From grand to granular: Reimagining the use value of existing heritage. – Grande e piccolo. I pilastri per riassegnare valore d’uso al patrimonio esistente

The media has extensively reported on the rapid pace of land consumption and new construction in Italy, with recent data suggesting a loss of over 3 million hectares in the past 15 years. However, against this backdrop, there is a noteworthy trend towards the reuse of existing urban heritage. While the scale of new construction is significant, so too is the effort to revitalize and repurpose existing buildings and spaces.


Da qualche tempo sono riprese sulla stampa le denunce relative al consumo di suolo e all’intensità delle nuove realizzazioni edilizie.
Questo fenomeno, mettendo insieme numeri e quantità, appare massiccio. Stando a un recente articolo di Carlo Petrini su Repubblica, negli ultimi 15 anni sarebbero spariti in Italia più di 3 milioni di ettari di superfici libere con un’estensione maggiore del Lazio e dell’Abruzzo.

Va, però, evidenziato che nel Paese ferve una significativa attività di riuso del patrimonio della città esistente, di quella più propriamente storica e di quella consolidata.

Oggetto di questa attenzione sono tra l’altro i centri storici di dimensione ridotta e i cosiddetti “contenitori” da rifunzionalizzare – questi ultimi, in particolare, hanno visto una stagione di notevole attività già da anni – a testimonianza che una parte del Paese pensa a “trasformare” il territorio e a riaffidargli funzioni, tenendo presente l’obiettivo di riassegnare valore d’uso al patrimonio esistente.
Questo processo, molto delicato sia per quanto riguarda la scelta delle nuove funzioni sia per quanto riguarda l’intervento fisico vero e proprio (materiali edilizi, componenti, ecc.), nelle pratiche migliori e più interessanti appare basarsi su due pilastri fondativi: il riconoscimento dei valori identitari locali, intesi in senso progressivo, e la costruzione di fasi partecipative delle comunità locali per la definizione, e nei casi più avanzati anche alla gestione, del progetto di trasformazione.

In questo numero di Tafter Journal, presentiamo due casi di estremo interesse in cui i due pilastri – identità progressiva e partecipazione – assumono forme innovative e molto avanzate rispetto al “catalogo” delle azioni attualmente disponibile.

Il “piccolo” è rappresentato dai comuni sardi, toscani e corsi che hanno aderito al progetto Interreg LABnet; il “grande” dallo stabilimento delle ex Fonderie Riunite del comune di Modena. In entrambi i casi, gli esiti sono di rilevante interesse.

La costruzione di una rete di piccoli comuni che va al di là della singola nazionalità di un Paese e che – oltre a rintracciare l’identità dei sistemi locali – lavora sul confronto internazionale in relazione ai problemi comuni da affrontare, nonché sulla proposizione concertata di modalità di valorizzazione, è certamente un modo nuovo per questi attori territoriali di proiettarsi modernamente nella dimensione dello spazio europeo. Lo studio dei materiali, i laboratori, la progettazione condivisa hanno fatto crescere, in modo estremamente proficuo, i soggetti che hanno lavorato al progetto facendone un caso di eccellenza nell’ambito delle pratiche europee, tanto che si sta già progettando un LABnet due.

Dal lato del “grande”, il progetto partecipativo delle ex Fonderie Riunite, guidato da Marianella Sclavi, esplode tutta la sua carica di innovazione nel contesto di pratiche in cui, frequentemente, la partecipazione è una componente del tutto nominale.

L’articolazione del percorso e il punto di arrivo, in cui si definiscono funzioni culturali condivise da attivare nella vecchia fabbrica e si “lascia lo spazio” per la realizzazione di ulteriori funzioni nell’area libera di pertinenza per finanziare il progetto, appare estremamente ancorato alla realtà sia rispetto allo sviluppo in chiave innovativa dell’identità locale, sia rispetto alla necessità di costruire, con il progetto stesso, una forma di “autofinanziamento” per la sua realizzazione.