L’esperienza dei Laboratori di Urbanistica Partecipata a Potenza: una iniziativa promossa da docenti dell’Università per una più efficace attuazione degli strumenti urbanistici

Negli ultimi decenni, la rilevanza del tema della partecipazione dei cittadini nei processi di trasformazione della città ha condotto a nuovi approcci al governo del territorio, mirati a coinvolgere la comunità seguendo un modello di sistema aperto, flessibile e reversibile (approccio bottom up), e a nuove forme sperimentali di urbanistica partecipata. Queste stesse forme di urbanistica partecipata, con lo scopo di ridare efficacia e credibilità ai processi di pianificazione del territorio e della città, e di conseguire risultati utili ad incrementare la qualità della vita, si sono concretizzate nella sperimentazione di laboratori di urbanistica partecipata nella città di Potenza.

1. Introduzione
I processi di governo del territorio negli ultimi decenni hanno manifestato una forte crisi, dovuta alla difficoltà di governare uno scenario sempre più complesso, socialmente mutevole ed instabile, culturalmente diversificato, governato dalle regole del mercato ed inadeguato a gestire i conflitti generati dalla crescente esigenza dei cittadini di manifestare – e vedere accolte – le proprie istanze nella predisposizione delle politiche di cui sono gli effettivi destinatari.
Alla luce di queste riflessioni, e nel tentativo di rendere il processo di governo del territorio maggiormente efficace e rispondente alle reali domande della città, nonché accrescere la fiducia dei cittadini nella loro partecipazione al processo stesso, il Laboratorio di Ingegneria dei Sistemi Urbani e Territoriali dell’Università degli Studi della Basilicata ha promosso e sperimentato un approccio partecipativo alla costruzione del processo di piano attraverso l’istituzione temporanea di Laboratori di Urbanistica Partecipata, patrocinati dall’Amministrazione Comunale.
Le attività, finalizzate all’analisi della situazione urbanistico-edilizia attuale, alla valutazione delle domande-istanze della popolazione ed alla valutazione di strategie di intervento progettuali alla scala del progetto urbanistico, nel confronto con il quadro programmatico e pianificatorio vigente, diventano dunque la base per un confronto concreto con i problemi della città, e l’occasione per aprire un tavolo di discussione con i diversi attori, dai soggetti istituzionali ai semplici cittadini, passando per i Comitati di Quartiere, le associazioni di volontariato e gli ordini professionali, interessati ai temi proposti, finalizzato a definire proposte per i futuri assetti urbanistici e funzionali della città di Potenza, di supporto ed indirizzo nella valutazione delle soluzioni più idonee che in sede tecnica e politica dovranno essere assunte.
L’esperienza ha interessato tutto l’Ambito Urbano di Potenza (ed anche alcune aree dell’Ambito Periurbano), suddiviso in sotto-ambiti. In particolare, la città è stata suddivisa in cinque ambiti urbani, per ciascuno dei quali è stato istituito un Laboratorio di Urbanistica Partecipata.
Le attività sono state organizzate e gestite da un gruppo di coordinamento composto da esperti ingegneri, architetti e pianificatori, cui è stato affidato l’importante ruolo di garanti della partecipazione, facilitatori degli incontri e punto di riferimento per la diffusione – tempestiva ed immediata – delle informazioni. Inoltre, essi hanno assicurato che le richieste, le osservazioni e le sollecitazioni emerse nel corso dei dibattiti fossero trasferite alle sedi competenti, garantendo il rispetto delle procedure e delle modalità di partecipazione dei cittadini. A questo, inoltre, si aggiunge il contributo tecnico che essi hanno apportato, garantendo il rispetto dell’approccio metodologico adottato, ed il supporto ai cittadini nell’analisi dei diversi punti di vista e nella negoziazione necessaria per individuare soluzioni condivise.

2. La sperimentazione: i Laboratori di Urbanistica Partecipata
L’approccio metodologico adottato è basato sull’approccio logico-razionale (Las Casas, 2006) utilizzato per la costruzione di un processo di piano, avvalendosi dell’aiuto di metodologie partecipative per individuare i bisogni, definire i problemi e formulare le strategie con il contributo della comunità.
Tale approccio è caratterizzato generalmente da quattro fasi (analisi dello stato di fatto, sintesi, progetto ed infine verifica e valutazione), accompagnate sistematicamente da verifiche e correzioni della coerenza degli obiettivi e dei risultati delle azioni previste (fig. 1).

Nella fase iniziale, grande attenzione è stata rivolta alla conoscenza del territorio, conditio sine qua non per la definizione delle azioni di piano e frutto dell’interazione fra attori diversi: esperienza collettiva e ricorso ad analisi tecniche si sono alternate ed hanno interagito in continuazione. Assumendo tuttavia che la conoscenza non è esaustiva, nell’ipotesi di razionalità limitata (Simon, 1947), la fase di acquisizione ed integrazione della stessa non ha avuto un termine, ma ha interessato tutti gli incontri dei laboratori. Ricordando che il punto centrale della pianificazione, quale “pratica professionale che cerca di collegare forme di conoscenza con forme di azione nella pubblica arena” (Friedman, 1987) è la ricerca del nesso tra conoscenza ed azione (Faludi, 1997), attraverso un processo che tende ad indirizzare l’agire dei diversi attori verso una condizione desiderabile, piuttosto che disegnando il futuro in modo astratto, i cittadini hanno partecipato contribuendo ad arricchire le analisi tecniche presentate e proponendo attivamente idee e soluzioni, nel rispetto di semplici regole necessarie a garantire a tutti la possibilità di esprimere le proprie riflessioni (Sclavi, 2003). Dalla discussione dei risultati delle analisi, i cittadini hanno riconosciuto situazioni negative e positive presenti nel loro ambito, hanno individuato gli elementi da affrontare e da evitare, da sfruttare e da trasformare, definendo anche quali aspetti esterni all’ambito stesso potessero influenzarlo: questa attività ha portato alla costruzione della SWOT Analysis (Grea, 2000), condotta con il supporto di lavagne o la formazione di tavoli di gruppo, e seguita da una fase di localizzazione su mappe, così da parlare di GEO-SWOT (Sansone, 2006 e Lanza et al., 2009), e poi resa disponibile on line per integrazioni e commenti.
La fase di sintesi è stata caratterizzata dalla costruzione “interattiva” dell’albero dei problemi e del suo specchio negativo (Jackson, 1997), albero degli obiettivi, con particolare cura nell’individuazione delle relazioni di causa ed effetto da una parte e di mezzo e fine dall’altra. Problemi ed obiettivi sono stati localizzati su carta.
All’individuazione degli obiettivi è seguita una fase di individuazione di possibili interventi, spesso già direttamente su carta, indicando schematicamente, con colori diversi, come agire per raggiungere gli obiettivi definiti. Tali interventi sono stati definiti dagli studenti, sotto la guida dei coordinatori e suddivisi in tre classi: grandi opere, interventi di programmazione ordinaria ed interventi immateriali.
Nell’ultima fase del processo, coincidente con l’ultimo incontro dei Laboratori, i cittadini si sono cimentati con una valutazione molto semplificata delle strategie d’intervento, che tenesse conto della coerenza degli interventi con gli obiettivi individuati e con la strategia di piano, della coerenza con gli strumenti di pianificazione vigenti, che in alcuni casi sono stati soggetti a varianti, della fattibilità economica in riferimento ai diversi possibili canali di finanziamento e delle ricadute possibili che questi interventi potrebbero avere, nel medio – lungo periodo, sui quartieri e/o sull’intero Ambito Urbano.

3. Conclusioni: verso un Piano Operativo Partecipato
Favorire e sperimentare processi partecipativi alla definizione delle scelte di governo della città e delle sue trasformazioni rappresenta una condizione ormai ineludibile per ridare efficacia e credibilità ai processi di pianificazione del territorio e della città e per conseguire risultati utili ad incrementare in particolare la qualità della vita nelle città. In particolare è indispensabile definire strategie e priorità di intervento finalizzate al conseguimento di concreti obiettivi di riqualificazione della città esistente e di sviluppo sostenibile della città da trasformare e di nuovo impianto, ispirati a principi generali di equità rispetto ai differenti attori coinvolti, di efficienza degli interventi e di limitazione nel consumo delle risorse territoriali ed ai principi etici di assunzione di responsabilità nelle scelte, di trasparenza del processo decisionale, di condivisione delle ineliminabili condizioni di incertezza in cui il processo di pianificazione si sviluppa (Las Casas, 2006).
Soprattutto in Italia i percorsi partecipativi non devono essere considerati come condizioni eccezionali ed estemporanee nel processo di pianificazione, ma trovare una precisa collocazione e strutturazione e continuità nei processi di governo del territorio e della città.
Molte leggi regionali prevedono processi di partecipazione, comunicazione e informazione fortemente integrati nella procedura di costruzione del Piano; nella prassi le indicazioni di legge, a meno di casi eccezionali, vengono sistematicamente eluse dalle amministrazioni pubbliche o relegate al ruolo di eventi in genere a conclusione della redazione degli strumenti di pianificazione e sostanzialmente quando le scelte più importanti risultano già assunte dal decisore politico.
Nel caso di Potenza, che rappresenta la norma e non l’eccezione, il recente percorso di aggiornamento della strumentazione urbanistica comunale non ha registrato forme adeguate e particolarmente innovative di informazione e comunicazione delle scelte di piano e soprattutto non ha favorito una effettiva e consapevole partecipazione alla costruzione degli strumenti di piano, fondata innanzitutto su un adeguato e condiviso sistema di conoscenze della realtà territoriale che favorisse la messa a fuoco delle problematiche emergenti e più sentite e quindi la definizione di strategie di intervento adeguate, nei tempi nelle risorse e nelle modalità operative concrete, che possano far registrare gradualmente una reale inversione di tendenza nello sviluppo della città rispetto al passato più recente.
Questo è quanto è accaduto durante la redazione ed approvazione del RU (e di un PO che registra solo alcuni piani attuativi redatti ai sensi del precedente PRG), che avrebbe dovuto forse essere, secondo una più corretta interpretazione della legge regionale, uno strumento di programmazione ed attuazione di scelte definite nel Piano Strutturale e nel RU. A fronte di tale situazione è necessario oggi comprendere come definire più adeguati processi di governo della città che possano almeno in parte limitare alcuni effetti negativi delle scelte operate e favorire una programmazione degli interventi sul territorio più attenta alla reale soluzione dei problemi ed al soddisfacimento delle domande.
In tal senso la nuova strategia da porre in essere dovrebbe fondarsi sulla necessità di partire dalla costruzione di un nuovo Piano Operativo così come previsto dalla legge 23/99 (strumento di programmazione degli interventi in riferimento a domande vere da soddisfare ed alla certezza di tempi e risorse pubbliche e private) fondato, come dice sempre la legge, su un processo di partecipazione alle scelte che coinvolga effettivamente tutti gli attori interessati e non sia solo attento al soddisfacimento degli interessi legati alle rendite fondiarie ed immobiliari (Pontrandolfi, 2002).
Il PO dovrebbe essere costruito sulle reali domande ed esigenze della popolazione con la definizione di priorità e la capacità di selezionare strategie di intervento condivise e, per la parte degli interventi privati, dovrebbe fare ricorso a procedure di evidenza pubblica per selezionare le proposte di intervento più mature e che hanno la possibilità di concretizzarsi a breve sulla base di accordi tra l’Amministrazione pubblica e gli operatori privati.
Una tale proposta non può non costruirsi anche promuovendo, in forma stabile e non estemporanea, forme di partecipazione diffusa alle scelte di governo della città. In tal senso l’esperienza dei Laboratori di Urbanistica Partecipata potrebbe rappresentare un interessante riferimento da sviluppare.
L’esperienza svolta nella città di Potenza sui Laboratori di Urbanistica Partecipata pone le basi per iniziare finalmente a ragionare sull’istituzione di un luogo dove comunicare e partecipare. Dall’esperienza svolta, inoltre, emerge come le modalità di ascolto e comunicazione con i cittadini, mutuate dai metodi partecipativi, necessitino di un laboratorio stabile, dove il cittadino possa interagire con i tecnici e gli stessi amministratori al fine di trovare le soluzioni più congrue per la risoluzione di problematiche riguardanti un numero sempre più crescente di settori.
La partecipazione, che si fonda sulla conoscenza e sull’informazione sia della situazione di fatto che delle dinamiche in corso e dei programmi e normative vigenti, porta a riproporre una proposta avanzata già alcuni anni fa dal Laboratorio di Ingegneria dei Sistemi Urbani e Territoriali all’Amministrazione Comunale di istituire un Laboratorio di Urbanistica Partecipata permanente all’interno del Museo della Città, che potrebbe oggi incrociare un concreto interesse da parte di molti soggetti e dell’Amministrazione in particolare. L’attività del laboratorio intende proporre le basi per la costruzione di un “laboratorio urbano” che cooperi con l’istituzione di diverse attività, che possano confluire in quello che genericamente si chiama Museo della Città.

Riferimenti Bibliografici
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Las Casas, G., Una cultura della pianificazione in un approccio rinnovato alla razionalità del piano, in Francini M. (a cura di), Modelli di sviluppo di aree interne ad alta ruralità. Scuola Estiva 2006, Centro Editoriale e Librario Università della Calabria (2006)
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Sclavi, M., Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte, Bruno Mondadori, Milano (2003)
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