L’economia videoludica italiana: Indie alla riscossa

Giocano quasi tutti i giovani. E ora iniziano anche a giocare gli adulti, grazie all’innovazione di contenuti e di piattaforma dell’offerta. I videogiochi sono una quota importante del consumo culturale italiano, che fa una concorrenza serrata al cinema, il consumo culturale più diffuso. La scena produttiva, tuttavia, mostra dati meno confortanti: le produzioni di maggior successo sono straniere e gli italiani che vogliono emergere vanno all’estero. Piuttosto vivace, invece, la scena Indie cui sono offerte nuove possibilità grazie ai nuovi sistemi di distribuzione digitale.

Nel “Libro Bianco sulla Creatività. Per un modello italiano di sviluppo” a cura di Walter Santagata la produzione di Videogames viene inserita fra le produzioni culturali: la motivazione è data dal fatto di riconoscere ai videogiochi la caratteristica di essere, allo stesso tempo, simbolo e merce. Simbolo, in quanto beni semiofori, che costruiscono un universo di senso e di esperienze culturali per i consumatori, con caratteristiche in comune con la letteratura, per la loro dimensione narrativa, e ai film, per l’utilizzo del video. Merce, non solo perché inseriti in un contesto di scambio di mercato, ma soprattutto perché essi sono divenuti nel tempo una delle industrie culturali e di intrattenimento più fiorenti, in Italia e all’estero.
I videogiochi sono una forma di produzione culturale che gode di un ottimo stato di salute a livello mondiale: un tasso di creatività e di innovazione elevato, soprattutto da parte della scena indipendente, come accade anche per il cinema, un numero di consumatori in crescita e distribuito in tutte le classi di età, un fatturato dell’industria in costante crescita, nonostante la crisi.
I numeri dell’industria dei videogame sono impressionanti: in Europa si tratta di circa 100 milioni di giocatori con più di 16 anni, cui si aggiungono i ragazzi e i bambini di età inferiore ai 16 anni; in Italia i giocatori sono  circa il 17% della popolazione adulta, dato inferiore a quello medio europeo, ma in costante crescita (AIOMI, Nielsen 2010).
Si tratta, inoltre, di un mercato piuttosto complesso in cui alla produzione di titoli, ovvero di giochi, si affianca la produzione e commercializzazione delle diverse piattaforme di gioco, PC, console (fisse o portatili), ma anche telefonini e browser. La suddivisione del mercato hardware in diverse piattaforme di gioco, ognuna con il proprio sistema operativo e uno specifico linguaggio per la programmazione, fa sì che nascano sia giochi dedicati alle singole piattaforme, sia giochi multipiattaforma, che devono essere ripensati dal punto di vista della programmazione per adattarsi ai diversi dispositivi di gioco – caratteristica che in termini tecnici viene detta “portabilità”. Il continuo evolvere delle piattaforme e delle tecnologie, e quindi delle esperienze di gioco possibili, rende necessario investimenti sempre superiori sia nella fase dello sviluppo sia nella fase della promozione, per far fronte alla concorrenza delle altre case di produzione.
Produrre un titolo videoludico è dunque un’impresa piuttosto complessa che, secondo gli standard delle case produttrici internazionali, coinvolge un gruppo di circa 100 persone con competenze tecniche specifiche, per 4 anni di lavoro e con un costo di circa 50 milioni di dollari per le produzioni “normali”, che può arrivare a 100 milioni di dollari per produzioni speciali. (Accordi Rickards,  2009, p. 88).
In Italia il pubblico dei videogiochi è composto per la maggior parte di giovani e giovani adulti, ma negli ultimi anni sta crescendo anche il segmento degli adulti e dei senior, in precedenza meno interessati all’esperienza di gioco di questo tipo. Il successo dei videogiochi nei confronti dei consumatori adulti può essere attribuito in buona misura all’apparire sul mercato di nuove piattaforme di gioco, maggiormente interattive e con un’offerta di giochi orientata al miglioramento di sé stessi, all’apprendimento, alla pratica sportiva. Tra le diverse piattaforme, la Wii della casa produttrice Nintendo, apparsa sul mercato nel 2006, è quella che ha riscosso il maggior successo in questo segmento di mercato, con 72 milioni di console vendute nel mondo ad Agosto 2010 (fonte: Nintendo).
L’altra ragione dell’ampliarsi del pubblico adulto dei videogiochi si trova nel diffondersi dei giochi sui cellulari e dell’uso dei social network: i videogiochi hanno ”invaso” spazi e tecnologie dalle quali erano prima assenti. I social network e i cellulari sono infatti diventati due veicoli fondamentali dell’esperienza di gioco: secondo le statistiche di Facebook (www.destructoid.com, febbraio 2010),  Farmville, videogioco on line disponibile sul social network, ha 400 milioni di utenti registrati, 80 milioni di utenti attivi al mese, 31 milioni di utenti attivi quotidianamente.
Per quanto riguarda i cellulari, l’evoluzione c’è stata a partire dal 2008, principalmente grazie all’introduzione sul mercato dei telefonini di ultima generazione (tra cui Iphone, Blackberry, telefoni Android e gli altri smartphone) e dell’affermarsi, nel 2009, di diversi Application Store, il più conosciuto dei quali è sicuramente l’Apple Store, cui fanno concorrenza Microsoft con Xbox Live, Sony con il PlayStation Store. L’Apple Store, ad esempio, nel 2009 presentava centomila applicazioni per un totale di circa 3 milioni di download delle stesse dalla data di uscita dell’Iphone (fonte: Apple). A queste si aggiungono circa 3000 applicazioni dedicate ai Blackberry e 20.000 per i telefoni che utilizzano il sistema Android, sviluppati nei laboratori di Google.
In questo panorama, i giochi sono le applicazioni più scaricate, seguite dai programmi di entertainment e sono, secondo i dati della ricerca Nielsen 2009, fra le applicazioni più utilizzate.
In Italia il fatturato di prodotti videoludici venduti, suddiviso tra software e hardware, ha superato il miliardo di Euro nel 2009 (Nielsen 2009), confermando il nostro Paese come uno dei mercati più appetibili per le case produttrici sia di hardware, che rappresenta il 40% circa del mercato, sia di software, il restante 60% del mercato. A queste cifre si aggiunge il giro di affari della pirateria, che in questo settore è piuttosto fiorente. Per quanto riguarda l’hardware, difficilmente vi potranno essere competitor italiani, a meno di un forte investimento in questo settore industriale da parte di soggetti privati o di politiche pubbliche. Le imprese italiane sono infatti pressoché assenti dalla produzione di computer, console e telefonini, nonostante l’ampio mercato che avrebbero a disposizione, ed è quindi difficile pensare che possano proficuamente partecipare a quella che viene definita “la guerra delle console” i cui protagonisti principali sono Sony, Microsoft e Nintendo.
Diverso, invece, quanto accade nel settore dello sviluppo software. Se è vero, infatti, che buona parte dei titoli viene creata dalle stesse case produttrici di hardware, è anche vero che vi è un fiorente mercato di titoli di terze parti, prodotti in esclusiva per una delle case, o declinati per i diversi sistemi di gioco, dal computer al telefonino.
Esaminando il panorama italiano di vendita di titoli di giochi si nota che la fetta di mercato delle case di produzione italiane è davvero risicata: si tratta del 2,5% del fatturato totale, pari a circa 30 milioni di euro nel 2009. Una presenza molto ridotta, che tende a sparire se si guarda il mercato di titoli a livello globale e la cui fragilità è ancora più evidente se la si paragona alla situazione di altri paesi europei che hanno investito in maniera più decisa in questo settore della produzione culturale.
In Francia, ad esempio, la filiera dei videogiochi vede 138 studi e 65 editori, risultato del consolidarsi del settore produttivo tra il 2003 e il 2006, contro le 17 aziende italiane raggruppate nella Filiera di Confindustria dei Produttori Italiani di Videogiochi (nata nel marzo 2009). Le imprese francesi, definite come “deboli” dagli studiosi francesi del settore, fatturano circa l’8% del totale del fatturato dei videogiochi, cifra ben superiore a quella italiana, e nel 2000 il fatturato francese dei videogiochi ha superato quello del cinema in sala, cosa accaduta in Italia solo 9 anni dopo. Questo è il risultato sia di un intervento di finanziamento pubblico, sia di normative legali e fiscali specifiche che hanno favorito la diffusione di questo tipo di entertainment, sia, infine, alla creazione di una filiera di formazione specifica (Rouet 2009), misure pressoché assenti nel panorama italiano.
Ciò che sembra invece caratterizzare lo scenario italiano è una presenza piuttosto consistente e vivace di produttori Indie, indipendenti, la cui crescita viene favorita dalle recenti evoluzioni dei modi e degli strumenti di gioco. I produttori indipendenti nel campo della produzione dei videogiochi possono essere assimilati ai musicisti Indie o a registi cinematografici indipendenti. Sono spesso guidati da principi di indipendenza rispetto ai grandi capitali di investimento, dalla ricerca sperimentale dei linguaggi e dei meccanismi di gioco, dall’originalità dei generi di gioco, che, invece, sono rigidamente codificati nell’industria del videogioco tradizionale. Solitamente non legano il loro lavoro a singole piattaforme e cercano di creare giochi discostandosi dall’industria mainstream e dai dettami del marketing. Avendo una struttura agile, spesso nata a partire dalla passione dei fondatori, sono capaci di rispondere velocemente alle sollecitazioni del mercato e, soprattutto, possono approfittare dei vantaggi dati dalla crescita dei canali alternativi di distribuzione per far crescere il loro business.
Con la diffusione sempre più ampia di canali di distribuzione digitale di videogiochi, come l’App Store di cui abbiamo parlato in precedenza, è divenuto infatti più semplice sia produrre videogiochi, sia distribuirli ad un pubblico  globale. E per gli sviluppatori Indie è ora possibile uscire dal ristretto mercato degli “addetti ai lavori” e degli appassionati per rivolgersi ad un pubblico più vasto ed eterogeneo.
I principali application stores, infatti, mettono a disposizione le tecnologie necessarie per lo sviluppo di contenuti e servizi da distribuire attraverso le piattaforme, cosa che abbassa notevolmente i costi di investimento in hardware e software per le imprese e che rende possibile iniziare un business in questo settore a costi ridotti.
Inoltre, questi nuovi sistemi di distribuzione sono vetrine globali, che aumentano considerevolmente le possibilità di avere successo con le proprie produzioni anche per i piccoli produttori indipendenti, insieme ad un utilizzo consapevole dei diversi social network, al fine di promuovere il proprio lavoro.
Un ultimo beneficio derivante da questo sistema di distribuzione dei contenuti digitali è la possibilità di vendere i propri prodotti a prezzi ridotti (forti anche di un minor costo di produzione), cosa che può aiutare a scoraggiare il fenomeno della pirateria. Quando scaricare un gioco ha un costo per l’utente di 1 o 2 euro c’è una probabilità più elevata che i giocatori siano disposti a pagare tale cifra per un nuovo prodotto piuttosto che rivolgersi a soluzioni di pirateria.
Di fatto i produttori indipendenti beneficiano dell’effetto “disintermediazione” indotto da Internet, ovvero, della possibilità di distribuire le proprie creazioni senza far ricorso ad un mediatore (distributore), alla stregua di molte altre tipologie di prodotti e servizi (viaggi, libri, musica).
Tra gli Indie italiani, che hanno in IndieVault una community on line di riferimento, vi  sono diversi esempi di successo. Uno di questi è rappresentato dal gioco Bricks4ever, realizzato da una piccola casa di sviluppo siciliana, la Running Pixel, che viene venduto a 2 euro tramite il circuito Xbox Live. Il gioco è quindi pensato per girare su una console specifica, la Xbox, ma invece di cercare un editore che volesse assumersi il costo di produzione e distribuzione del titolo, gli sviluppatori  hanno preferito vendere direttamente il titolo tramite un negozio digitale dedicato, ottenendo un ottimo successo.
Per gli Indie, ma anche per le case produttrici più importanti, le piattaforme di distribuzione digitale possono anche rappresentare un valido mezzo per testare i propri prodotti. Una strategia utilizzata, infatti, è quella di rilasciare i prototipi on line, osservare qual è la risposta del pubblico e di seguito modificare e ampliare il prototipo in base alle analisi compiute. Strategia che viene portata alla sua applicazione più estrema dalle case produttrici di MMOG, massive multiplayer on line games, che spesso mettono a disposizione on line parte delle piattaforme di sviluppo dei propri giochi e chiedono ai giocatori di partecipare direttamente all’elaborazione di nuove versioni degli stessi. Con risultati sorprendenti: spesso le versioni realizzate dai giocatori vengono giudicate migliori dell’originale dal pubblico e sostituiscono così il titolo in vendita.

Quale può essere dunque il futuro per l’industria videoludica italiana?
Due potrebbero essere gli assi di crescita del settore.
Il primo consiste nella replica e nell’adattamento alla situazione italiana degli interventi che circa 10 anni fa sono stati condotti in Francia e in Canada da parte dell’attore pubblico. Tali politiche hanno portato ad uno sviluppo molto superiore di questo settore nei due paesi rispetto a quanto è successo in Italia. Gli strumenti da prevedere potrebbero essere i seguenti: investimenti nella filiera di produzione dei videogiochi, al fine di incentivare il settore e di renderlo più solido, legislazione fiscale appositamente studiata per questo genere di produzione mirata, ad esempio, a far crescere il numero di consumatori, combattendo il fenomeno della pirateria e la costruzione di una filiera di formazione e qualificazione professionale di alto livello, che sappia rispondere alla necessità di competenze specifiche che esprime questo mercato.
Il secondo poggia invece principalmente sulle capacità del settore privato. I produttori italiani, sia quelli più strutturati, sia quelli indipendenti, forti dal grande parco di consumatori in possesso di dispositivi mobile nel nostro Paese (in particolare di telefonini) e della crescita dei nuovi canali digitali di distribuzione, potrebbero fare il salto di livello, ampliando il loro pubblico e divenendo, almeno per questo specifico segmento, dei player a scala globale.

Bibliografia
Aiomi – Nielsen, Rapporto sull’industria italiana dei videogiochi. Struttura e prospettive per lo sviluppo, Assoknowledge, 2009.
Marco Accordi Rickards, Videogame made in Italy in La rivista di Confindustria, Maggio 2009, pag. 88.
François Rouet, La création dans l’industrie du jeu vidéo, Culture Etudes, 2009
http://www.apple.it
http://www.destructoid.com
http://www.nintendo.com