La crisi dei giornali e del giornalismo è un tema che continua a suscitare interesse per le sue strette connessioni con il diritto di essere informati e la tutela della democrazia. Paolo Costa, docente del corso di laurea in Comunicazione Interculturale e Multimediale presso l’Università di Pavia, nel suo ultimo libro delinea i cambiamenti in atto nel settore della carta stampata, offrendo un punto di vista altro rispetto alle tesi oggi dominanti che vedono nell’avvento di Internet e delle nuove tecnologie la principale causa dell’imminente morte dei giornali.
L’autore, che definisce la notizia “smarrita”, non solo perché è diventata sempre più difficile da riconoscere in contesti saturi di informazioni, ma anche perché è la notizia stessa ad essere disorientata avendo perso parte del suo bagaglio identitario, invita a prendere coscienza del fatto che il giornalismo, oggi, deve confrontarsi con un nuovo “ecosistema” dell’informazione, basato su una struttura reticolare, che non consente di attuare una netta distinzione dei ruoli tra giornalista, fonte e opinione pubblica come avveniva in passato.
La crisi del giornalismo lungi dall’essere un portato di Internet e dei new media risulta essere un fenomeno presente già da molto tempo, che interessa soprattutto i paesi occidentali economicamente avanzati. Se è vero, infatti, che dal 2003 al 2007 la diffusione dei giornali in Europa e Stati Uniti ha subito un calo rilevante, è altresì vero che il numero delle testate giornalistiche è cresciuto in Asia, Africa, Oceania e Sud America, delegando ai paesi emergenti – quali India, Russia e Cina -, la crescita del settore della carta stampata.
Secondo la tesi esposta nel libro, il modello ideale di giornalismo viene messo in crisi nel momento in cui i mezzi di comunicazione diventano mezzi di comunicazione di massa, con l’affermarsi di un sistema industriale dipendente in maniera crescente dai ricavi pubblicitari e dall’audience. Il modello libertario proposto da Fred Siebert, Theodore Peterson e Wilbur Schramm, che affida alla stampa l’importante ruolo di contribuire alla formazione di una coscienza cittadina, è quello che nell’immaginario collettivo meglio descrive la funzione svolta dai giornali nella società. Tale modello per poter esistere necessita, tuttavia, di un pluralismo diffuso in cui tante piccole imprese rappresentano differenti punti di vista ed i lettori sono liberi di scegliere tra un’offerta vasta e variegata. Quando tale condizione scompare, il controllo dell’informazione passa nelle mani di pochi grandi gruppi industriali mettendo in crisi il paradigma libertario ed il compito che siamo soliti attribuire alla professione giornalistica.
L’ascesa dei grandi gruppi editoriali ha conosciuto un’accelerazione negli ultimi trent’anni, ponendo il mondo dei giornali e del giornalismo di fronte a sei grandi sfide, che Paolo Costa individua nel “restringimento del pluralismo informativo”, nella “precarizzazione del ruolo”, nella “messa in discussione della terzietà”, intesa come la capacità di rimanere neutrali sia nei confronti delle fonti che dei destinatari finali della notizia, nella “perdita di ruolo nella costruzione della conoscenza”, nell’intensità del “new cycle”, ossia del tempo che intercorre tra la pubblicazione di una notizia e quella successiva, strettamente dipendente dal mezzo di informazione utilizzato, e nella “dittatura dell’immagine”, che ha reso superfluo il ricorso alla parola scritta.
Tracciando possibili scenari di sviluppo, Paolo Costa offre anche un’attenta disamina dei modelli di business oggi prevalenti e delle nuove tipologie di giornalismo, con l’intento di contribuire alla creazione di un’adeguata strumentazione critica, che dia al lettore la possibilità di continuare ad essere parte attiva nella vita civile.
La notizia smarrita
Modelli di giornalismo in trasformazione e cultura digitale
Paolo Costa
G. Giappichelli Editore, Torino, 2010
Euro 22,00