La rivoluzione copernicana che aspettiamo da tempo

Mi fa piacere constatare che esistono giovani ricercatori che lavorano quotidianamente senza avere paura degli errori o dei limiti in cui necessariamente può incorrere chi si applica a tale attività e che questa costatazione mi ha generato una speranza. La speranza che, come è accaduto del tutto inaspettatamente nel Nord Africa quest’anno, anche da noi possa prima o poi avvenire una nuova rivoluzione copernicana, una “primavera della cultura”, in cui venga invertita la prospettiva dominante e la cultura venga finalmente riconosciuta come carburante e motore essenziale della nostra economia del futuro. Su questo fronte c’è ancora tutto fare. Basta analizzare il Piano Nazionale di Riforma (PNR), documento programmatico che è parte integrante del Documento di Economia e Finanza (DEF) nazionale, redatto secondo i format richiesti dall’Unione Europea, per rendersi conto di come l’ambito della cultura sia del tutto assente dall’orizzonte dei nostri governanti, secondo la prospettiva appena evocata. Io credo, invece, che, se si vogliono effettivamente raggiungere gli obiettivi indicati in tali documenti, sia necessario un rinnovamento sostanziale, condiviso da parte dei cittadini, che è in primo luogo una consapevolezza di ordine culturale delle sfide imposte dall’economia mondiale e nazionale.

Tafter Journal offre in questo numero due contributi che ripropongono con chiarezza temi rilevanti e attuali sui quali è importante mantenere alta l’attenzione.
Anche se, per l’articolo sull’occupazione culturale, trovo azzardata la scelta di prendere come unità di misura e comparazione la quantità di siti italiani iscritti nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco, numero che deriva unicamente dalla solerzia di coloro che in questi decenni hanno avuto la possibilità e la volontà di predisporre i dossier, trovo originale l’approccio e necessario che ci venga ricordato il problema.
Per l’articolo che tratta la necessità di porre attenzione ai nuovi pubblici e alla valorizzazione del patrimonio culturale, intesa anche come sostegno alla creatività, mi sarei aspettato una maggiore elaborazione da parte dell’autrice, ma penso che sia un buon esercizio compilativo, che riprende e sintetizza giustamente argomentazioni del tutto condivisibili, di eminenti studiosi che hanno analizzato negli ultimi anni le esigenze espresse dalla domanda nuova e inespressa.
Mi fa piacere constatare che esistono giovani ricercatori che lavorano quotidianamente senza avere paura degli errori o dei limiti in cui necessariamente può incorrere chi si applica a tale attività e che questa costatazione mi ha generato una speranza. La speranza che, come è accaduto del tutto inaspettatamente nel Nord Africa quest’anno, anche da noi possa prima o poi avvenire una nuova rivoluzione copernicana, una “primavera della cultura”, in cui venga invertita la prospettiva dominante e la cultura venga finalmente riconosciuta come carburante e motore essenziale della nostra economia del futuro. Su questo fronte c’è ancora tutto fare. Basta analizzare il Piano Nazionale di Riforma (PNR), documento programmatico che è parte integrante del Documento di Economia e Finanza (DEF) nazionale, redatto secondo i format richiesti dall’Unione Europea [http://www.mef.gov.it/primo-piano/primo-piano.asp?ppid=26691], per rendersi conto di come l’ambito della cultura sia del tutto assente dall’orizzonte dei nostri governanti, secondo la prospettiva appena evocata. Io credo, invece, che, se si vogliono effettivamente raggiungere gli obiettivi indicati in tali documenti, sia necessario un rinnovamento sostanziale, condiviso da parte dei cittadini, che è in primo luogo una consapevolezza di ordine culturale delle sfide imposte dall’economia mondiale e nazionale.
La rivoluzione copernicana è indispensabile per renderci conto che, ubriacati dal benessere materiale, ci siamo dimenticati (o non abbiamo mai appreso) le regole indispensabili per generare un benessere collettivo. E, soprattutto, siamo sordi (o facciamo finta di esserlo) rispetto al richiamo dei nostri doveri riguardo a quella fetta di umanità, percentualmente assai più numerosa di noi, che manca ancora del necessario o vive in condizioni di grave degrado materiale, politico o sociale.
Per tornare ai temi di questo numero del giornale, il lavoro, per chi è preparato e motivato a fornire la propria opera nel settore culturale, così come anche la risposta da fornire ai nuovi pubblici della cultura diventano nodi strategici per la realizzazione di questa “rivolta dei mandolini” (come potrebbe essere definita, per assonanza a quella “dei gelsomini”). Solo una rivolta generata dal “basso”, ma con lo sguardo rivolto verso l’alto permetterebbe al nostro Paese di voltare pacificamente ed efficacemente pagina e di prosperare nella realizzazione di una società capace di identificare i problemi essenziali e di affrontarli e risolverli per il bene comune. Grazie, dunque, a Riccardo Dalla Torre e a Silvia Ghirelli, che, pur con i limiti che ho detto, mi fanno ben sperare sulle nuove generazioni, in quanto sembrano aver chiare le priorità e le azioni essenziali per migliorare questo nostro contradditorio Paese. Quello che noi possiamo fare per loro è, tutt’al più, aiutarli maieuticamente a perfezionare le metodologie di analisi o ad avere fiducia nell’elaborare e proporre le proprie opinioni. Per il resto, lavoriamo tutti insieme a che questa inversione accada il prima possibile.