Negli ultimi anni la domanda dei consumatori per informazioni legate al dato geografico, geospatial, è salita alle stelle, basti pensare ad esempio ai sistemi di posizionamento GPS e alla loro integrazione con le mappe digitali che hanno portato alla ribalta dispositivi di navigazione portatili usati quotidianamente da milioni di persone. Le amministrazioni pubbliche e gli stessi politici fanno sempre più uso delle informazioni geospatial per produrre mappe delle pianure alluvionali, condurre i censimenti, mappare i pignoramenti o rispondere alle richieste per i rischi naturali come terremoti, incendi e alluvioni. Ai responsabili delle decisioni, questo tipo di dato può essere di grande aiuto per chiarire i problemi complessi che possono coinvolgere amministrazioni locali e centrali sulla gestione del territorio.
La salvaguardia della ricchezza del nostro territorio è legata al sottile filo della sua conoscenza puntuale trasferibile oggi nei tavoli dei decisori solo tramite una infrastruttura di dati di tipo geospatial che ne dia la più fedele ed oggettiva rappresentazione.
Un raffronto tra l’Italia e gli Stati Uniti ci può dare interessanti spunti. Negli USA la realizzazione e la gestione di una infrastruttura nazionale di dati geospatial è gestita al livello centrale dal governo federale. Produrre mappe di esondazione, gestire il catasto, pianificare la ricostruzione di ecosistemi e analizzare la vulnerabilità e la risposta ai rischi naturali quali gli uragani e i terremoti, sono esempi di come il governo federale usi tali informazioni per rispondere alle necessità nazionali. Il volume di affari del mercato geospatial statunitense raggiunge i 30 miliardi di dollari annui (2009) al ritmo di incremento del 35% annuo.
Sempre negli USA è stato ampiamente riconosciuto che la raccolta dei dati più volte per lo stesso scopo, è dispendiosa e inefficiente, ma continua purtroppo a verificarsi, come del resto anche in Italia. I dati raccolti per soddisfare i requisiti, ad esempio di una amministrazione locale, potrebbero essere utili per lo Stato o per il governo federale, se gli stessi dati soddisfacessero una serie di linee guida di base. In realtà, esistono strutture organizzative a livello federale e statale atte ad identificare e promulgare la condivisione efficiente, il trasferimento e l’uso delle informazioni geospatial. Idealmente, questi sforzi producono una infrastruttura nazionale di dati territoriali, o NSDI (National Spatial Data Infrastructure) che rappresenta “la tecnologia, le politiche, le norme, le risorse umane e le attività connesse necessarie per acquisire, elaborare, distribuire, utilizzare, mantenere e conservare i dati territoriali”. Dal 1990 il governo federale statunitense ha riconosciuto la necessità di organizzare e coordinare la raccolta e la gestione dei dati geospaziali, implementando un organo addetto, il Federal Geographic Data Committee (FGDC), per promuovere l’uso coordinato, la condivisione e la diffusione dei dati geospatial a livello nazionale.
In Italia la situazione è abbastanza complessa in quanto è ancora in atto il passaggio dalla tradizionale scuola cartografica, che vantava tradizioni secolari, alla recente scuola di geografi informatici che utilizzano il dato geospatial nei Sistemi Informativi Geografici (GIS). Inoltre il rapporto tra lo Stato e le Regioni, in questo settore, ha sofferto molto se si considera ad esempio che l’adozione di un unico sistema di riferimento nazionale, perso negli anni ’70 nel passaggio di potere dallo Stato alle Regioni, non è stato ancora riconquistato al livello centrale, consentendo così alle varie Regioni Italiane ampia libertà con conseguenze imprevedibili, in termini di danni per il territorio, paragonabili a quelle precedenti all’adozione dei sistemi di misura unificati.
Di una infrastruttura simile alla NSDI, in Italia si inizia a parlare nel 2001, quando si avvia l’iniziativa INSPIRE (INfrastructure for SPatial InfoRmation in Europe), consolidata nell’adozione della direttiva europea, entrata in vigore il 15 maggio 2008 e recepita in Italia nello scorso gennaio 2010 che istituisce un’infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità Europea riferendosi ai dati territoriali disponibili in formato elettronico in possesso da parte di pubbliche amministrazioni che li raccolgono nell’ambito dei loro compiti istituzionali o di privati che svolgono attività che possono avere ripercussioni sull’ambiente.
Ma il problema vero, non ancora risolto, è quello della mancanza di un organo unitario di coordinamento di livello nazionale simile a quello statunitense e, in assenza di una visione unitaria e centralizzata, gli investimenti nel settore rischiano di disperdersi senza portare gli auspicabili ritorni. Basti pensare che da circa 5 organi cartografici ufficiali di stato coordinati da una -oggi soppressa- commissione geodetica, siamo passati a qualche decina di organi mal coordinati con conseguente incremento dei costi a scapito della qualità della conoscenza del dato geospatial.
Negli USA, quasi in completa controtendenza rispetto all’Italia e all’Europa, che ancora faticosamente annaspa per realizzare la prima NSDI, è stata lanciata una nuova NSDI 2.0 fondata sul motto:
“A Concept for American Recovery and Reinvestment NSDI 2.0: Powering our National Economy, Renewing our Infrastructure, Protecting our Environment”.
Una formulazione per potenziare l’economia nazionale, rinnovare le infrastrutture e proteggere l’ambiente.
Una rinnovata visione, anche in l’Italia, dell’infrastruttura di dati geospatial, potrebbe fungere da motore per nuove risorse destinabili all’acquisizione di dati statali e locali e per migliorare la produzione critica di dati territoriali per il monitoraggio ambientale; le operazioni di aggiornamento e manutenzione che potrebbero innescarsi avrebbero un effetto a catena il cui impatto andrebbe molto al di là degli investimenti iniziali realizzati per creare e gestire la prossima generazione di dati territoriali del nostro Paese. Liberamente disponibili, di alta qualità ed ad alta risoluzione, i dati territoriali e ambientali NSDI 2.0 potrebbero consentire all’Italia di modernizzare e semplificare una moltitudine di obsoleti processi burocratici e aziendali su carta, di accrescere l’efficienza e la trasparenza a tutti i livelli di governance, e in definitiva la riduzione del costo del fare business. Come? Semplice, assumendo che una rete d’infrastruttura geografica viaggi al pari delle altre infrastrutture tecnologiche, trasportistiche, energetiche ed informative, tenendo presente che essa è la base per la realizzazione di tutte le altre.
La cultura del dato geografico per la salvaguardia del territorio
Negli ultimi anni la domanda dei consumatori per informazioni legate al dato geografico, geospatial, è salita alle stelle, basti pensare ad esempio ai sistemi di posizionamento GPS e alla loro integrazione con le mappe digitali che hanno portato alla ribalta dispositivi di navigazione portatili usati quotidianamente da milioni di persone. Le amministrazioni pubbliche e gli stessi politici fanno sempre più uso delle informazioni geospatial per produrre mappe delle pianure alluvionali, condurre i censimenti, mappare i pignoramenti o rispondere alle richieste per i rischi naturali come terremoti, incendi e alluvioni. Ai responsabili delle decisioni, questo tipo di dato può essere di grande aiuto per chiarire i problemi complessi che possono coinvolgere amministrazioni locali e centrali sulla gestione del territorio.