Crowdsourcing
II Veneto, terra di gran lavoratori, alpini e “canottieruti” secessionisti, nonché patria delle 3C – “casa, camion e capannon” – è territorio attivo nel contemporaneo e i suoi abitanti ricercano, sperimentano, si confrontano: da questo fertile sottobosco creativo emergono ogni anno autoproduzioni culturali di indubbio interesse artistico e spirito critico.
Queste produzioni creative ottengono successi e riconoscimenti internazionali, ma spesso mancano di visibilità proprio sul territorio da cui nascono e rimangono confinate all’ambito dell’underground e delle piccole manifestazioni locali. Le rassegne e i festival sono soprattutto dedicati alla cultura ufficiale, mentre alle autoproduzioni, da sempre il motore dell’innovazione culturale, è lasciato uno spazio minimo.
Operatori culturali e ricercatori, ma anche volontari, musicisti, artisti e creativi della Regione, da anni esprimono silenziosamente un’esigenza collettiva di espressione, innovazione culturale, scambio con il territorio, socializzazione e professionalizzazione.
A partire da queste premesse, il caso Venetian Industries Festival diventa una possibile risposta a quei bisogni culturali espressi e latenti che si identificano difficilmente nell’offerta culturale prevalente nel territorio veneto. Con questo progetto, l’associazione culturale NEDAC (North East Departement for Arts and Community), attiva nel territorio regionale dal 2006 con produzioni e collaborazioni, eventi e workshop, ha voluto creare un momento di incontro, confronto, socializzazione e divertimento tra gli abitanti della regione e i suoi fenomeni culturali sotterranei ed emergenti attraverso l’organizzazione di un iniziativa culturale che nell’arco di due giorni ha messo in scena concerti, approfondimenti, spettacoli presso il parco San Giuliano di Mestre.
Da un punto di vista filosofico, NEDAC e quindi Venetian Industries Festival rivendicano la cultura come questione politica (da polis = città), che concerne la città e i suoi abitanti. Manifestazioni ed associazionismo culturale sono considerate espressione della cittadinanza attiva, perché attraverso di esse è possibile partecipare alla vita civica ed essere presenti nello spazio pubblico in una dinamica di riappropriazione del proprio territorio. Il benessere – non strettamente economico – aumenta perché gli stessi cittadini attivi avvertono un miglioramento della qualità della propria vita, in quanto si sentono parte di un processo che non li vede più solamente come consumatori, oppure come soggetti che accettano passivamente le decisioni prese da altri, ma come elementi costitutivi di un meccanismo più ampio.
Il progetto si è avvalso di una innovativa modalità di gestione basata sul crowdsourcing, ossia sull’uso del sistema partecipativo per la gestione delle dinamiche organizzative, invitando a partecipare attivamente all’evento piccole etichette di produzione musicale, musicisti, band, autoproduzioni editoriali, creativi – dalle arti visive, al design, alla grafica, alla moda, all’illustrazione, all’artigianato – performer, curatori, realtà associative, giornalisti, organizzatori di manifestazioni o festival.
E’ stata la particolare eterogeneità dei contenuti proposti a suggerire agli organizzatori l’utilizzo di alcuni principi di crowdsourcing per la realizzazione di una forma ibrida di evento, dove la condivisione della progettualità con i soggetti di cui sopra e la gratuità della partecipazione hanno rafforzato la consapevolezza del capitale culturale presente sul territorio, hanno creato una vera e propria catena del valore e hanno generato una effettiva redistribuzione delle risorse.
In questo ambiente di formazione e sviluppo, l’abbattimento del limite fisico tra partecipante attivo e spettatore si è concretizzato in un canale di condivisione: Venetian Industries Festival si presenta come un luogo dove si respira musica, arte e creatività senza che necessariamente qualcuno abbia un ruolo fisso e prestabilito, senza una netta separazione tra chi produce e chi consuma.
Gestione
La prima edizione di Venetian Industries Festival ha visto un forte investimento da parte di NEDAC in termini di risorse economiche, umane e tempo, curando aspetti gestionali e manageriali in modo professionale, grazie anche al prezioso contributo del lavoro svolto dai volontari. Le motivazioni che spingono al volontariato, dalle sue forme più semplici a quelle più complesse, sono legate alla passione, ai valori e passano attraverso azioni gratuite; queste sono necessarie alla riuscita di un progetto culturale che si vuole ancorato genuinamente al territorio. Sono le stesse motivazioni che spingono gli operatori culturali alla ricerca di un impiego nel settore non profit.
Purtroppo questo atteggiamento viene spesso frainteso e gli operatori culturali e i cittadini attivi finiscono per essere sovente associati all’idea alquanto anacronistica di artista bohèmien, povero e creativo, oppure all’idealista che non sembra prestare attenzione alla sostenibilità economica di un progetto culturale. Si perde completamente di vista il fatto che anche se i soggetti coinvolti in un progetto culturale esprimono attraverso di esso dei bisogni non primariamente legati al ritorno economico, sono in ogni caso portatori di vere professionalità. Si perde di vista anche che un certo tipo di volontariato ha molto a che vedere con l’apprendistato e con un investimento personale in termini di formazione. Questa ambiguità relega le produzioni culturali che non generano un rilevante indotto economico al piano dell’hobby e del dilettantismo, disconoscendo che un professionista che lavori bene dovrebbe poter vedere il suo operato riconosciuto e ripagato nel modo corretto.
La pubblica amministrazione riveste ancora oggi un ruolo fondamentale nella gestione della cultura in Italia, in quanto rappresenta l’ago della bilancia per la riuscita di un progetto culturale: gli strumenti burocratici e legislativi in suo possesso rappresentano le necessarie premesse per la sua realizzazione. “S’ei piace, ei lice”, si direbbe in Veneto. Nel caso Venetian Industries Festival, la sinergia tra la pubblica amministrazione, gli sponsor e la produzione si basa sulla comune esigenza di espressione di cultura contemporanea, che sia interprete di un luogo e di un tempo.
Venezia-Mestre infatti è la città emblematica di una politica di sviluppo economico che aveva puntato tutto sull’industria pesante, e che oggi sembra guardare alla cultura contemporanea per costruirsi un’identità indipendente dall’industria petrolchimica, ma anche per rinnovare l’immagine di un territorio legato soprattutto alla salvaguardia del patrimonio storico-artistico del passato, o alla produzione di cultura “alta”. Questa volontà diventa il termine di garanzia dello sviluppo (o della sopravvivenza) del territorio stesso, in un clima di profonda incertezza politica ed economica.
L’incontro tra NEDAC, le istituzioni e i partner è stato provvidenziale per tutti: la produzione ha potuto contare su un appoggio concreto e costruire una stabilità finanziaria; pubblica amministrazione e sponsor si sono relazionati con un’associazione ancorata autenticamente alla cultura emergente del territorio. Cosa ne sarebbe oggi di Venetian Industries Festival se i suoi interlocutori fossero stati diversi? O se non avessero saputo cogliere le potenzialità del progetto a lungo termine? Forse è per questo che progetti come Venetian Industries Festival non devono dimenticare la propria sostenibilità, per poter raggiungere una propria autonomia e un ruolo definito all’interno della rete dei portatori di interesse istituzionali, nel lungo termine.