1. Premessa
Nel presente articolo si propone una sintesi dei risultati di una ricerca svolta sulle Fondazioni liriche italiane allo scopo di definire un modello di analisi delle performance che, sull’evidenza dei principali “sintomi” delle condizioni gestionali di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale, possa rivelarsi uno strumento utile alla governance per l’individuazione di efficaci linee strategiche1.
L’esigenza di implementare strumenti aziendali per la gestione delle Fondazioni liriche nasce dall’inter¬pretazione della loro stessa natura: sorte dalla privatizzazione degli enti lirici2 , esse sono state proposte come strumento innovativo di gestione del teatro lirico per la conservazione e la promozione del patrimonio culturale loro affidato – di innegabile ed inestimabile valore – nonché per il coinvolgimento del territorio, mediante la partecipazione diretta di soci privati sia nel finanziamento sia nella governance, pur a determinate condizioni. Inoltre, le “nuove” Fondazioni liriche si dovranno gradualmente imporre sul mercato culturale nazionale ed internazionale, proponendo prodotti di elevata qualità, apprezzabili tanto da altre istituzioni culturali quando da un pubblico eterogeneo, sempre più esigente ed in tendenziale crescita.
Di fatto, la direzione tracciata dal Legislatore con la costituzione delle Fondazioni – confermata dalle linee politiche in tema di finanziamento delle istituzioni culturali – è quella di una progressiva conquista di spazi di autonomia da parte degli enti gestori rispetto alle risorse pubbliche.
2. Gli aspetti critici della gestione delle Fondazioni liriche
La gestione delle Fondazioni liriche si presenta particolarmente complessa, in quanto tesa a sintetizzare la naturale socialità dell’attività artistico-culturale – alla quale vengono affidati numerosi obiettivi di promozione e diffusione della cultura musicale3 – con i vincoli di economicità aziendale. Tale complessità, dopo poco più di un decennio di attività delle Fondazioni liriche, ha condotto ad un sistema di valori di bilancio dal quale si possono evincere alcune delle peculiari problematiche che, conducendo a condizioni gestionali, in alcuni casi, delicate ed incerte, pongono a rischio la continuità operativa. In particolare, l’analisi empirica svolta ha dimostrato due principali aree di criticità: una relativa alla struttura patrimoniale e finanziaria e l’altra connessa alla scarsa redditività dell’attività tipica ed alla conseguente dipendenza dal finanziamento pubblico.
Per quanto concerne il primo profilo di criticità, l’attenzione deve concentrarsi, prevalentemente, sulla capacità del patrimonio netto di garantire una copertura stabile e durevole per le immobilizzazioni iscritte nell’attivo, con particolare riferimento al “diritto illimitato all’uso degli immobili” – di proprietà pubblica – sede principale dell’attività artistica della Fondazione4 . Per questi valori, entrati nel patrimonio della Fondazione all’atto della sua nascita, dovrebbe essere costituita una riserva patrimoniale indisponibile, la cui entità permanga immutabile nel tempo, se non in occasione di accadimenti straordinari che portino alla svalutazione della suddetta posta dell’attivo, ordinariamente non ammortizzabile.
Ad evidenza della centralità del sistema di valori in oggetto nell’ambito della gestione delle Fondazioni liriche vi è la stessa rilevanza quantitativa delle posta immateriale in oggetto; nella tabella sotto riportata viene evidenziato il peso relativo che il diritto d’uso illimitato aveva sul totale dell’attivo e sul totale dell’attivo immobilizzato al 31 dicembre 2006.
Tabella 1. Peso relativo del diritto d’uso al 31.12.2006
Nel caso in cui le Fondazioni abbiano effettivamente costituito e preservato nel tempo una riserva di patrimonio netto indisponibile in correlazione al valore iscritto tra le poste dell’attivo, appare evidente che le due voci si “elidono” nel valore e nel significato, costituendo la reciproca controparte.
Tuttavia, questa correlazione non è adeguatamente preservata in tutte le Fondazioni liriche, in quanto alcune non hanno un patrimonio netto di entità sufficiente a controbilanciare il valore dell’attività immateriale in oggetto; ciò, si noti, prescinde dalle modalità di rappresentazione delle parti ideali, poiché il problema riguarda l’entità totale del patrimonio netto: in altri termini, sussistono casi in cui, pur avendo formalmente costituito una riserva indisponibile, le altre parti ideali del capitale netto risultano negative a causa del progressivo accumulo di perdite d’esercizio, erodendo, di fatto, la stessa riserva5.
Tali considerazioni possono essere, forse, meglio poste in evidenza esaminando in serie storica la correlazione tra il valore dell’immobilizzazione immateriale e l’entità complessiva del patrimonio netto. Si noti che su tale relazione influiscono diversi fattori, tra i quali rivestono particolare importanza la capacità di produrre e capitalizzare utili d’esercizio e l’attitudine ad attrarre nuovi finanziamenti in conto patrimonio.
Tabella 2. Peso percentuale del diritto d’uso degli immobili sul totale patrimonio netto
Nei casi in cui il valore della riserva indisponibile sopravanza il totale del patrimonio netto, si produce la paradossale situazione per cui quest’ultimo ha, di fatto, valore negativo, in quanto – elidendo il valore della riserva con il valore dell’immobilizzazione immateriale “diritto d’uso degli immobili” – le parti ideali negative del capitale netto sopravanzano quelle positive.
Ciò porta, dunque, al primo dei fattori di particolare criticità nella gestione delle Fondazioni liriche: la necessità di ripristinare e rafforzare la relazione – soprattutto in termini qualitativi e temporali – tra impieghi di capitale e relative fonti, così da permettere alla governance di operare autonomamente per lo sviluppo dell’attività, piuttosto che ricercare incessantemente equilibri precari e di breve termine. Infatti, la mancanza di un’equilibrata copertura finanziaria degli impieghi può condurre all’impossibilità di effettuare ulteriori investimenti strategici, se non a vere e proprie crisi di liquidità che minacciano anche la capacità di investire in fattori produttivi correnti.
La seconda problematica è, invece, di carattere prettamente economico e riguarda la scarsa redditività dell’attività tipica7 ; infatti, osservando la composizione dei ricavi delle Fondazioni liriche si nota immediatamente una netta prevalenza dei contributi ricevuti e, tra essi, di quelli statali provenienti dal Fondo Unico per lo Spettacolo. A tale riguardo, i dati riportati nella tabella seguente mettono in luce il peso relativo dei contributi in conto esercizio nell’ambito del valore della produzione ottenuta nei quinquennio 2002-2006.
Tabella 3. Peso relativo dei contributi in conto esercizio sul totale dell’aggregato “Valore della produzione ottenuta”
Com’è agevole notare, nella gran parte dei casi, i contributi in conto esercizio costituiscono la primaria fonte di ricavi, fino a raggiungere livelli quasi totalitari, che relegano i ricavi derivanti dalla gestione tipica in posizione del tutto marginale; questa prima osservazione induce a ritenere piuttosto critica la capacità delle Fondazioni liriche di cedere a titolo oneroso la propria produzione sia agli spettatori individuali – bacino di utenza che può essere sicuramente ampliato, ma che denota ovvi limiti dimensionali, legati alla capienza dei teatri ed alla numerosità massima di serate di spettacolo – sia ad altri clienti istituzionali, quali altri teatri italiani ed esteri, case discografiche, emittenti radiotelevisive, sponsor, ecc.
Inoltre, se si entra nello specifico della composizione qualitativa dei contributi, si può notare che le Fondazioni liriche trovano evidenti limiti anche nella capacità di reperire contributi presso soggetti terzi rispetto ai fondatori istituzionali8 e, ancor meno, privati. Esaminando, a titolo meramente esemplificativo il 2006 si può notare come solo nel caso della Fondazione del Teatro alla Scala di Milano i contributi da soggetti privati superino la soglia del 30% rispetto al totale dei contributi, mentre nella maggior parte dei casi non superino il 10-12%9.
Tabella 4. Composizione percentuale contributi in conto esercizio sulla base del soggetto erogatore (bilancio di esercizio 31 dicembre 2006)
Tali dati mettono in risalto come, allo stato attuale, appaia sfocato uno degli obiettivi propri dello strumento “Fondazioni liriche”, ovverosia l’attrazione in partnership di soggetti privati e, soprattutto, imprenditoriali nel sostegno delle attività culturali; la mancanza di tali partecipazioni, che nelle singole fattispecie può avere cause specifiche, denota una generale incapacità delle Fondazioni di svincolarsi dalla loro primigenia natura di ente pubblico, nonostante la forma giuridica e la struttura organizzativa privatistica ad esse conferita dopo la riforma del 1996.
Tale breve quadro relativo alle condizioni economiche delle Fondazioni viene aggravato dall’analisi dei risultati reddituali nel quinquennio di riferimento che, nella quasi totalità dei casi, segna un andamento negativo, sia considerato il loro valore assoluto di conto economico, sia considerando la variazione del patrimonio netto10 . In effetti, anche le cronache riportano alcuni casi clamorosi di commissariamento da parte del Ministero dei Beni Culturali, conseguenti proprio alla rilevazione di risultati economici gravemente negativi.
Inoltre, va notato che l’evidenza in bilancio di risultati economici negativi, nonostante l’ingente presenza di contributi in conto esercizio, palesa la cronica incapacità dei ricavi di vendita delle prestazioni artistiche di coprire i costi, fossero anche i soli costi variabili, cioè direttamente connessi alle produzioni artistiche. Infatti, seppure le Fondazioni liriche hanno dovuto ereditare dalle gestioni dei preesistenti enti lirici strutture di costo piuttosto rigide – connesse, in particolar modo, agli oneri da lavoro dipendente – esse, nella maggior parte dei casi, non si sono palesate in grado di correlare ai ricavi nemmeno i costi variabili connessi alle produzioni artistiche. I sintomi delle difficili condizioni economiche già desumibili dalla lettura dei prospetti di bilancio, dunque, pongono l’accento sulla necessità di monitorare in modo diretto e specifico i fattori gestionali che conducono a tali insoddisfacenti performance, affinché su di essi possano essere studiate ed implementate efficaci politiche aziendali di risanamento e rafforzamento.
3. Le dimensioni rilevanti per l’analisi delle performance
Le criticità sopra esposte non costituiscono singole problematiche alle quali è possibile dare soluzioni puntuali, rappresentando, piuttosto, condizioni strutturali che necessitano di un ripensamento sistemico delle dinamiche gestionali. Uno strumento utile alla governance per compiere tale processo di rifocalizzazione sulle dimensioni economica, finanziaria e patrimoniale della gestione è rappresentato da un sistema di indicatori di performance.
Nella formulazione del modello si è seguito un percorso circolare che, partendo dalle evidenze della gestione, è giunto ad un sintetico e compiuto set di indicatori non fine a se stesso, ma finalizzato ad orientare il processo decisionale di cui raccoglierà nuovamente le risultanze, dando vita così ad un nuovo circuito. La circolarità dell’analisi fa sì che l’implementazione “a cascata” del modello permetta non solo di valutare lo status quo della gestione, ma anche il suo sviluppo temporale, la qualità dei processi di “command and control” e – non ultima – la stessa efficacia cognitiva del modello di analisi.
Il modello è teso a catturare – in stretta coordinazione sistematica – le condizioni di efficienza e di efficacia della gestione; in particolare, esso è strutturato per cogliere tre sotto-dimensioni di efficienza, intesa quale capacità di correlare le risorse in input con le risorse in output; l’ottimizza¬zione di tale rapporto può essere apprezzata, indifferentemente, come minimizzazione delle risorse necessarie per ottenere un dato obiettivo, ovvero come massimizzazione del risultato raggiunto avendo a disposizione risorse predeterminate.
La prima dimensione di efficienza – definibile come efficienza gestionale – riguarda il razionale utilizzo dei fattori impiegati, in ordine alla loro produttività, ma anche in ragione alla loro onerosità; a tale riguardo, sono stati messi a punto indicatori specifici11 per verificare l’efficiente ricorso ai fattori produttivi di natura prettamente artistica. Ad esempio, sono utilmente determinabili indicatori relativi all’onerosità media della produzione artistica, rapportando i costi specifici al numero delle produzioni realizzate, alle serate ovvero ai ricavi di vendita dei titoli di accesso alle rappresentazioni.
In secondo luogo, si analizza l’idoneità della struttura patrimoniale a supportare i piani gestionali di sopravvivenza e sviluppo e, dunque, la stabilità e la solvibilità delle Fondazioni liriche, che permetta loro di stabilire durevoli rapporti con soggetti, pubblici e privati, operanti nel settore, di procurarsi i fattori produttivi – soprattutto quelli altamente qualificati artisticamente – e di esprimere fondate prospettive di continuità per l’attività. A tal fine, sono determinabili indici specifici inerenti, ad esempio, la composizione temporale delle fonti di finanziamento, apprezzata dal rapporto tra fonti di finanziamento a medio-lungo periodo e totale della copertura finanziaria.
Infine, la terza e non meno importante dimensione dell’efficienza riguarda la capacità delle Fondazioni di produrre valore mediante la propria attività artistica, assumendo risorse sia mediante il disinvestimento dei servizi allestiti sia con avvedute ed efficaci politiche di fundraising sia nel privato che nel pubblico. In merito, sono diversi gli indici determinabili, quali, ad esempio, quelli mirati a misure l’impatto dei contributi in conto esercizio sul totale dei ricavi o l’incidenza sociale della produzione artistica, determinata quale complemento all’unità del rapporto tra ricavi di vendita di biglietti ed abbonamenti ed onerosità della produzione artistica.
A tale primo aspetto dell’indagine, tuttavia, va aggregata un’analisi dell’efficacia gestionale, intesa come capacità delle Fondazioni liriche di perseguire nel tempo le proprie finalità istituzionali e di proporsi come autonome protagoniste del mercato culturale; a tale riguardo, l’analisi non si propone, però, di misurare la qualità artistica della produzione, in quanto tali dimensioni sono apprezzabili solo soggettivamente e, forse, sono incommensurabili. Diversamente, il sistema di indicatori è teso a cogliere l’attitudine delle Fondazioni liriche a raggiungere quegli obiettivi che sono riconoscibili nella loro specifica natura di aziende non profit ad alta vocazione sociale. Infatti, le dimensioni di efficacia indagate sono:
– il potenziamento aziendale, ovverosia l’attitudine di rafforzare la struttura erogativa e realizzare effettive condizioni di sviluppo dell’attività, soprattutto mediante il rafforzamento della capacità di compiere investimenti strategici;
– la capacità di attrazione in partnership, collegata al già citato obiettivo di coinvolgere soggetti privati e pubblici – diversi dai fondatori originari – nel finanziamento dell’attività delle Fondazioni liriche;
– la qualità teorica della produzione artistica, intesa come attitudine a soddisfare le aspettative sociali e di produrre spettacoli che incontrano il favore del pubblico.
Il sistema, dunque, è composto da indicatori sintetici di tipo quantitativo – in metro monetario e non – basati su informazioni e dati desumibili dalle rilevazioni ordinarie tenute dalle Fondazioni liriche.
Va ribadito che un modello così strutturato dev’essere inteso in modo unitario, in quanto tra i diversi aspetti indagati sussiste un forte legame di “concausa ad effetto molteplice”, tipico dei sistemi aziendali complessi; anche le azioni di governo devono, perciò, essere sistemiche, ovverosia considerare la multidimensionalità dei loro effetti. Ad esempio, un’azione tesa al riequilibrio economico tra ricavi e costi non potrà ignorare il potenziale effetto sull’efficacia sociale dell’attività; d’altra parte, ogni iniziativa tesa specificamente a rispondere agli obiettivi sociali – come, ad esempio, politiche tariffarie particolarmente favorevoli – dev’esser attentamente calibrata rispetto alle potenziali conseguenze sull’equilibrio economico.
In conclusione, è doveroso mettere in luce che la misurazione delle performance all’interno di un processo di pianificazione e controllo per quanto estremamente utile, non si sostituisce ovviamente alla normale programmazione artistica, in cui le Fondazioni liriche italiane hanno esperienza e competenza primarie in campo internazionale; diversamente, tale cultura “aziendale” che si vuole riversare sulle Fondazioni liriche – così come, in generale, in tutta la realtà non profit –deve affiancarsi alle dinamiche decisionali già consolidate, allo scopo di sostenerle e rafforzarle, garantendo continuità ed autonomia all’attivi¬tà istituzionale, affinché essa possa crescere quantitativamente e, soprattutto, qualitativamente.
Note:
1 Le risultanze complete della ricerca sono riportate nel recente lavoro Giorgio Mion, Le Fondazioni Liriche. Modelli teorici ed analisi empirica, Giappichelli, Torino, 2008.
2 La trasformazione dei 13 enti lirici di rilevanza nazionale in Fondazioni liriche avviene in forza del D. Lgs. 367/96; originariamente, le Fondazioni costituite erano: Accademia Nazionale di Santa Cecilia in Roma, Arena di Verona, alla quale è affidato anche il Teatro Filarmonico, Gran Teatro La Fenice di Venezia, Teatro Comunale alla Scala di Milano, Teatro Comunale di Bologna, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Teatro dell’Opera di Genova Carlo Felice, Teatro dell’Opera di Roma, Teatro Lirico Comunale Verdi di Trieste, Teatro Lirico di Cagliari, Teatro Massimo di Palermo, Teatro Regio di Torino e Teatro San Carlo di Napoli. A tale nucleo centrale, in tempi recenti, grazie alla L. 310/2003, si è aggiunta la Fondazione del Teatro Petruzzelli e dei teatri di Bari.
3 Già il primo comma dell’art. 17 del D. Lgs. 367/96 prevede che i diritti e le prerogative che già erano attribuiti agli enti lirici restino in capo alle Fondazione ove esse «… a) abbiano assunto l’impegno di inserire nei programmi annuali di attività artistica opere di compositori nazionali; b) abbiano assunto l’impegno di prevedere incentivi per promuovere l’accesso ai teatri da parte di studenti e lavoratori; c) abbiano assunto l’impegno di coordinare la propria attività con quella di altri enti operanti nel settore delle esecuzioni musicali; d) abbiano previsto forme di incentivazione della produzione musicale nazionale, nel rispetto dei principi comunitari»
4 Si tratta, in particolare, del diritto d’uso dei teatri, ma anche di altri spazi, quali magazzini e laboratori.
5 A titolo meramente esemplificativo, si riportano i casi delle Fondazioni del Teatro Comunale di Bologna e del Maggio Musicale Fiorentino, ove nel quinquennio 2002-2006 si è passati da un patrimonio netto che sopravanzava il valore del diritto d’uso, seppur di poco, ad una situazione in cui il patrimonio netto disponibile risulta negativo, pur in presenza di una riserva indisponibile iscritta per il valore corrispondente alla posta dell’attivo immobilizzato.
6 Nella determinazione del valore medio, si è ritenuto necessario escludere i dati relativi alla Fondazione del Teatro San Carlo di Napoli, attesa la loro forte difformità rispetto alle altre realtà considerate.
7 Si vuol far rientrare in tale attività tipica non solo le produzioni artistiche propriamente dette, ovverosia gli spettacoli in teatri ed altre strutture idonee, ma anche altre attività ad esse collegate, quali le registrazioni, le trasmissioni radiotelevisive, le tournée, le attività di formazione, ecc.
8 Tali sono il Ministero competente per lo spettacolo, le Regioni ed i Comuni ove hanno sede le Fondazioni liriche.
9 Una simile osservazione può, comunque, essere dedotta per tutto il quinquennio considerato nella ricerca.
10 In merito, va precisato che la differenza tra reddito e variazione del patrimonio netto può essere dovuta all’erogazione, da parte di soci fondatori – vecchi o nuovi che siano – di contributi in conto patrimonio; nel panorama delle Fondazioni liriche italiane, a parte alcuni casi come la Fondazione del Teatro alla Scala di Milano, la Fondazione del Teatro Lirico Comunale Verdi di Trieste e la Fondazione del Teatro Regio di Torino, il conferimento di contributi in conto patrimonio rappresentano un fatto episodico e, spesso, neppure rilevato nel quinquennio 2002-2006.
11 Si intendono tali i costi relativi all’acquisizioni dei fattori produttivi a carattere prettamente artistico, quali i costi del personale artistico, i costi per la scritturazione degli interpreti, i costi per la realizzazione delle scenografie
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