Culture lies at the heart of the European project’s economic and political sphere. On the one hand, culture generates wealth; on the other, it is also a source of creativity and innovation, fostering dialogue and social cohesion, as well as the transmission of shared values. Today more than ever, Europe’s revival depends on culture. While it is certainly necessary to reinvigorate the economy, development without social cohesion risks failing in the long term. Only culture can help European citizens regain trust in the EU and rebuild a sense of belonging based on common values.
1. Introduzione
La cultura è al centro della sfera economica e politica del progetto europeo. Da un lato, la cultura produce ricchezza, con un contributo di oltre il 3% al PIL europeo e la creazione di circa sei milioni di posti di lavoro (KEA 2006). Dall’altro, la cultura è anche fonte di creatività e innovazione, che favorisce il dialogo e la coesione sociale, nonché la trasmissione di valori di interesse comune.
Oggi più che mai, la rinascita dell’Europa passa dalla cultura. È senz’altro necessario ridare nuovo slancio all’economia, ma lo sviluppo senza coesione sociale rischia di essere fallimentare nel lungo periodo. Solo la cultura può aiutare i cittadini europei a riguadagnare fiducia nell’UE e a ricostruire un senso di appartenenza fondato su valori comuni.
L’attuale revisione dei programmi europei in vista del nuovo periodo di programmazione 2014-2020 offre l’opportunità di riflettere a nuove opportunità di finanziamento per la cultura, quale risorsa in grado di mantenere in vita il progetto Europa. Al di là dei programmi interamente dedicati alla cultura (Cultura e MEDIA, adesso aggregati sotto un unico programma, Europa Creativa), esistono infatti altre fonti di supporto, in particolare i fondi della Politica di Coesione, che contano su un budget complessivo di 347 miliardi contro l’1.1 miliardi di euro dei noti programmi Cultura e MEDIA (per l’audiovisivo) per il periodo di programmazione 2007-2013. Nonostante la c.d. “Politica di Coesione” risulti sconosciuta ai più, in realtà il concetto diventa immediatamente familiare se ci si riferisce ai fondi FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) ed FSE (Fondo Sociale Europeo). Questi due fondi altro non sono se non i principali strumenti di finanziamento della politica di coesione economica e sociale dell’UE, nata per promuovere uno sviluppo equilibrato, armonioso e sostenibile della Comunità, riducendo le disuguaglianze tra le diverse regioni europee e rendendole luoghi più attraenti, innovativi e competitivi dove vivere e lavorare.
Oltre sei miliardi di euro di Fondi Strutturali sono stati allocati a progetti culturali nel periodo 2007-2013. Diversi casi studio dimostrano l’efficacia di tale spesa in termini di conservazione del patrimonio locale, ma anche di sviluppo dell’economia e miglioramento della coesione sociale o dell’immagine di città e regioni.
L’Europa si accinge ad approvare la Politica di Coesione 2014-2020 (entro la fine dell’anno), con un budget possibilmente più elevato, pari a 376 miliardi di euro(1). Tuttavia, sembra che la nuova Politica non faccia sufficientemente tesoro delle buone pratiche di questi anni e che cultura abbia un posto piuttosto marginale rispetto al periodo di programmazione ormai in fase di chiusura.
2. Obiettivi e metodologia
A partire da una serie di ricerche bigliografiche, analisi di policy document nonché una serie di interviste presso città, regioni e autorità di gestione dei Fondi Strutturali effettuate in occasione dello studio “The Use of Structural Funds for Cultural Projects” realizzato dalla società di ricerca e consulenza KEA per conto del Parlamento Europeo (KEA 2012), questo breve saggio cerca di fare il punto sui principali risultati della Politica di Coesione 2007-2013 nonché di illustrare le opportunità di finanziamento offerte dalla futura Politica di Coesione 2014-2020.
3. La Politica di Coesione 2007-2013: oltre sei miliardi di euro alla cultura
Nel periodo 2007-2013, 347 miliardi di euro sono stati in totale allocati agli Stati Membri al fine di raggiungere gli obiettivi della Politica di Coesione. Il budget include i 70 miliardi di euro del Fondo di Coesione e i 277 miliardi di euro dei Fondi Strutturali (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – FESR e Fondo Sociale Europeo – FSE). Un recente studio commissione nato dalla Commissione Europea (CSES 2010) fornisce un’analisi dell’impatto dei FS sulla cultura dal 2000 al 2013 e stima che, in totale, circa sei miliardi di euro (dei 347 totali) sono stati allocati a interventi di natura culturale, ossia circa l’1.7% del budget totale. Nonostante si tratti di una somma non indifferente, la quota di FS destinata a progetti culturali resta comunque inferiore al contributo della cultura all’economia europea (circa il 3% del PIL europeo e 6 milioni di posti di lavoro) e dunque ben al di sotto del potenziale contributo che la cultura apporterebbe all raggiungimento degli obeittivi della Politica di Coesione.
Dei sei miliardi di euro tre sono stati allocati alla protezione e conservazione del patrimonio culturale, poco più di due allo sviluppo di infrastrutture culturali, e 775 al supporto di servizi culturali (EC 2007). Tuttavia, i progetti sulle ICC, per esempio, sono stati finanziati sotto altri “capitoli di spesa” come innovazione, società dell’informazione o sviluppo di competenze. La percentuale dell’1.7% come quota dei FS investita in cultura rimane dunque certamente una sottostima(2).
Risulta comunque chiaro che il patrimonio culturale gode di un attenzione particolare nella Politica di Coesione 2007-2013 il cui obiettivo principale é quello di:
– Proteggere, promuovere, preservare e valorizzare il patrimonio culturale, anche a supporto del turismo sostenibile;
– Sviluppare le infrastrutture culturali;
– Migliorare l’offerta di servizi culturali attraverso nuovi servizi a forte valore aggiunto;
– Incoraggiare lo spirito di impresa in ambito culturale;
– Favorire la protezione e gestione congiunta delle risorse/infrastrutture culturali(3).
Manca, tuttavia, un riferimento più ampio alla cultura, che prenda per esempio in considerazione la sua capacità di stimolare nuove forme di innovazione (non tecnologica) nonché la coesione sociale, la rigenerazione urbana, l’attrattività dei territori o, ancora, un’economia verde, nel rispetto dell’ambiente.
Questa “mancanza”, però, non ha frenato città, regioni e Stati membri nell’avviare progetti altamente innovativi, a favore di un concetto di cultura pienamente integrato nelle politiche di sviluppo economico e innovazione.
È il caso, per esempio, della città di Nantes Métropole, che ha investito circa 54 milioni di fondi FESR per il rinnovamento di un’intera area industriale della città, completamente abbandonata e ricca di edifici inutilizzati. Grazia all’azione di artisti e architetti, l’area è stata interamente ripresa e adesso accoglie l’ormai noto “Quartier de la Création”, che accoglie scuole d’arte, imprese creative e relativi servizi di accompagnamento, e spazi dedicati alla creazione artistica, mostre e spettacoli. Nantes, da città di passaggio si è trasformata in destinazione turistica, con un numero di visitatori che è passato da 140.000 nel 2006 a 220.000 nel 2011.
Berlino ha utilizzato in maniera consistente i fondi strutturali (circa 50 milioni di euro per investimenti direttamenti legati al patrimonio culturale e 1.2 miliardi di euro in totale, per esempio per interventi destinari alle industrie culturali e creative – ICC(4) ) per finanziare diverse azioni a sostengo della cultura e della creatività. Cio che contraddistingue Berlino è la volontà di fare della cultura elemento di differenziazione della propria strategia di sviluppo economico Berlino “Zukunft”, i cui assi strategici sono appunto le ICC e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). La Banca di Investimento di Berlino ha inoltre creato un Fondo di Investimento per le ICC, finanziato al 50% fa fondi FESR.
Esempi interessanti sono presenti anche in piccole città come Arnhem, piccola cittadina dell’Olanda di circa 150.000 abitanti. Arnhem ha rinnovato un piccolo quartiere periferico, oggi diventato vero e proprio “fashion quarter”. Il quartiere accoglie un incubatore di imprese creative che lavora a stretto contatto con l’università locale di fashion design al fine di attirare ma soprattutto i trattenere i giovani talenti che arrivano grazie a un’offerta di formazione in fashion design di alta qualità. Il quartiere oggi ospita boutiques ma anche bar e ristoranti che ne hanno redinamizzato la vita economia e sociale.
A livello nazionale, la Danimarca ha lanciato un innovativo programma di sostegno agli “artisti in impresa” (Kunstgreb). Gli artisti sviluppano insieme alle imprese un progetto avente per obiettivo la realizzazione di nuovi prodotti o servizi o la creazione di nuovi ambienti/metodi di lavoro. Kunstgreb, da un lato, offre nuove opportunità di impiego per gli artisti e, dall’altro, offre alle imprese la possibilità di esplorare nuove forme di creatività e innovazione.
Infine, diversi sono i progetti di cooperazione territoriale che hanno promosso un nuovo approccio alla cultura. Tra questi, il progetto URBACT(5) Creative SpIN avente l’obiettivo di identificare nuovi metodi e strumenti in grado di stimolare i c.d. “creative spillovers”, ossia il trasferimento di idee e competenze dal settore delle ICC a settori “tradizionali” come il manifatturiero, il turismo, l’industria del cibo, TIC e scuola/formazione.
4. Accesso ai fondi: prinicipali criticità
Nonostante la cultura abbia beneficiato in maniera considerevole dei Fondi Strutturali, i sei miliardi di euro restano pur sempre una modesta cifra rispetto al budget totale della Politica di Coesione. In effetti, una serie di criticità rendono problematico l’accesso ai Fondi Strutturali.
A livello europeo, il modo in cui la “cultura” viene inserita nella Politica di Coesione ha un impatto diretto sul budget allocato ai vari progetti a livello nazionale e regionale. Per molte delle persone consultate, è necessario che la cultura venga inserita nei regolamenti in maniera chiara e nella sua più ampia accezione in modo da incoraggiare Stati membri e regioni (che dovranno poi preparare rispettivamente dei “programmi attuativi”) ad allocare un budget sufficiente a sfruttare appieno il potenziale economico e sociale della cultura.
A livello nazionale e regionale, esiste il medesimo problema. Ossia, i documenti che “traducono” la Politica di Coesione in priorità di investimento nazionale e regionale (Quadro Strategico Nazionale e Programma Operativo) devono chiaramente identificare la cultura tra le priorità di investimento per garantire al settore un adeguato accesso ai Fondi Strutturali. Tuttavia, nella pratica questi documenti vengono preparati dai ministeri/assessorati all’economia e gli attori culturali vengono raramente consultati o, soprattutto in passato, non sono pienamente consapevoli delle opportunità che la Politica di Coesione offre al settore. Tale consapevolezza è cresciuta negli anni e il settore culturale cosi come i dipartimenti e assessorati competenti hanno iniziato a mobilitarsi per assicurarsi che la cultura venga inserita tra le priorità di investimento dei Fondi Strutturali.
5. La Politica di Coesione 2014-2020: cultura, la grande assente?
Nonostante l’approccio innovativo di diversi progetti europei e il loro contributo allo sviluppo economico e di immagine di numerosi territori, la nuova Politica di Coesione è meno ambiziosa delle aspettive.
A differenza del periodo 2007-2013, la nuova programmazione individua 11 priorità tematiche di investimento allienate alla nuova strategia di sviluppo economico UE 2020 adottata nel 2010 che mira a una crescita europea intelligente (basata sull’innovazione), sostenibile (rispettosa dell’ambiente) e solidale (che favorisca la coesione sociale).
Come possiamo vedere nella tabella seguente, la cultura non rientra tra queste priorità tematiche. L’unico accenno compare nel regolamento del fondo FESR. Tuttavia, oggetto di attenzione è nuovamente il patrimonio culturale, senza che nessun chiaro riferimento al settore culturale e creativo o all’innovazione “culturale”/“non tecnologica”.
Tuttavia, questo non significa che la Politica di Coesione resti preclusa al settore culturale. Anzi. Oggi più che mai gli operatori culturali devono cogliere l’opportunità e la sfida di avviare progetti culturali in grado di contribuire agli obiettivi europei di innovazione, sviluppo sostenibile e coesione sociale per il rilancio del progetto europeo.
Come mostra l’esperienza di questi anni, diversi progetti possono essere avviati, almeno in relazione alle seguenti priorità tematiche:
– Miglioramento dell’accessibilità e qualità delle TIC (1) tramite progetti di digitalizzazione, distribuzione e accesso a contenuti culturali;
– Migliorare la competitività della PMI (3), per esempio tramite la creazione di incubatori di impresa, fondi di investimento o innovation voucher per il settore culturale e creativo che, per altro, è per oltre il 90% costituito da PMI;
– Promozione dell’ambiente (6) tramite progetti di recupero e valorizzazione del patrimonio culturale e urbano o anche tramite progetti di turismo sostenibile nel rispetto del patrimonio e dell’ambiente;
– Promozione dell’impiego e della mobilità (8) tramite progetti di mobilità artistica ma anche tramite progetti innovativi che vedono gli artisti collaborare con le aziende per introdurre nuove forme di innovazione ma anche per offrire agli artisti delle nuove e innovative forme di impiego;
– Investimento nella formazione e competenze (10) tramite la collaborazione di artisti sia con scuole che con aziende per incoraggiare la creatività in maniera trasversale in diversi ambiti della vita.
Tra l’altro, nel 2010 la Commissione ha lanciato un nuovo concetto, quello di Strategia di Specializzazione Intelligente, invitando le regioni europee a investire nel settore delle ICC qualora un chiaro potenziale di sviluppo venisse identificato (Smart Specialisation Platform 2012). Parte dei Fondi Strutturali saranno allocati alle regioni solo a patto che queste Strategie siano state adottate. Le regioni possono quindi garantire parte dei Fondi Strutturali al settore inserendo le ICC all’interno di tali piani strategici.
6. Rimettere la cultura al centro del progetto europeo
Perché alla cultura venga riservato un’adeguato ruolo nel processo di sviluppo e crescita dell’Europa, occorre ripartire dal concetto stesso di cultura. La cultura è un concetto trasversale come quello di “ambiente”, difficilmente ascrivibile a un’unica definizione e capace di contribuire a una crescita sostenibile. La cultura è infatti fonte di memoria e identità da preservare, ma è anche una fonte di nuove idee da alimentare e stimolare a beneficio dell’economia della conoscenza.
La cultura deve dunque diventare parte integrante delle strategie di sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo, in quanto in grado di contribuire a nuove professionalità e nuove forme di impresa (si veda Kunstgreb), immagine e attratività dei territori (Nantes), crescita nel rispetto dell’ambiente e a favore dell’integrazione sociale (Arnhem e la ripresa di un quartiere periferico grazie all’avvio di attività economiche che attraggono professionisti e acquirenti finali di prodotti di moda).
Se l’Europa non ha saputo pienamente integrare il potenziale della cultura nella nuova Politica di Coesione, la partita resta ancora aperta a livello nazionale e regionale, almeno fino alla fine dell’anno. Stati Membri e regioni possono infatti meglio integrare la culturale nei programmi nazionali e regionali indicando chiaramente le azioni finanziabili in ambito culturale sotto le diverse priorità tematiche o nell’ambito della Strategia di Specializzazione Intelligente regionale. Perché questo accada pero, è necessario che assessorati e ministeri competenti si mobilitino e influenzino il negoziato Stato-UE, per la più parte gestito dai ministeri e assessorati economici. La partita non é ancora persa, ma resta ancora ancora poco tempo per giocare.
Note
(1) La Commissione ha proposto un budget complessivo pari a 376 miliardi di euro. Il nuovo budget europeo 2014-2020 ha però recentemnete registrato un voto negativo da parte del Consiglio dei Ministri, per cui una nuova negoziozione é adesso in corso. Il budget della nuova Politica di Coesione non é quindi al momento confermato.
(2) Alcuni paesi hanno cercato di stimare l’uso dei FS per investimenti che andassero al di là dei “beni culturali”, “infrastrutture culturali” e “servizi culturali”. I risultati sono notevoli. In Finlandia, per esempio, circa un terzo dei progetti finanziati dal FS (114) riguardano l’economia creativa e l’imprenditorialità culturale. Seguono i progetti di turismo culturale (83) e altri progetti culturali (53). I progetti sul “benessere culturale” ammontano a 32. L’economia creativa e l’imprenditorialità culturale costituiscono anche il più grande gruppo tematico in termini di bilancio allocato (quasi 62 milioni di euro) (OMC 2012). In Austria, i progetti su arte, cultura e industrie creative ricevono un budget pari al 5,71% del totale di 1.38 miliardi di euro di fondi allocati ai programmi regionali europei in Austria per il periodo 2007-2010. Soltanto il 3,15% di questi fondi (pari a circa 43,5 milioni di euro) é allocato a progetti sulle ICC (Lungstraß A. et al 2011.). Tuttavia, non ci sono dati, al momento, che riescano a fornire un quadro completo dei SF complessivamente spesi per la cultura e le industrie creative a livello europeo.
(3) La lista è una rielaborazione sintetica delle priorità di investimento definite dal regolamento FESR 2007-2013.
(4) Per industrie culturali e creative si intendono: le “core arts”, ossia le arti visive, patrimonio culturali, artigianato e arti dello spettacolo; le industrie culturali, ossia l’audiovisivo, musica, editoria, cinema e video giochi; e le industrie creative, ossia il design, la moda, l’architettura e la pubblicità (KEA 2006).
(5) URBACT è un programma di scambio che mira a sostenere e promuovere lo sviluppo urbano sostenibile.
Bibliografia
Centre for Strategy & Evaluation Services (CSES). (2010). Study on the Contribution of Culture to Local and Regional Development – Evidence from Structural Funds. UK
European Commission. (2007), Cohesion Policy 2007-2013: Culture. Brussels
KEA. (2012). The Use of Structural Funds for Cultural Projects – Prepared for the European Parliament. Bruxelles
KEA. (2006). The Economy of Culture in Europe – Prepared for the European Commission, DG EAC. Bruxelles
Lungstraß A., Ratzenböck V., Xenia K. . (2011). Der Kreativ-Motor für regionale Entwicklung. Kunst- und Kulturprojekte und die EU-Strukturförderung in Österreich. Herausgeberin / Publisher / Editeur: österreichische kulturdokumentation. internationales archiv für kulturanalysen. Wien / Vienna / Vienne 2011. A study commissioned by the Federal Ministry for Education, Arts and Culture
OMC group (2012), POLICY HANDBOOK ON How to strategically use the EU support programmes, including Structural Funds, to foster the potential of culture for local, regional and national development and the spill-over effects on the wider economy?. Brussels
Smart Specialisation Platform. (2012). Guide to Research and Innovation strategies for Smart Specialisation (RIS3). Bruxelles