un collezionista, o alla sopraccitata “brandizzazione” di Thompson. Il risultato, per i diversi partecipanti al sistema del mercato dell’arte contemporanea, potrebbe così essere fonte di differenziazione e di successo.

Note
(1) Cfr. H. PERLMUTTER, “The Tortuous Evolution of the Multinational Corporation”, in Columbia Journal of World Business, pp.9-18, 1969.
(2) Cfr. J. JOHANSON e P. WIEDERSHEIM, “The Internationalization of the Firm”, in Journal of Management Studies, n.4, 1990.
(3) Sull’argomento si veda: R. LUOSTANINEN e L. WELCH, International Business Operations, Praeger,  1990.
(4) Cfr. P. TURNBULL, “A Challenge to Stages Theory of the Internationalization Process”, in Managing Export Entry and Expansion, Praeger, 1987.
(5) Sull’argomento si veda: www.artprice.com e L. UUSITAALO e A. JYRAMA, Economic Trends and Changes in the Art Market, Helsinki School of Business working paper n. w-20, 1992.
(6) Sull’argomento si veda: J. JOHANSSON e J. VAHLNE, “The Mechanism of Internationalization”, in International Management Review, n.4, 1990.
(7) Ai grandi centri quali Londra e New York, oggi, ad esempio, si sono aggiunte città come Beijing, Mosca e Dubai.
(8) v. F. COLBERT, Marketing delle arti e della cultura, Etas, Milano, 2000, p.73.
(9) Sull’argomento si veda: F. COLBERT, Ibidem, 2000, pp.73-76.
(10) v. F. COLBERT, Ibidem, 2000, p.75.
(11) v. F. COLBERT, Ibidem, 2000, p.75.
(12) v. F. COLBERT, Ibidem, 2000, p.76.
(13) Sull’argomento si veda: N. KLEIN, No logo, Knopf Canada, Toronto 2000.
(14) Cfr. D. THOMPSON, Lo squalo da 12 milioni di dollari, Mondadori, Milano, 2009.
(15) Cfr. N. KLEIN, Op. Cit., 2000.
(16) Sull’argomento si veda: E. GRAZIOLI, Arte e pubblicità, Mondadori, Milano, 2001.
(17) v. D. THOMPSON, Op. Cit., 2009, p.240.
(18) Nelle vendite all’asta però, l’opera parte “democraticamente” da un prezzo piuttosto accessibile, ma in pochi istanti lo stesso raggiunge picchi molto alti a causa degli alti livelli delle offerte che vengono fatte in sala.
(19) A tal proposito, può risultare interessante il dato riportato da Thompson secondo cui “nel dicembre 2005 novanta musei, tra cui in MOMA e il Guggenheim di New York, la Tate Modern, il Reina Sofia e il MOMA di San Paolo, hanno organizzato viaggi a Miami per i membri dei loro consiglieri di amministrazione e i loro mecenati nella speranza che avrebbero donato al museo alcune delle opere comprate”. v. D. THOMPSON, Op. Cit., 2009, p.250.
(20) Cfr. A. QUEMIN, “La dimension territoriale de l’art contemporain”, in Pratiques, n°1, 2002.
(21) Si veda il paragrafo 1; cfr. H. PERLMUTTER, “The Tortuous Evolution of the Multinational Corporation”, in Columbia Journal of World Business, 1969, pp. 9-18.
(22) Poli, in Italia, è stato il primo a denominare “sistema” quello dell’arte contemporanea. Cfr. S. POLI, Il sistema dell’arte contemporanea, Laterza, Bari-Roma, 2006.