Cross-media Interaction for the Virtual Museum | Interazioni tra media per un museo virtuale

Silence of the Lands è un museo virtuale localizzato a Boulder, in Colorado sul silenzio della natura. Il progetto, basato su tecniche di “locative and tangibile computing”, promuove un modello di realtà virtuale che rafforza il ruolo attivo e propositivo delle comunità locali nella salvaguardia e rinnovamento della quiete naturale, quale importante fattore del patrimonio ambientale.

Silence of the Land is a virtual museum, located in Boulder (Colorado), about the silence of nature. The project, based on “locative and tangible computing” techniques, promotes a virtual reality model that strengthens the active role of local communities in the protection and restoration of natural quiet, as an important factor of the Natural Heritage.

Abstract

Silence of the Land is a virtual museum, located in Boulder (Colorado), about the silence of nature. The project, based on “locative and tangible computing” techniques, promotes a virtual reality model that strengthens the active role of local communities in the protection and restoration of natural quiet, as an important factor of the Natural Heritage. This objective could be reached by using sounds as pieces of conversation in a social narrative, aiming at transforming a virtual museum in an organism intimately linked to individuals, ideas and values of a specific environmental context.

Abstract

Silence of the Lands è un museo virtuale localizzato a Boulder, in Colorado (USA) sul silenzio della natura. Il progetto, basato su tecniche di “locative and tangibile computing”, promuove un modello di realtà virtuale che rafforza il ruolo attivo e propositivo delle comunità locali nella interpretazione, salvaguardia e rinnovamento della quiete naturale, quale importante fattore del patrimonio ambientale. Questo obiettivo può essere perseguito usando i suoni come pezzi di conversazione di un racconto sociale, finalizzato a trasformare un museo virtuale in un organismo intimamente legato alle persone, alle idee e ai valori propri di un determinato contesto ambientale.
Il progetto combina molteplici tecnologie con pratiche sociali, attraverso un processo di interazione tra diversi media, che comprende: (a) la raccolta dei dati (salvare i suoni dall’ambiente naturale); (b) la descrizione dei dati (realizzare una mappa del paesaggio sonoro sul Web); (c) l’interpretazione dei dati (creare un ideale paesaggio sonoro condiviso all’interno dello spazio pubblico).

Introduzione

I significati culturali associati al patrimonio naturalistico rimandano, dal punto di vista evolutivo, alla valenza di un sito naturalistico. Come dimostrato da Kumi Kato nel suo caso di studio sull’area di Shirakami – sanchi, patrimonio mondiale dell’umanità dell’Unesco, “l’impegno per la salvaguardia del proprio ambiente naturale deriva dal senso di appartenenza di una comunità locale alla natura che la circonda, e dalla responsabilità di preservare l’integrità di un luogo, di cui essa è parte integrante” (Kato 2006, 459).
I risultati a cui è pervenuto Kato suggeriscono che, il profondo coinvolgimento per la tutela del proprio ambiente naturale da parte di una comunità locale, è un aspetto rilevante del rapporto che si costituisce, nel corso del tempo, tra una comunità ed un luogo. Proprio come le tradizioni orali, le pratiche sociali e le abilità tradizionali sono espressione del patrimonio culturale intangibile, i significati e i valori culturali associati al patrimonio naturalistico sono, a loro volta, “costantemente ri-creati dai gruppi e dalle comunità di individui, come reazione al loro ambiente, alla loro interazione con la natura, e alle condizioni storiche della loro esistenza” (UNESCO 2005).
Questa analisi solleva molti e importanti interrogativi inerenti il patrimonio naturale: in che modo, oggi, si possono preservare e trasmettere i valori e i significati culturali, che legano una comunità locale alla propria terra? In che modo si possono tramandare le conoscenze e le relazioni sociali, che sono costitutive di questi valori e significati? In che modo si possono accordare i gruppi sociali con punti di vista differenti, e alle volte in competizione tra loro? Dalla prospettiva degli studiosi e dei progettisti di nuovi media, un’ulteriore domanda potrebbe essere: in che modo si possono utilizzare i nuovi media per accrescere la sensibilità verso la natura che ci circonda, per sviluppare una cultura ambientalista, per costruire una comunità capace di generare conoscenze condivise? Il modello proposto in questo lavoro di ricerca risponde a queste sfide, ed è focalizzato in particolare sulle problematiche proprie della gestione e protezione di uno spazio aperto, come il parco montano di Boulder, in Colorado.

1. Ricongiungersi alla Natura attraverso i Suoni

In collaborazione con il Dipartimento di “Open Space and Mountain Parks” della città di Boulder, Colorado, ci siamo chiesti se fosse possibile usare i nuovi media per creare e mantenere nel tempo un legame tra la comunità di Boulder e il suo territorio.
Sulla base di alcuni primi studi ed incontri con i nostri stakeholder, e attraverso una collaborazione internazionale e interdisciplinare con artisti, ricercatori e scienziati, provenienti da Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia, abbiamo cominciato a sviluppare Silence of the Lands (www.thesilence.org).
L’obiettivo principale di questo progetto è quello di stimolare una coinvolgente modalità di ascolto dell’ambiente naturale, e di sostenere un metodo narrativo e specifico per un determinato contesto, in grado di interpretare la quiete della natura, di incentivare la costruzione di una comunità e di contribuire alla diffusione di un’educazione all’ambiente e allo sviluppo sostenibile.
Perché ciò fosse possibile, il progetto Silence of the Lands è stato ideato per coinvolgere i membri della comunità di Boulder nelle fasi di registrazione e mappatura, sotto forma di rappresentazioni digitali, delle proprie esperienze in modo da utilizzarle per esprimere i differenti valori e prospettive. L’ipotesi di fondo è che, estraendo i suoni dall’ambiente circostante e componendo gli stessi in habitat acustici personalizzati, gli individui siano in grado di produrre paesaggi sonori, che riflettono la loro conoscenza dell’ambiente, le loro abitudini e i loro interessi1.
Tutto ciò fornirebbe alla comunità un senso di appartenenza che deriva dalla possibilità di nominare e interpretare la propria terra (Plumwood 2002). Inoltre in questo modo si doterebbero i diversi portatori di interesse di uno strumento attraverso cui monitorare le tendenze sociali, sostenere i programmi educativi, e facilitare i processi partecipativi all’interno delle pratiche decisionali.

2. Il progetto Silence of the Lands
Il progetto Silence of the Lands si basa sull’assunto che lo sviluppo di un supporto tecnologico non sia sufficiente per stimolare la partecipazione della comunità locale e rendere un progetto un risultato di successo.
Come dimostrano i casi di studio MUVI (Giaccardi 2006) e Southville Mediascape (Miskelly and Fleuriot 2006), i fattori critici per il successo di un progetto, che interessa un’intera comunità e che si serve dei nuovi media, comprendono: la progettazione di un processo aperto per la raccolta dei materiali e l’interpretazione dell’ambiente; il suo inserimento all’interno della struttura delle pratiche sociali e delle attività proprie della comunità locale; l’identificazione di meccanismi di supporto sociali ed emozionali; e la collaborazione con gli stakeholder e i gruppi sociali.
Sulla base di questa idea, Silence of the Lands rappresenta un ambiente in cui: (a) dare voce ad una vasta gamma di interpretazioni, e non semplicemente archiviare i suoni della natura; (b) innescare una relazione aperta e dinamica con l’istruzione e le relazioni esterne; (c) gli stakeholder hanno la possibilità di agire in maniera autonoma come facilitatori all’interno della propria comunità, attraverso l’uso di strumenti tecnologici messi a loro disposizione.
Silence of the Lands è attualmente in via di sviluppo presso il “Center for LifeLong Learning & Design (L 3 D), e il Dipartimento di “Computer Science” della University of Colorado, in Boulder (USA), in collaborazione con l’Istituto di “Digital Art and Technology (i-DAT) della University of Plymouth (UK), e il “Pictorial Computing Laboratory”, dell’Università di Brescia (Italy).

3. Verso un Nuovo Tipo di Museo Virtuale

I suoni rappresentano un aspetto intimo e personale delle percezioni e delle esperienze dei fruitori del patrimonio naturale. Nel 1994, il National Park Service degli Stati Uniti ha dichiarato il silenzio della natura parte del patrimonio naturale da preservare e di cui godere; i suoni, sono un importante elemento degli spazi naturali da proteggere. Usare i suoni dell’ambiente come brani di una conversazione sociale sulla quiete della natura, implica considerare sia gli elementi fisici che rappresentano quello stesso ambiente, che le molteplici prospettive che aiutano a capire come esso era, ed è percepito e compreso dagli altri (cfr Heath et al. (2002) e Giaccardi (2004)2. Ciò richiede una particolare attenzione rivolta non solo agli archivi digitali per la raccolta dei suoni, ma anche all’intero corpo delle conoscenze ambientali e delle relazioni sociali, responsabili dei significati e dei valori culturali associati al patrimonio ambientale.
Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso la creazione di un ambiente in cui la quiete ed il silenzio della natura sono compresi ed interpretati per mezzo di un’interazione reale e localizzata con i suoni dell’ambiente. In questo spazio, il termine “virtuale” ha a che fare con la modalità di potenziamento della interazione creativa tra le attuali conoscenze sul patrimonio naturale, la sua potenziale interpretazione, e le caratteristiche tangibili dei suoni, a cui è associata l’esperienza del patrimonio ambientale (Benedetti 2002).
Il modello di museo virtuale proposto qui, non è un mero archivio digitale, per la raccolta e la conservazione, nello spazio e nel tempo, della rappresentazione di uno specifico patrimonio ambientale. Si tratta, piuttosto, di un “repertoire” – volto a supportare l’intero sistema delle conoscenze e delle relazioni sociali responsabili della creazione, trasmissione e riproduzione di quel patrimonio come un vero e proprio sistema vivente (Kirshenblatt-Gimblett 2004).
È il modello di un museo che, come suggerito da Hugues de Varine-Bohan (1996), prende le sue note principali dalla relazione dialettica tra l’uomo e il suo ambiente, e che riflette le domande che gli individui e i gruppi sociali pongono a se stessi. In questo tipo di museo virtuale, il contenuto intangibile delle percezioni uditive, i significati culturali, e i valori associati al patrimonio naturale sono creati, assemblati e ri-assemblati di volta in volta.

4. Sfide per la partecipazione della comunità

Le pratiche e i valori individuali, svolgono un ruolo critico nel supportare le attività di raccolta dei suoni e di mappatura collettiva. Ciononostante, la partecipazione ha dei limiti che dipendono dalla particolare situazione di ciascun individuo e dai processi di accesso forniti dalla tecnologia disponibile (Aria set al., 2000). Scoprire nuovi modi di affrontare queste sfide è la chiave per garantire la sopravvivenza del patrimonio ambientale e dei differenti aspetti, che contribuiscono a costituirlo.

INFRASTRUTTURE SOCIALI
La metodologia adottata per la progettazione e la valutazione di Silence of the Lands è strettamente connessa all’idea di “breaching experiment”, suggerita da Crabtree (2004). Essa considera la combinazione di infrastrutture tecnologiche e sociali come un evento sociale teso ad innescare un cambiamento nella relazione vitale tra la comunità locale e le sue abituali pratiche di interazione con l’ambiente circostante.
Sebbene la componente fisica di supporto per la partecipazione sia una parte fondamentale per l’infrastruttura tecnologica, anche le infrastrutture sociali devono essere attivate, per favorire l’implementazione delle esperienze “user generated” e per attivare quelle sinergie sociali e quei meccanismi che sostengono e regolano la partecipazione della comunità (Adams and Goldbard 2001; Giaccardi 2006), nel corso del tempo.

Dopo due anni di progettazione, e dopo la costruzione dei primi prototipi, e delle infrastrutture sociali iniziali (Giaccardi et al. 2006; Giaccardi et al. 2005)4, attualmente il lavoro di ricerca si focalizza sullo sviluppo e sulla valutazione in situ degli strumenti e dei processi per la raccolta e la descrizione dei dati.

(a) Passeggiate sonore. Tre passeggiate sonore sono organizzate nel mese di luglio 2007, come parte dell’ OSMP Natural Selections Hikes. Durante queste lunghe passeggiate, i membri della comunità locale raccolgono i suoni provenienti dall’ambiente naturale, usando la strumentazione sperimentale, conosciuta come PDA5. Il primo percorso si svolge lungo il Boulder Creck Path, che rappresenta un paesaggio sonoro tranquillo e composito ed è sede di molte e differenti pratiche sociali. Gli interpreti naturalisti di OSMP individueranno le altre due passeggiate sonore, per dirigersi progressivamente verso aree più silenziose all’interno di spazi aperti e parchi montani.
La progressione da zone meno silenziose a zone maggiormente silenziose dovrebbe favorire la valutazione dei processi di apprendimento dei partecipanti, in riferimento alle loro capacità d’ascolto. Le passeggiate sonore saranno individuali. In questo modo i partecipanti volontari avranno la possibilità di prendersi tutto il tempo di cui avranno bisogno e di fermarsi quante volte vorranno; un percorso individuale ha, poi, un impatto meno invasivo rispetto ad una passeggiata di gruppo sull’ecologia acustica delle aree silenziose6.

(b) Workshop Collettivi. Un workshop collettivo sarà organizzato per facilitare e comprendere meglio la partecipazione della comunità di riferimento. I volontari avranno a disposizione una settimana per la propria passeggiata individuale, e tre settimane in tutto per qualsiasi altro percorso essi desidereranno fare. Dopo la prima passeggiata sonora, a tutti i volontari sarà chiesto di partecipare ad un workshop, durante il quale verrà spiegato loro come caricare i suoni raccolti all’interno dell’interfaccia Web, realizzeranno i paesaggi sonori e saranno osservati mentre portano avanti la costruzione della mappatura di gruppo.
Per le passeggiate successive, ai volontari sarà offerta la possibilità di recarsi presso i laboratori universitari e di potersi avvalere dell’assistenza tecnica da parte di personale esperto, nel caso non si sentissero particolarmente avvezzi all’uso della tecnologia disponibile. Inoltre i volontari saranno liberi di gestire le loro attività di raccolta dei suoni e di mappatura di gruppo nei tempi, modi, luoghi che essi preferiranno. Tutte queste attività verranno monitorate, attraverso la raccolta di dati sia quantitativi che qualitativi.

Conclusioni

Silence of the Lands promuove un modello di museo virtuale che potenzia il ruolo attivo e partecipativo delle comunità locali nei confronti dell’interpretazione, della conservazione e del rinnovamento del patrimonio naturale. In questo museo la conoscenza condivisa del patrimonio naturale è una conseguenza del continuo processo di interazione ed interpretazione, che connette la comunità locale alla sua terra, e che è supportato dall’interazione tra media diversi. Ciò che ci auspichiamo è di collegare una comunità locale alla sua terra di appartenenza, e di coltivare le relazioni creative per invogliare gli abitanti e tutti i portatori d’interesse a partecipare gli uni alle esperienze degli altri, a creare delle connessioni reciproche tra le differenti percezioni, e a parlare delle proprie azioni attraverso un racconto condiviso che si dipana nel corso del tempo.
In questo senso, il modello di museo virtuale proposto non è un archivio digitale, ma un “repertoire” – un mezzo per sostenere l’intero sistema delle conoscenze e delle relazioni sociali, responsabili della nascita, trasmissione e riproduzione del patrimonio naturale.
Ciò che, infine, questo modello suggerisce ai media designer interessati al patrimonio culturale è che le informazioni e le comunicazioni tecnologiche non sono semplicemente degli strumenti per rappresentare e tutelare il patrimonio nel tempo e nello spazio, ma possono rappresentare una forza ed uno stimolo per la costruzione di una comunità e per lo sviluppo sostenibile della stessa. Insieme con la sensibilità necessaria per sostenere e regolare le pratiche sociali di una comunità, le applicazioni cross-media dei processi di “locative and tangibile computing”, riprendono le strutture della conservazione e delle relazioni sociali tra gli umani e tra i mondi umano e non-umano, mondi che non sono influenzati dalla fisicità del patrimonio, e possono attribuire a questa componente fisica differenti funzioni e gradi di importanza, in base alle caratteristiche di ciò che deve essere rappresentato.

Note

1. Questa ipotesi sul potenziale dei “locative media” è supportata dai risultati dei progetti di autori pubblici e di archeologia quotidiana, come Social Tapestries (http://socialtapestries.net), Murmur (http://murmurtoronto.ca/), e ‘Scape the Hood (http://dsi.kqed.org/index.php/situated/C59/). Ma gli usi “community-based” sono ancora rari e allo stato embrionale; si veda, per esempio, the Southville Mediascape Project, descritto da Miskelly e Fleuriot (2006).
2. La differenza tra i due studi è sul come arricchire le risorse interpretative di un dato oggetto museale in relazione al progetto esposto per migliorare l’esperienza del visitatore (Heath et al. 2002; vedi anche Bannon et al. 2005), contrapposto al come far leva sulle risorse interpretative di una comunità per comprendere la produzione e la comunicazione del patrimonio intangibile (Giaccardi 2006; vedi anche Kirshenblatt-Gimblett 2004).
3. Questo significato di realtà virtuale necessita di un differente approccio alle nozioni di spazio interattivo e confini mediatici, generalmente categorizzate all’interno di ambienti semi reali (si veda, per esempio, Benford et al. 1998).
4. Si veda, per informazioni maggiormente aggiornate, il sito internet http://thesilence.org, che presenta anche gli studi sull’interfaccia web usata dagli utenti e gli studi sull’usabilità condotti per la progettazione dei nostri primi prototipi.
5. Sebbene i partecipanti potranno scaricare il software di funzionamento per il PDA direttamente da internet e usare i loro propri computer, i PDAs saranno forniti dal team di ricerca nelle prime fasi di valutazione.
6. Naturalmente, nulla vieta ai partecipanti di recarsi negli spazi aperti in compagnia dei loro amici o dei loro bambini, se lo desiderano. Questa flessibilità permette di catturare i differenti punti di vista e le diverse pratiche sociali.

Bibliografia

Adams, D., and A. Goldbard. 2001 Creative community: The art of community development. New York: Rockefeller Foundation.
Arias, E., H. Eden, G. Fischer, A. Gorman, and E. Scharff. 2000. Transcending the individual human mind: Creating shared understanding through collaborative design. ACM Transactions on Computer Human-Interaction, 7 (1): 84-113.
Benedetti, B. 2002. Virtuality and reality in enterprise’s museum, art museum, archeological sites. Quaderni della Fondazione Piaggio, Nuova Serie: Cultura Europea e Musei, 6 (1): 42-73.
Crabtree, A. 2004. Design in the absence of practice: Breaching experiments. In Proceedings of the 5th International Conference on Designing Interactive Systems (DIS 2004): 59-68.
New York: ACM Press. Giaccardi, E. 2006. Social creativity and collective storytelling in the virtual museum: A case study. Design Issues, 22 (3): 29-41.
Giaccardi, E, H. Eden, and G. Sabena. 2005. Silence of the Lands: Interactive soundscapes for the continuous rebirth of natural heritage. In Proceedings of CUMULUS 2005 on Pride & Pre-Design: The Cultural Heritage and the Science of Design: 163-168.
Lisbon, Portugal: IADE. Giaccardi, E. 2004. Memory and territory: New forms of virtuality for the museum. In Proceedings of Museums & the Web 2004. Available from http://www.archimuse.com/mw2004/papers/giaccardi/giaccardi.html.
Kato, K. 2006. Community, connection and conservation: Intangible cultural values in natural heritage—the case of Shirakami-sanchi World Heritage Area. International Journal of Heritage Studies, 12 (5): 458-473.
Kirshenblatt-Gimblett, B. 2004. Intangible heritage as metacultural production. Museum International, 56 (1-2): 52-65.
Plumwood, V. 2002. Environmental culture: The ecological crisis of reason. London: Routledge. UNESCO. 2005. Report of the expert meeting on inventorying intangible cultural heritage, Paris, March 17-18, 2005. Available from http://portal.unesco.org/.
de Varine-Bohan, H. 1996. The museum in the fourth dimension. Nordisk Museologi 96 (2): 51-56.


Introduction

Cultural meanings associated with natural heritage tend to refer to the evolutionary significance of a specific natural site. As well demonstrated by Kumi Kato’s case study of the Shirakami-sanchi World Heritage Area, “conservation commitment is in essence a local community’s sense of connection with their surrounding nature and their commitment to maintain the integrity of a place of which they are part” (Kato 2006, 459). Kato’s findings suggest that a local community’s conservation commitment is critical and is formed through long connection with a place, similar to how intangible cultural heritage is formed. Just as oral traditions, social practices, and traditional craftsmanship articulate intangible cultural heritage, cultural meanings and values associated with natural heritage also are “constantly recreated by communities and groups, in response to their environment, their interaction with nature, and their historical conditions of existence” (UNESCO 2005).
This analysis raises many important questions for natural heritage: How can we maintain and communicate today the cultural meanings and values that connect a local community and its land? How can we sustain the knowledge and social relations underpinning such meanings and values? How can we reconcile social groups with differing, and sometimes competing, visions? From the perspective of the new media scholar and designer, a further question would be: How can we use new media to enhance sensitivity to natural surroundings, cultivate environmental culture, and build a community capable of generating shared understanding?
The model proposed in this chapter responds to these challenges, as contextualized to the specific problem of open space and mountain parks management and protection in Boulder, Colorado.

Reconnecting to Natural Heritage through Sounds

In collaboration with the City of Boulder Open Space and Mountain Parks Department, we asked ourselves whether it would be possible to use new media to create and sustain, over time, a connection between the Boulder community and its land.
Based on some initial studies and meetings with our stakeholders, and in an interdisciplinary collaboration among artists, researchers, and scientists across the United States, Great Britain, and Italy, we started the development of Silence of the Lands (http://www.thesilence.org). The primary objective of this project is to encourage an engaged way of listening to the natural environment and to support a situated and narrative mode of interpreting natural quiet that may foster community building and contribute to environmental culture and sustainable development.
To accomplish this objective Silence of the Lands is designed to engage the members of the Boulder community in recording and mapping their own experiences in the form of digital representations, and then to use these representations to express and explore their different values and perspectives.
The hypothesis is that by extracting sounds from the local environment and composing them in personal acoustic ecologies, people will produce soundscapes that reflect their environmental knowledge, practices, and concerns . This will provide the community with a new sense of ownership derived from the act of naming and interpreting the land (Plumwood 2002) and with an opportunity to learn from each other in a spontaneous and informal fashion. It will also provide stakeholders with a means to monitor public trends, sustain educational programs, and facilitate participative processes of decision making.

The Silence of the Lands Project

The design of Silence of the Lands is based on the assumption that the development of technological support is not sufficient to engage the local community in participation and make the project successful. As demonstrated by case studies such as MUVI (Giaccardi 2006) and Southville Mediascapes (Miskelly and Fleuriot 2006), crucial elements for the success of community media projects involve designing an open process of heritage collection and interpretation, weaving it into the fabric of existing practices and activities inside the local community, identifying social and emotional support mechanisms, and collaborating with local stakeholders and social groups.
Informed by this idea, and as illustrated by the scenario, Silence of the Lands represents an environment in which: (a) the role of preservation and conservation is not simply to archive natural sounds but to give voice to a broad range of interpretations; (b) display and exhibition takes on a dynamic and open interplay with education and outreach; and (c) the entire framework is transformed by the stakeholders’ capability of autonomously acting as facilitators in the context of their community by means of the technology available to them.
Silence of the Lands is currently under development at the Center for LifeLong Learning & Design (L3D), Department of Computer Science, University of Colorado at Boulder (USA), in collaboration with the Institute of Digital Art and Technology (i-DAT), University of Plymouth (UK), and the Pictorial Computing Laboratory, University of Brescia (Italy).


Towards a New Kind of Virtual Museum

Using ambient sounds as pieces of a social conversation on natural quiet requires bringing together not only the physical elements that represent it, but also the multiple perspectives that shed light upon how it was and is perceived and understood by others—as well demonstrated in other instances by the studies of Heath et al. (2002) and Giaccardi (2004) .  This demands a focus not just on the digital archive of sounds collected, but on the whole body of environmental knowledge and social relations responsible for the cultural meanings and values associated with the natural heritage.
This goal can be achieved by creating an environment in which natural quiet is understood and interpreted through an actual and situated interaction with ambient sounds. In this environment, virtuality is intended to be the method of empowering the creative interaction between the current understanding of the natural heritage, its potential interpretations, and the tangible characteristics of the sounds with which the experience of the natural heritage is associated (Benedetti 2002).
The virtual museum model proposed here is not merely that of a digital archive meant to collect and preserve in time and space the representation of a specific heritage. Rather, it is a “repertoire”— meant to sustain the whole system of knowledge and social relations responsible for a heritage creation, transmission, and reproduction as a living system (Kirshenblatt-Gimblett 2004). It is the model of a museum that, as advocated by Hugues de Varine-Bohan (1996), takes its keynotes from the dialectical relations between man and its environment, and mirrors the questions that individuals and social groups are asking themselves. In this kind of virtual museum, the intangible content of auditory perceptions, cultural meanings, and values associated with natural heritage is collaboratively generated, aggregated, and re-aggregated over time. This unfolding narrative is the result of the connection between a local community and its land, supported, both factually and imaginatively, by the social and technological infrastructures of the proposed model. Virtual museum is hence intended and proposed not in the common terms of “digitized content”, but in the philosophical sense of reality in a continuous process of actualization  (Giaccardi 2006).


Challenges of Community Participation

Individual practices and values, combined with a sense of playfulness, have critical roles in supporting the activities of sound collection and collaborative mapping. Nevertheless, participation has limits that are contingent on the nature of each individual’s situation, as well as the processes provided for participation by the available technology (Arias et al., 2000). Finding new ways to address these challenges is key to keeping alive the heritage and the various perspectives that contribute to it.
The participative mechanism to be activated through cross-media interaction and the sensitivity in sustaining and regulating it over long periods of time are the critical factors (Giaccardi, 2006). Social support mechanisms must be identified and shaped in collaboration with stakeholders and with the participation of local social networks in order to stimulate and encourage community participation and be able to regulate it over a sustained period of time.


SOCIAL INFRASTRUCTURES

The approach adopted in the design and evaluation of Silence of the Lands is close to the idea of the “breaching experiment” suggested in Crabtree (2004). It considers the combination of technological and social infrastructures as a social event meant to trigger change into the active relationship between the local community and its patterns of interaction with the land. Although built-in support for participation is an integral part of the technological infrastructure, social infrastructures also need to be activated in order to support engaging “user generated experiences” (Vogiazou et al. 2006) and to activate those social synergies and mechanisms that will sustain and regulate community participation (Adams and Goldbard 2001; Giaccardi 2006) over time.
After two years of design, early prototyping, and setting of the initial social infrastructures (Giaccardi et al. 2006; Giaccardi et al. 2005) , the work currently focuses on the development and in situ evaluation of the tools and processes for data catching and data description.
(a) Soundwalks. Three soundwalks are going to be organized in July 2007 as part of the OSMP Natural Selections Hikes. During these hikes members of the local community will collect ambient sounds from the natural environment by using provided experimental PDAs . The first trail will be along the Boulder Creek Path, which presents a quite composite soundscape and is home to many diverse social practices. OSMP interpretative naturalists will identify the other two soundwalks in order to progressively move towards quieter areas of the open space and mountain parks. The envisioned progression from less quiet to more quiet areas should help assess participants’ learning processes with regard to listening skills. Soundwalks will be individual. In this way, the volunteer participants will be able to take as much time as needed and to stop as many times as desired; furthermore, an individual hike will have less of an impact than a group hike on the acoustic ecology of quiet areas .

(b) Community Workshop. A community workshop is going to be organized to facilitate and better understand community participation. Volunteers will have one week for each indicated soundwalk, and three weeks total for any other soundwalks they would like to take. After the first soundwalk, all volunteers will be asked to take part in a workshop in which they will be instructed on how to upload sounds through the Web interface and create soundscapes and will be observed while proceeding on to collaborative mapping. For the successive hikes, volunteers will be provided with the opportunity to come to the university lab and be technically assisted if they don’t yet feel comfortable with using the available technology. Otherwise, volunteers will be free to manage their activities of sound collection and collaborative mapping in whatever times, places, and modes they desire. We will monitor these activities by collecting a combination of qualitative and quantitative data.
Conclusions
Silence of the Lands promotes a model of a virtual museum that empowers the active and constructive role of local communities in natural heritage interpretation, conservation, and renewal. In this museum, the shared understanding of the natural heritage is an aftermath of the continuous process of interaction and interpretation connecting the local community and its land that is supported by cross-media interaction. What we envision is connecting a local community and its land, and cultivating their creative relationship by enabling inhabitants and stakeholders to look at each other’s experiences, connect with each other’s perceptions, and inform their actions upon the shared narrative that is unfolding over time. In this sense, the proposed virtual museum model is not that of the digital archive, but that of the “repertoire”—meant to sustain the whole system of knowledge and social relations responsible for a heritage creation, transmission, and reproduction.
What this model ultimately suggests to the new media designer interested in cultural heritage is that information and communication technologies are not merely tools for representing and preserving heritage in time and space, but can be a force and stimulus for community building and sustainable development. Combined with sensitivity in sustaining and regulating a community’s social practice, cross-media applications of locative and tangible computing recover structures of conversation and social relations between humans and between human and non-human worlds that are not detached from the physicality of the heritage, and can attribute to this physical component different functions and degrees of importance according to the characteristics of what needs to be represented.

Acknowledgements

For inspiring and supporting this work, the author wishes to thank: Ernesto Arias, Hal Eden, Gerhard Fischer, and Patty Limerick (University of Colorado at Boulder); Jennelle Freeston, Deborah Matlock, and Curry Rosato (City of Boulder); and Bernie Kraus (WildSanctuary.com). A special thanks goes to Gianluca Sabena for his invaluable contribution to the development of the project, and to our common friend Alessandro Grella. A first version of this paper was presented at the “New Heritage Forum” in Hong Kong, China, March 2006.

References

Adams, D., and A. Goldbard. 2001. Creative community: The art of community development. New York: Rockefeller Foundation.
Arias, E., H. Eden, G. Fischer, A. Gorman, and E. Scharff. 2000. Transcending the individual human mind: Creating shared understanding through collaborative design. ACM Transactions on Computer Human-Interaction, 7 (1): 84-113.
Bannon, L., S. Benford, J. Bowers, and C. Heath. 2005. Hybrid design creates innovative museum experiences. Communications of the ACM, 48 (3): 62-65.
Benedetti, B. 2002. Virtuality and reality in enterprise’s museum, art museum, archeological sites. Quaderni della Fondazione Piaggio, Nuova Serie: Cultura Europea e Musei, 6 (1): 42-73.
Benford, S., C. Greenhalgh, G. Reynard, C. Brown, and B. Koleva. 1998. Understanding and constructing shared spaces with mixed-reality boundaries. ACM Transactions on Computer-Human Interaction (TOCHI), 5 (3): 185-223.
Bowker, G.C., and S.L. Star. (1999) Sorting things out: Classification and its consequences. Cambridge, MA: MIT Press.
Chalmers, M., and A. Galani. 2004. Seamful interweaving: Heterogenity in the theory and design of interactive systems. In Proceedings of the 5th International Conference on Designing Interactive Systems (DIS 2004): 243-252. New York: ACM Press.
Crabtree, A. 2004. Design in the absence of practice: Breaching experiments. In Proceedings of the 5th International Conference on Designing Interactive Systems (DIS 2004): 59-68. New York: ACM Press.
Dix, A., A. Friday, B. Koleva, T. Rodden, H. Muller, C. Randell, and A. Steed. 2005. Managing multiple spaces. In Spaces, spatiality and technology, ed. P. Turner and E. Davenport: 151-172. Dordrecht, The Netherlands: Springer.
Dourish, P. 2006. Re-space-ing place: “Place” and “space” ten years on. In Proceedings of 20th anniversary conference on Computer Supported Cooperative Work (CSCW 2006): 299-308. New York: ACM Press.
Fischer, G. 2005. Distances and diversity: Sources for social creativity. In Proceedings of the Creativity & Cognition Conference 2005: 128-136. New York: ACM Press.
Fischer, G., and E. Giaccardi. 2006. Meta-design: A framework for the future of end-user development. In End user development: Empowering people to flexibly employ advanced information and communication technology. ed. H. Lieberman, F. Paternò, and V. Wulf: 421-452. Dordrecht, The Netherlands: Kluwer Academic Publishers.
Fischer, G., E. Giaccardi, H. Eden, M. Sugimoto, and Y. Ye. 2005. Beyond binary choices: Integrating individual and social creativity. International Journal of Human-Computer Studies (IJHCS) Special Issue on Computer Support for Creativity, ed. E.A. Edmonds and L. Candy, 63 (4-5): 482-512.
Gaia, G., S. Boiano, and F. Pasquali. 2005. Cross media: When the web doesn’t go alone. In Proceedings of Museums & the Web 2005. Available from http://www.archimuse.com/mw2005/papers/gaia/gaia.html.
Gaver, W.W. 2002. Designing for Homo Ludens. I3 Magazine, 12 (June): 2-6.
Giaccardi, E. 2006. Social creativity and collective storytelling in the virtual museum: A case study. Design Issues, 22 (3): 29-41.
Giaccardi, E. 2004. Memory and territory: New forms of virtuality for the museum. In Proceedings of Museums & the Web 2004. Available from http://www.archimuse.com/mw2004/papers/giaccardi/giaccardi.html.
Giaccardi, E, H. Eden, and G. Sabena. 2006. The affective geography of silence: Towards a museum of natural quiet. Wild Nature and the Digital Life Gallery Special Issue, Leonardo Electronic Almanac, 14 (7-8). Available from http://leoalmanac.org/gallery/digiwild/silence.htm.
Giaccardi, E, H. Eden, and G. Sabena. 2005. Silence of the Lands: Interactive soundscapes for the continuous rebirth of natural heritage. In Proceedings of CUMULUS 2005 on Pride & Pre-Design: The Cultural Heritage and the Science of Design: 163-168. Lisbon, Portugal: IADE.
Heath, C., P. Luff, D. Vom Lehn, J. Hindmarsh, and J. Cleverly. 2002. Crafting participation: Designing ecologies, configuring experience. Visual Communication, 1 (1): 9-34.
Jennings, P. 2005. Tangible social interfaces: Critical theory, boundary objects and interdisciplinary design methods. In Proceedings of the Creativity & Cognition Conference 2005: 176-186. New York: ACM Press.
Kato, K. 2006. Community, connection and conservation: Intangible cultural values in natural heritage—the case of Shirakami-sanchi World Heritage Area. International Journal of Heritage Studies, 12 (5): 458-473.
Kirshenblatt-Gimblett, B. 2004. Intangible heritage as metacultural production. Museum International, 56 (1-2): 52-65.
Kraus, B.L. 2002. Wild soundscapes: Discovering the voice of the natural world. Berkeley, CA: Wilderness Press.
Plumwood, V. 2002. Environmental culture: The ecological crisis of reason. London: Routledge.
Miskelly, C. and C. Fleuriot. 2006. Layering community media in place. Digital Creativity, 17 (3): 163-173.
Rodman, M. 2003. Empowering place: Multilocality and multivocality. In The anthropology of space and place: Locating culture, ed. S. Low and L. Laurence-Zuniga: 205-223. Malden, MA: Blackwell.
Schafer, R.M. 1977. The Tuning of the world. Indian River, Canada: Arcana Editions.
Schech, S. and S. Haggis. 2000. Culture and development: A critical introduction. Oxford: Blackwell.
Schön, D. 1992. Designing as reflective conversation with the materials of a design situation. Knowledge-Based Systems Journal, 5 (1): 3-14.
Shneiderman, B., G. Fischer, M. Czerwinski, M. Resnick, B. Myers, and 13 others. 2006. Creativity support tools: Report from a U.S. National Science Foundation sponsored workshop. International Journal of Human–Computer Interaction, 20 (2): 61–77.
UNESCO. 2005. Report of the expert meeting on inventorying intangible cultural heritage, Paris, March 17-18, 2005. Available from http://portal.unesco.org/.
de Varine-Bohan, H. 1996. The museum in the fourth dimension. Nordisk Museologi 96 (2): 51-56.
Vogiazou, Y., J. Reid, B. Raijmakers, and M. Eisenstadt. 2006. A research process for designing ubiquitous social experiences. In Proceedings of the 4th Nordic conference on Human-computer interaction (NordiCHI ’06): 86-94. New York: ACM Press.

NOTES

1 This hypothesis on the potential of locative media is supported by the results of projects of public authoring and everyday archaeology such as Social Tapestries (http://socialtapestries.net/), Murmur (http://murmurtoronto.ca/), and ‘Scape the Hood (http://dsi.kqed.org/index.php/situated/C59/). But community-based uses are still rare and embryonic; see, for example, the Southville Mediascapes Project described by Miskelly and Fleuriot (2006).
2 The difference between the two studies is on how to enrich the interpretative resources of a given museum object in the context of exhibit design in order to improve the visitor experience (Heath et al. 2002; see also Bannon et al. 2005) vs. how to leverage the interpretative resources of a community in order to instantiate the production and communication of intangible heritage (Giaccardi 2006; see also Kirshenblatt-Gimblett 2004).
3 This understanding of virtuality entails a different approach to the notions of interaction space and media boundaries usually categorized in mixed-reality environments (see, for example, Benford et al. 1998)
4 See, for updated details, http://www.thesilence.org, which also presents the user interface studies and usability studies conducted for the design of our early prototypes.
5 Even though participants will be able to download the software for the PDA directly from the Web and use their own devices, PDAs will be provided by the research team for this first phase of assessment.
6 Of course, nothing prevents participants from going into the open space with their friends or children, if they so desire. This flexibility allows the capture of different perspectives and social practices.