Forme distrettuali avanzate, cultural district, processi decisionali partecipati, network sociali. Il massimo comune denominatore è, sia che si parli di sviluppo urbano, sia che si considerino le manifestazioni culturali, la partecipazione allargata e diffusa. Conviene però interrogarsi se e fino a che punto si tratti di soluzioni percorribili, e fino a quanto si rischi la retorica.
E’ poi vero che l’Italia, la patria dei distretti industriali, che sembrano aver fornito la risposta più efficace alla crisi del modello capitalistico in atto, è anche il luogo dove meglio possono attecchire i distretti culturali? Una risposta potrebbe essere data proprio dall’analisi di quanto succede lontano dall’Europa.
Giova a questo riguardo un paragone con il mondo anglo-sassone, che negli anni Settanta comincia ad entrare nel merito delle politiche urbane di rigenerazione proponendo uno sviluppo attraverso lo strumento della cultura. Il “Greater London Council”, a Londra, costituisce tra le prime esperienze di specializzazione territoriale di un’area inizialmente degradata verso uno sviluppo in senso culturale. Sono gli anni dell’istituzione della Tate Modern e dell’evoluzione di questo quartiere in senso creativo, che attrae pubblico ed artisti da tutto il mondo.
Merita, però, attenzione il fenomeno ad esso connesso, la cosiddetta gentrification, termine che non prevede una traduzione diretta in italiano, e che riassume il processo di trasformazione del paesaggio urbano e delle relazioni sociali che in esso sussistono in seguito ad un intervento di riqualificazione. L’articolo di Annunziata, attraverso l’analisi di un caso studio di un quartiere di New York, esplora il passaggio verso un cultural district pilotato dall’alto e le reazioni che esso suscita da parte degli abitanti storici appartenenti alla comunità afro-americana.
Una logica di tipo completamente opposto anima invece la partecipazione ai network sociali, esperienza quasi quotidiana di relazione interpersonale, metafora della partecipazione libera, auto-regolamentata, come quella che caratterizza gli eventi culturali. Il caso del festival di musica da Argano e Spadoni, analizza la genesi di un festival musicale e le sue successive evoluzioni, sulla base di un’influenza reciproca stabilita con nuove tecnologie e modalità di partecipazione mediata, per l’appunto dall’uso dei network sociali che servono anche da modello per appropriarsi di strategie di marketing non tradizionale (marketing virale e guerrilla marketing).
Tutto ciò invita ad una riflessione rispetto alle più recenti dinamiche della società contemporanea, che da un lato spingono verso apertura, integrazione e socialità allargata e mediata, tipiche delle logiche dei network sociali, e dall’altro verso la ricerca di soluzioni che pur spingendo nella stessa direzione, e prospettando sviluppi articolati e diffusi sul territorio e sul tessuto sociale, riescono con difficoltà ad integrare una realtà esistente non omologata.