L’economia della cultura

Esce in edizione aggiornata un libro che è considerato ormai un classico da coloro che si interessano – per studio e per diletto – alle tematiche che connettono il settore culturale al mondo economico. “L’economia della cultura” di Françoise Benhamou rappresenta ancora oggi una valida introduzione a una materia che seppur nata decenni fa, stenta a ottenere un giusto riconoscimento in una nazione come l’Italia.

Salutato come uno dei settori maggiormente promettenti della scena produttiva contemporanea, la cultura e le attività a essa connesse stentano ancora oggi a trovare il proprio posto all’interno della società in un paese come l’Italia, profondamente ancorato al passato e intimamente intimorito dal nuovo che avanza.

 

Sebbene nel contesto internazionale la forza economica del settore culturale non rappresenti più una novità, essendo ormai ampiamente conosciuti i dati che mostrano la vitalità di questo comparto e l’enorme potenziale competitivo insito nelle attività a elevato contenuto culturale e creativo, nel nostro paese la cultura pare essere considerata più un orpello decorativo che un ambito produttivo su cui investire per il rilancio dell’economia nazionale.

 

Percepito più come un costo che come una possibile fonte di reddito, il settore culturale non è mai stato posto in Italia al centro delle politiche di sviluppo, accumulando un ritardo vistoso nei confronti di quei paesi che hanno avuto la lungimiranza di capire, prima degli altri, che la cultura possiede la straordinaria capacità di generare nuove idee che possono essere usate in maniera innovativa per cercare di sopperire alle carenze della società.

 

Le organizzazioni culturali mostrano, infatti, una maggiore propensione – rispetto ad altre forme di impresa più tradizionali – verso il raggiungimento di obiettivi che abbiano anche un impatto sociale oltre che economico, grazie alla presenza di un dialogo critico e costante con la realtà. Ciò deriva dal fatto che le organizzazioni culturali sviluppano una relazione profonda con il territorio su cui operano e che il sistema di valori a cui fanno riferimento risulta essere strettamente connesso ai cambiamenti sociali in atto.

 

Mutevole per natura, le caratteristiche che portano oggi a considerare la cultura come uno degli asset fondamentali del nuovo paradigma economico sono racchiuse soprattutto nelle dinamiche relazionali che questo settore è in grado di innescare sia con il mondo delle imprese sia con la collettività.

 

Come messo in evidenza da Michele Trimarchi nella prefazione al libro durante i dodici anni trascorsi dalla prima uscita, il volume di Françoise Benhamou “ha fornito a studiosi, amministratori e studenti un quadro eloquente dei profili economici che caratterizzano il settore culturale nelle sue variegate sfaccettature”, arricchendo oggi i propri contenuti “con quanto di nuovo si manifesta dentro e intorno alla cultura, a segnare un periodo nel quale il dibattito ha espresso il forte bisogno di nuovi riferimenti”.

 

Diviene pertanto prioritario stimolare l’interesse verso la cultura non solo perché questo settore rappresenta un potente driver economico, ma anche perché è attraverso la cultura e la creatività che passano le principali direttrici dell’innovazione dei prossimi anni. Direttrici che tendono ad assumere differenti forme, che spaziano dagli incubatori culturali alle politiche pubbliche, da specifici programmi di sostegno all’utilizzo di nuove forme di collaborazione come il crowdsourcing.

 

L’economia della cultura
Françoise Benhamou
il Mulino, nuova edizione 2012
Euro 12,50