Abstract

 

The practice of experiencing aesthetic contents far from specific places, usually in open or unusual spaces, which are not directly designed for art, like squares or streets. This is the main characteristic of festivals. Celebrations, events full of social relations, which attract an increase nomadic audience that is ready to face even longer journeys just to feel part of an event that opens the door to imaginations.

 

 

The article explores the Festival as a specific cultural medium analysing both the economic impacts that Festivals produce on territories and their cultural-related outcomes. In the first paragraph, the author proposes an overview on the Festival Medium and its relationship with the territory while, in paragraph 2, a major attention is paid to the audiences of the festivals. Successively, the article review European Best Practices (paragraph 3) and the risks that an abuse of the festival-form could produce (paragraph 4). In paragraph 5, the author reflects upon the Festival as a cultural space.

 

 

 

 

 

Abstract

L’esperienza estetica lontana dai luoghi deputati, in spazi generalmente aperti oppure insoliti, non direttamente pensati per l’arte; la cultura nelle piazze, nelle strade, questa la caratteristica principale dei festival. Feste, eventi intrisi di socialità, che attirano un pubblico sempre più nomade e disposto ad affrontare anche lunghi tragitti pur di sentirsi parte di un evento che spalanca le porte all’immaginazione.

1. L’”oggetto festival” ed il legame con il territorio

Negli ultimi anni, in Italia il modello festival si è prestato ad una proliferazione inarrestabile di modalità e di interpretazioni, con un’offerta di chiavi di lettura dei fenomeni della cultura e della società post-moderna, i più disparati: letteratura, economia, creatività, filosofia. Un successo fondato sulla grande capacità di queste kermesse di basarsi su di un progetto culturale di ampio respiro relazionale dalla forte ed indipendente identità (Argano, 2007) e, di intercettare e soddisfare prontamente esigenze di socialità e di ricerca di conoscenza.
I festival dell’età moderna, quelli che appartengono alla nostra esperienza immediata, nascono come figli del primo festival del dopoguerra, il festival di Edimburgo. Ideato come risposta alle pressanti esigenze di rigenerazione, alle speranze di costruzione di un mondo nuovo sulle macerie del secondo conflitto mondiale, si basa sulla semplice formula di una serie di eventi concentrati nel tempo e nello spazio, aperti a tutti. Festival è, infatti, una manifestazione che si svolge in un periodo di tempo ben definito, dai contenuti plurimi e al tempo stesso omogenei; può essere di richiamo nazionale o internazionale e, spesso, con motivazioni di ordine turistico, e quindi economico (Trezzini, 1992).
Una delle caratteristiche distintive connaturate a questi eventi è il fortissimo legame che intrattengono con il territorio che li ospita, un legame di scambio bi-direzionale, poiché se il festival si giova del luogo, teatro dell’evento, i territori risultano avere, nella gran parte dei casi, una connotazione distintiva derivante proprio dall’evento di successo che ospitano. L’evento culturale festival, nella sua forma più complessa e multiforme, assume rilevanti significati nello sviluppo territoriale “culture-driven”, e funge da magnifico catalizzatore di risorse e strumento per imprimere effetti di rigenerazione territoriale e di rinnovamento urbano. I festival hanno cominciato, infatti, ad assolvere ad una funzione “politica” di facilitazione di dinamiche di sviluppo; un ruolo che permette di appianare rapporti conflittuali sul territorio e creare le condizioni per un’”economia di partecipazione” da parte di amministrazioni locali, urbane ed extraurbane. I festival quindi come facilitatori che si diffondono inarrestabili dall’Europa e gli Stati Uniti verso paesi che tradizionalmente non ne hanno cultura (Long, Robinson, 2004).
Gli ingredienti che rendono un festival di successo sono dati dalla presenza simultanea di un’offerta culturale molto variegata, un prodotto artistico di elevata qualità tale da essere di richiamo per il pubblico, nomi di personalità di impatto e luoghi suggestivi in grado di stimolare un’esperienza di tipo estetico, che porti i consumatori culturali a ripetere l’esperienza nel corso degli anni e ad avviare un prezioso passa-parola (Dubini, 1999).

2. Il pubblico dei festival

 
Il successo dei festival si inserisce nel quadro di una più ampia logica in cui il fenomeno di festivalisation è sempre più connaturato al vivere ed al relazionarsi reciproco, per cui l’evento diventa, in qualche modo, luogo deputato al “risultato dell’esistere, del fare, del muoversi di tante, diverse comunità culturali attorno a linguaggi, mondi di sapere, sistemi di valori e, più in sintesi modelli di identità” (Argano, Bollo, Dalla Sega, Vivalda, 2005). In questo senso la comprensione di quali sono i motivi alla base della partecipazione agli eventi di tipo culturale, ed in particolare ai festival, permette di comprendere l’evoluzione ed i costanti cambiamenti socio-culturali che ne sono alla base. Il successo della formula festival sembra basarsi su un’ affluenza costante di pubblico e su motivazioni che tendono a differenziarsi rispetto alle motivazioni che spingono verso altri tipi di consumi culturali.
Dai dati che emergono dalle indagini sul pubblico, a livello sia nazionale che internazionale, è evidente quanto il livello di istruzione, inteso come grado di scolarizzazione, sia solo una variabile tra tante che spingono alla partecipazione agli eventi festivalieri. Chi è in possesso di un elevato grado di scolarità, infatti, ed è al contempo un forte consumatore culturale (lettura, musei, film) non sempre è interessato alla partecipazione agli eventi dal vivo, mentre, al contrario, chi vi partecipa, pur in possesso di un titolo di studio non elevato, può esprimere un forte interesse in quanto artista egli stesso a livello amatoriale, oppure in possesso di un background socio-culturale o di un iter che gli hanno permesso di “amare” questa tipologia di offerta culturale.
Un’evidente funzione che assolvono i festival è proprio quella di avvicinare nuovi segmenti di pubblico agli spettacoli culturali. Parliamo, dunque, di un pubblico trasversale ed allargato, apparentemente anarchico, fortemente autonomo ed in grado di muoversi fluidamente per operare le scelte di partecipazione culturale che ritiene adatte al proprio gusto, in cui le valutazioni di tipo estetico e di contenuto rispetto a quanto offerto (artista, intellettuale di richiamo, programma) sono preponderanti (Osservatorio Culturale del Piemonte, 2005). La stessa possibilità di farsi nomade per raggiungere il luogo deputato non costituisce ostacolo, ma motivazione supplementare, poiché prevale il senso di appagamento e di gratificazione individuale.

3. Le buone pratiche tra Italia ed Europa

Esploso in Italia solo negli ultimi anni, il fenomeno in Europa è molto più radicato ed in alcuni casi – i casi di successo – ha permesso di legare ad un luogo, ad una città, un brand che funziona magnificamente per attrarre un flusso crescente di visitatori.
Il caso di Edimburgo è, in questo senso, una pratica di notevole interesse. Ricca di cospicue risorse culturali ed artistiche, e caratterizzata da un’effervescente vita culturale, Edimburgo ha saputo giocarsi in modo molto intelligente il proprio ruolo di luogo deputato ai festival puntando su un’attenta calendarizzazione di eventi lungo il corso dell’intero anno. L’identità stessa della città è ormai strettamente legata ai festival che ospita e si basa su una precisa e ben pianificata strategia, la Edinburgh Festival Strategy. Ogni anno la città ospita ormai quindici festival, dall’ Hogmanay ed Edinburgh International Festival ad Harp Festival ed International Storytelling Festival. Unitariamente considerati, i diversi appuntamenti costituiscono un intero festival, sfaccettato in diversi rivoli, che anima l’intera vita culturale della città, attraendo una gran quantità sia di artisti che di turisti e facendo registrare veri e propri record di pubblico proveniente letteralmente da tutto il mondo.
Da un’analisi comparativa effettuata su festival inglesi ed internazionali, emergono dati di notevole interesse quanto ad effetti positivi generati sugli spazi urbani che li ospitano. Uno studio sull’impatto economico dei Festival di Edimburgo, sulla base di un monitoraggio durato un anno (da Agosto 2004 a Luglio 2005), che ha preso in esame tutti i festival, dai festival estivi, fino agli eventi Hogmanay e di Natale, e i festival primaverili ed autunnali, ha rilevato un ammontare di presenze pari a 3.1 milioni (dei quali il solo Festival “Edinburgh Fringe” ne attrae circa la metà).
Il dato più rilevante è, però, rappresentato dal numero di persone che, a partire dal festival, prolungano la loro visita nell’intero territorio scozzese: poco meno della metà dei partecipanti alle rappresentazioni culturali, conferma di aver visitato la Scozia in occasione della partecipazione al festival. Se si pensa che, rispetto alla rilevazione effettuata nel 1997 da un analogo studio di impatto, l’incremento totale dei visitatori è stato pari al 65%, si comprende l’effetto della politica mirata di sviluppo “culture-based” avviata dalle amministrazioni locali.
Quanto agli impatti più propriamente economici, intesi come effetti su economia, reddito e occupazione,1nel periodo 2004-2005 si stima che i Festival di Edimburgo hanno generato 184 milioni di sterline a beneficio dell’economia scozzese, di cui 170 milioni a beneficio della sola capitale; significativo, infatti, è stato l’impatto economico che i festival estivi, con ben 2,6 milioni di visitatori, hanno prodotto anche fuori dalla città che li ospitava, con circa il 15% di turisti che ha scelto Glasgow, le Highlands ed altre zone della Scozia come contorno del proprio viaggio (SQW Limited, 2005).
Se in Europa primeggia il caso Edimburgo, in Italia merita menzione particolare il Festival di Mantova, la cui longevità è legata alla formula istituzionale ed organizzativa scelta, focalizzata su un sistema al cui centro rimangono gli abitanti della città, tanto da farne il capostipite di una lunga lista di festival che sono stati ideati ed organizzati negli ultimi anni sull’intero territorio nazionale.
Nato per rilanciare la città di Mantova, importando l’idea sviluppata in un paese del Galles, Hay-on-Wye, il Festival Letteratura si basa su una formula che gioca su una serrata dialettica tra il Comitato Organizzatore, e l’Associazione Filofestival. Il comitato coordina l’intera manifestazione sin dalla prima manifestazione, ne formula il programma e gestisce la promozione e l’organizzazione. L’Associazione Filofestival, nata alla vigilia della prima edizione di Festivaletteratura, per iniziativa di un gruppo di cittadini di Mantova, è un’associazione di volontariato senza fini di lucro, che si riunisce periodicamente in assemblea ed è coordinata da un Consiglio Direttivo composto da cinque membri eletti direttamente dai soci per tre anni.
In questo dialogo serrato trovano posto i desideri degli abitanti di realizzare un sogno: organizzare una vera e propria festa che mette insieme autori e lettori nelle piazze e nei palazzi della città. Sin dalla prima edizione volontari di tutte le età si impegnano in tutte le attività connesse alla realizzazione pratica dell’iniziativa (segreteria, organizzazione, vendita biglietti, assistenza ai luoghi, interpretariato, accompagnamento autori, ospitalità, ecc.).
Il successo della formula organizzativa si basa sul coinvolgimento fortissimo da parte degli abitanti, basato sull’impiego di un enorme numero di volontari che assicurano il processo di gestione dell’evento, segnale del forte senso di appartenenza, e del clima da festa collettiva che anima l’intera manifestazione e che ne veicola un’immagine di familiarità estrema.

4. I rischi dell’uso smodato della formula festival

Se indubbio è il valore dei festival sulla vita di un territorio e sull’economia locale, nello stesso modo la formula sembra essere diventata una panacea che salva l’economia di un territorio da tutti i mali. La proliferazione dei festival in ogni punto d’Italia e d’Europa, sfiora ormai il rischio saturazione; saturazione da parte di un pubblico che tende a disaffezionarsi, e saturazione anche di canali di finanziamento. I festival sono spesso vetrine per gli amministratori locali che, in alcuni casi, non sono all’altezza di offerte di qualità o originalità, e non sempre premiano proposte innovative, tendendo piuttosto a preferire i nomi di maggior spicco, mortificando i piccoli artisti.
Succede spesso che l’evento festival rimanga incastrato in un sistema di esasperata commercializzazione secondo cui ogni occasione di evento culturale diventa motivo per confezionare un pacchetto viaggio.
La festivalizzazione della cultura, come si diceva, rischia di cannibalizzare il settore culturale: una serie di concerti di Mozart si trasforma immediatamente in festival su Mozart, una serie di rappresentazioni shakespeariane diventa la migliore scusa per inaugurare un festival su Shakespeare. Festival di lunga data e antica tradizione legati alla cultura di grosse aree urbane e paradigmatici di una spontanea e feconda attenzione a fenomeni interculturali, quali il Carnevale di Notting Hill a Londra, nato come evento non coordinato e appassionata rappresentazione della cultura caraibica degli immigrati del quartiere, è stato talmente irreggimentato, da fargli smarrire autenticità e capacità di comunicare, se non ad un pubblico di turisti stranieri poco consapevoli.
Al di là, poi, di qualunque valutazione che può essere fatta in termini di impatto economico del festival, pur importante, non si può prescindere dagli altri effetti che esso è in grado di produrre: accrescimento della diversità culturale, della promozione urbana, dell’inclusione sociale e della qualità della vita dei residenti. Obiettivi più difficilmente misurabili, ma non secondari, se si mantiene fede all’anima dell’evento culturale, che è incontro, “agorà”, luogo in cui si stabilisce la centralità della relazione con il pubblico e gli abitanti di un territorio, e luogo dell’immaginazione “partecipativa”.

5. L’evento culturale: un luogo per l’immaginazione

La dimensione festival può mantenere intatta la possibilità di esprimere l’esperienza simbolica, che entra prepotente nella nostra vita e si insinua anche nelIl festival può ospitare quella dimensione immaginifica, specifica dell’arte, del mito e del rituale, negli ultimi tempi divenuta parte del lavoro mentale quotidiano della gente comune in molte società e della vita ordinaria delle persone. La dimensione festival può mantenere
intatta la possibilità di esprimere l’esperienza simbolica, che entra prepotente nella nostra
vita e si insinua anche nelle pieghe più dimesse della nostra esistenza (Cartocci, 2007). Il simbolico e l’immaginario nei processi culturali globali possono, in questo senso, diventare pratica sociale: non solo fantasia, fuga o passatempo elitario, ma forma di azione che coinvolge la società in modo diretto e ricco di interazioni proficue.
Un festival, un evento, altro non è che, in piccolo ed in modo forse ingenuamente ma sinceramente idealistico, lo strumento attraverso cui l’immaginazione può esprimere idee di comunità e di vicinato; una “comunità di sentimento” per immaginare e sentire cose collettivamente (Appaduraj, 2001).

1Le cifre sono da considerarsi rappresentative della differenza che fanno gli eventi, nel senso che escludono l’attività che avrebbe ugualmente luogo senza i festival suddetti.

Bibliografia

Appadurai, A., (2001), Modernità in polvere, Roma, Biblioteca Meltemi
Argano, L., Bollo, A., Dalla Sega, P., Vivalda, C., (2005), Gli eventi culturali, Milano, Franco Angeli.
Argano, L., (2007), “Alcune coordinate per lo sviluppo dello spettacolo dal vivo in Italia”, in Grossi, R., (a cura di), La cultura per un nuovo modello di sviluppo, Quarto Rapporto Annuale Federculture, Torino, Allemandi
Cartocci, R., (2007), Mappe del Tesoro, Atlante del capitale sociale in Italia, Bologna, Il Mulino
SQW Limited, TNS Travel and Tourism, (2005), Edinburgh’sYear Round Festivals 2004-05, Economic Impact Study, Edinburgh.
Dubini, P., (1999), Economia delle aziende culturali, Milano, Etas
Graham Devlin Associates, (2001), Festivals and the City, The Edinburgh Festivals Strategy, Edinburgh.
Long, P., Robinson, M., (2004), Festivals and Tourism: Marketing, Management and Evaluation, Sunderland, Business Education Publishers Limited.
Osservatorio Culturale del Piemonte, (2005), Relazione annuale, Torino
Trezzini, L. (1992), “Festival: realizzazioni e risorse in Italia”, in Bodo, C., Trezzini, L., Turci, M.C., L’impatto economico dei finanziamenti pubblici alla cultura: spettacolo dal vivo e festival, Editoriale Scientifica, 1992