In current processes of internationalization, the territory is increasingly taking a role of central identity because it represents a fabric of tangible and intangible elements, it guarantees an added value to the location of productive activities, it contributes to the selection of the business activities.
The article proposes an in-depth analysis of the dichotomic relationship between the globalization process and the role of territorial economies, with a specific focus on the “Made in Italy” tradition and the impact that globalization could have on its products.
Nell’ambito degli attuali processi di internazionalizzazione il territorio assume sempre più un ruolo di entità centrale in quanto rappresenta un tessuto ricco di elementi materiali ed immateriali, garantisce un valore aggiunto alla localizzazione delle attività produttive, contribuisce alla selezione delle attività imprenditoriali…
Abstract
In current processes of internationalization, the territory is increasingly taking a role of central identity because it represents a fabric of tangible and intangible elements, it guarantees an added value to the location of productive activities, it contributes to the selection of the business activities.
The article proposes an in-depth analysis of the dichotomic relationship between the globalization process and the role of territorial economies, with a specific focus on the “Made in Italy” tradition and the impact that globalization could have on its products.
Dalla globalizzazione dell’economia alla centralità dei territori
Come è noto, il tema “globalizzazione” è ampio e controverso. Non è certamente questa la sede per affrontare in dettaglio la genesi, le caratteristiche e gli effetti differenziati di un processo storico di così ampia portata. Tuttavia, tra i molti elementi di tale dibattito appare evidente l’importanza di un graduale processo di contrazione del tempo e dello spazio che genera esiti ed effetti differenziati fra sistemi paese e fra le categorie sociali. Quello che preme qui sottolineare è soprattutto la relazione esistente fra tali aspetti fondamentali del processo di globalizzazione e il ruolo del “locale”. Al di là dell’apparente paradosso, il tema è il seguente: la contrazione spazio-temporale generata dal processo di globalizzazione enfatizza o penalizza la dimensione locale e tutti i valori ad essa intrinsecamente radicati?
E’ infatti evidente che la dimensione locale rappresenta, da un lato, un limite palese in un contesto in cui i centri e di processi decisionali sembrano appartenere ad élites extraterritoriali prive di radicamento territoriale ed indipendenti dai poteri politici e culturali geograficamente localizzati. D’altro canto essa diviene, parallelamente, una dimensione da potenziare in quanto densa di sensi e significati che mantengono un valore anche all’interno della mutazione delle dimensioni del tempo e dello spazio prodotte dal processo di globalizzazione che tende invece a modificare le forme dell’esperienza, a rendere molti aspetti uniformi e apparentemente facilmente riproducibili nella loro ubiquità.
Attualmente si assiste ad una spasmodica ricerca di espressioni e caratteri unici capaci di determinare, in quanto tali, un valore specifico ed una caratteristica distintiva potenzialmente in grado di attrarre attenzione su scala mondiale. Il successo di un’economia nel mercato globalizzato caratterizzato da spinte competitive estreme, discende oggi più di ieri dalla capacità di imprimere un’identità territoriale ai prodotti realizzati, nonché dalle capacità organizzative che rimangono socialmente, storicamente e territorialmente specifiche. Ecco quindi, che solo alcuni territori mantengono la capacità di partecipare alle dinamiche internazionali e che il tema della competitività sembra ormai trascendere la dimensione ristretta della singola impresa, per quanto di grandi dimensioni finanziarie e produttive, per investire un complesso di relazioni sia all’interno di questa sia fra soggetti diversi.
Questa piena e consapevole partecipazione del territorio all’interno dei flussi di interscambio reali, tecnologici, finanziari ed informativi che regolano lo scenario economico e politico internazionale, a nostro avviso ben rappresenta l’idea di “internazionalizzazione della cultura”. Con tale espressione non si vuole intendere esclusivamente l’instaurazione di rapporti commerciali e di interscambio con l’estero, bensì la valorizzazione dei collegamenti materiali ed immateriali con l’esterno e la realizzazione di progetti di collaborazione transnazionale e di cooperazione decentrata per lo sviluppo locale.
Da quanto detto è evidente che, sebbene ogni sistema economico sia, volente o nolente, parte integrante del processo di globalizzazione, la difficoltà principale rimane per tutti quella di affrontare consapevolmente il processo di internazionalizzazione, processo in continua evoluzione che richiede non semplicemente la capacità di instaurare contatti commerciali internazionali ma, piuttosto, la capacità di affrontare, dal punto di vista organizzativo e culturale, la complessità e la rapidità delle trasformazioni economiche e tecnologiche legate al processo di globalizzazione.
Internazionalizzazione della cultura: a step forward dell’ internazionalizzazione commerciale e produttiva
La graduale evoluzione del processo di apertura dei sistemi locali avviato nel passato ha determinato, nel tempo, un nuovo paradigma dello sviluppo, che vede nel “sistema produttivo locale” l’“unità produttiva” di riferimento, anche dal punto di vista dell’internazionalizzazione.
Questo approccio comporta, necessariamente, il superamento della tradizionale concezione dell’internazionalizzazione limitata ai soli aspetti commerciali e produttivi verso l’adozione di un percorso di internazionalizzazione capace di coniugare ed integrare, in un’ottica internazionale, tutti gli interventi in campo economico, culturale, ambientale, turistico e di cooperazione. Bisogna, infatti, tener presente che anche le attività caratterizzate da una minore “visibilità” internazionale contribuiscono, di fatto, alla costruzione di quelle reti territoriali, formate da collegamenti e dal tessuto di relazioni, che rappresentano gli elementi essenziali per la proiezione internazionale complessiva del territorio che assume, dalle sue risorse endogene così come dalla sua capacità di attrarre risorse fisiche e finanziarie dall’estero, la forza propulsiva necessaria a garantire la crescita economica di lungo termine e lo sviluppo sostenibile.
Il territorio, in quanto tessuto ricco di elementi materiali ed immateriali, garantisce infatti un valore aggiunto alla localizzazione delle attività produttive; contribuisce alla selezione delle attività imprenditoriali; all’attrazione degli investimenti diretti esteri e dei flussi finanziari internazionali. Il territorio assume, in sostanza, il ruolo di entità centrale, compresa fra l’impresa e il sistema complessivo delle interrelazioni economiche internazionali, in grado di esprimere uno spazio misto di competizione e cooperazione fondato sulla contiguità territoriale ed in un contesto nell’ambito del quale i singoli attori economici traggono risorse e condizioni di competitività specifiche (Conti, 2003).
Sebbene l’influenza della cultura e del relativo “capitale culturale” sul progresso umano, in generale, e sugli aspetti più strettamente economici in particolare, non sia ancora sufficientemente valorizzata, è oggi in atto un graduale ripensamento degli strumenti e delle politiche di valorizzazione e di sviluppo legate alle risorse culturali, anche in un’ottica di maggiore integrazione con le altre risorse. La “cultura” locale, si sta affermando come asset per lo sviluppo socio-economico (Sacco, 2002; Sacco e Pedrini 2003, Santagata, 2003). La cultura, in senso ampio , svolge, infatti, un ruolo di rilievo sullo sviluppo economico locale, perché, oltre ai prodotti creati direttamente e agli impatti indiretti (ad esempio, sull’ambiente e sul turismo), genera effetti esterni che incidono sulla produttività dei beni materiali e dei servizi e sulla competitività internazionale. Meno sottolineato è tuttavia che la cultura rappresenta anche un fondamentale fattore di competitività internazionale (Montalbano e Palumbo, 2006). In quest’ottica, il tema dell’internazionalizzazione della cultura implica il definitivo superamento della concezione tradizionale di cultura le cui potenzialità economiche sono oggi legate in maniera preponderante al turismo, privilegiando percorsi di competitività internazionali fondati sui vantaggi comparati derivanti dai prodotti endogeni del territorio non altrove riproducibili.
Ciò rende tuttavia necessario sviluppare la capacità di definire strategie innovative capaci di favorire la contaminazione del territorio con l’esterno, una più equilibrata collocazione del territorio locale, nel suo complesso, all’interno dell’economia internazionale, nonché una maggiore competitività dell’economia locale fondata su vantaggi comparati specifici. L’obiettivo ultimo è quello di allontanarsi da una visione eccessivamente tradizionale del patrimonio culturale, incentivando sia i soggetti pubblici che quelli privati ad una visione innovativa ed evolutiva delle risorse e dei processi culturali tradizionali. In particolare, all’interno dei processi d’internazionalizzazione, la cultura può svolgere almeno quattro funzioni principali (Montalbano e Palumbo, 2006):
• favorire il processo di accumulazione di “conoscenza tacita”; • rappresentare il sistema territoriale locale nel contesto internazionale;
• potenziare i legami e le relazioni naturali e storico culturali esistenti sul territorio;
• rafforzare gli aspetti identitari ed i legami locali di natura fiduciaria, favorendo inoltre la contaminazione con l’esterno ed una visione prospettica delle diversità e del futuro.
Solo attraverso un percorso strategico integrato ed avanzato di internazionalizzazione è, tuttavia, possibile trasformare tali potenzialità in concreti vantaggi competitivi sul mercato internazionale. Per far ciò occorre quindi disegnare una nuova programmazione strategica anche a livello internazionale, fondata su una nuova centralità di tali risorse, quali centri propulsori dello sviluppo endogeno del territorio fondato su attività economiche “intrinsecamente sostenibili”.
L’internazionalizzazione della cultura: un vantaggio comparato per il Made in Italy
L’Italia presenta, infatti, un chiaro vantaggio comparato, a livello internazionale, dal punto di vista della dotazione relativa in termini di patrimonio culturale. A livello locale, inoltre, tale vantaggio comparato si manifesta come vero e proprio “patrimonio diffuso” di risorse culturali di rilevanza internazionale. In questo contesto, il “bene cultura” può costituire il perno di un approccio integrato per la valorizzazione del territorio, delle sue capacità e dei suoi “prodotti” in ambito internazionale.
Questa dimensione della cultura e del patrimonio culturale è riconosciuta anche all’interno del quadro programmatorio comunitario e nazionale e costituisce una realtà in via di consolidamento. Tale rilevanza è legata al fatto che la componente culturale può costituire se opportunamente valorizzata e potenziata uno degli elementi portanti dello sviluppo locale in tutte le sue forme.
Un’opportuna valorizzazione di tale risorsa, unita ad una specifica programmazione strategica permetterebbe di generare un processo di sviluppo autosostenuto ed autosostenibile di natura endogena, garantendo al sistema la necessaria competitività internazionale. Allo stesso tempo, tale valorizzazione permetterebbe di attivare una rete “diffusa” di relazioni e collegamenti, materiali ed immateriali, interni e con l’estero, capace di andare oltre i meri collegamenti turistici e quelli economico-produttivi per perseguire lo sviluppo ed il consolidamento di solidi legami di natura sociale ed istituzionale. La capacità di fare sistema rappresenta infatti un ulteriore elemento cardine della competitività internazionale, soprattutto in tessuto economico-produttivo, quali quello italiano caratterizzato essenzialmente da imprese di piccola media dimensione. Tale capacità lungi dal poter essere indotta dall’esterno o dall’alto rimane strettamente legata alle dinamiche locali non solo di carattere economico-istituzionale, ma soprattutto di carattere socio culturale.
E’ infatti, in primo luogo, necessario che la promozione dello sviluppo locale ponga al centro dell’analisi non più esclusivamente le “catene del valore” economico-produttive, ma l’insieme delle relazioni economiche e sociali che caratterizzano un determinato territorio/comunità, a loro volta funzione diretta del proprio patrimonio culturale.
Ciò significa riconoscere il fatto che lo sviluppo locale passa necessariamente per la valorizzazione dei collegamenti materiali ed immateriali con l’esterno, sia in ambito economico sia in ambito culturale. Inoltre, è necessario promuovere in chiave internazionale la valorizzazione delle specificità culturali del territorio locale, attraverso sia l’attivazione di processi innovativi miranti alla riqualificazione e gestione delle risorse esistenti, sia alla riscoperta e valorizzazione dei legami immateriali e delle relazioni che il territorio è in grado di sviluppare attorno alla valorizzazione del proprio patrimonio culturale.
Ciò significa definire strategie innovative capaci di favorire la contaminazione del territorio con l’esterno, una più equilibrata collocazione del territorio locale, nel suo complesso, all’interno dell’economia internazionale, nonché una maggiore competitività dell’economia locale fondata su vantaggi comparati specifici e non riproducibili. Occorre infine comprendere, e ciò non è affatto scontato nell’attuale competizione internazionale, il significato ultimo di Made in Italy; attraverso quali politiche si intende valorizzarlo e tutelarlo e poi quale tipo di operatività si intenda portare avanti partendo dalla constatazione che la sua forza evocativa nelle dinamiche del commercio internazionale è tutt’ora elevatissima. Il Made in Italy rappresenta una “risorsa immateriale”, che va ben al di là dei prodotti che attualmente lo rappresentano (moda, mobili, prodotti per la casa, cura della persona ecc.), nella quale è presente in maniera “stratificata” l’essenza della cultura italiana nei suoi aspetti storici, esperenziali ed identitari: in altre parole, l’Italian way of life. Rientrano nel Made in Italy anche prodotti e servizi che non necessariamente contengono o devono contenere materie prime nazionali, ma che portano con se l’esperienza italiana, la tradizione, l’operatività e tutto il know how tacito e codificato che ne derivano: in una sola parola la cultura italiana intesa in senso ampio. Tale patrimonio appare ancora eccessivamente sottostimato e sottoutilizzato, soprattutto dagli imprenditori italiani che restano ancorati ai settori tradizionali, lasciando alle produzioni estere ampi spazi di sfruttamento di tali risorse immateriali sui grandi mercati internazionali.
L’obiettivo ultimo del presente approccio è quello di allontanarsi da una visione eccessivamente tradizionale e stereotipata del patrimonio culturale, incentivando sia i soggetti pubblici che quelli privati ad una visione innovativa ed evolutiva delle risorse e dei processi culturali tradizionali. In sintesi, gli obiettivi strategici di medio-lungo termine nel processo di internazionalizzazione dei “territori” secondo la presente proposta potrebbero essere i seguenti:
• una maggiore centralità, nell’ambito del processo di internazionalizzazione del sistema paese, del ruolo dei “territori” nel suo complesso. Ciò in base alla convinzione che solo attraverso l’internazionalizzazione dell’intero sistema territoriale sia possibile assicurare forme di competitività economico-produttive sui mercati mondiali in una prospettiva di lungo termine, valorizzare le specificità culturali, ambientali e turistiche presenti sul territorio, nonché avviare forme qualificate e durevoli di cooperazione internazionale.
• il superamento della tradizionale concezione dell’internazionalizzazione limitata ai soli aspetti commerciali e produttivi, privilegiando l’adozione di un percorso di internazionalizzazione capace di coniugare ed integrare, in un’ottica internazionale, tutti gli interventi in campo economico e culturale.
• la necessità di spostare l’ottica dell’internazionalizzazione dalla logica degli interventi “una tantum” e finalizzati alle sole imprese esportatrici con interventi “di sistema” a beneficio di tutta la rete di relazioni a valenza territoriale. Ciò nella consapevolezza che la costruzione ed il rafforzamento dei collegamenti materiali ed immateriali, che rappresentano gli elementi essenziali per la proiezione internazionale complessiva del territorio, poggiano, di fatto, su di una serie di attività caratterizzate da una minore “visibilità” internazionale.
• la necessità di assegnare al territorio un ruolo attivo nelle dinamiche e nei processi crescita ed integrazione internazionale, in linea con i moderni paradigmi di sviluppo economico e le più recenti teorie dello sviluppo endogeno. Ciò significa promuovere azioni tese alla “riscoperta” del valore intrinseco del territorio nelle dinamiche di sviluppo locale e di competitività internazionale, per trasformare quello che è attualmente un generico sentimento di identità locale in un vero e proprio fattore di vantaggio comparato su scala internazionale.
• la valorizzazione delle risorse territoriali ed il recupero del patrimonio di “conoscenza” e del suo valore intrinseco. Ciò significa valorizzare quel complesso di competenze accumulate dagli individui e costituite dallo scambio di idee, di informazioni, di esperienze, di servizi, di comunicazioni che permette di aprirsi verso nuove realtà, di stabilire reti e collegamenti con altri territori nazionali ed esteri. Recuperare questo patrimonio di conoscenze significa adottare strategie di promozione dei cosiddetti “beni relazionali”, intesi come insieme di valori, rapporti, interconnessioni e sinergie che consentono, in determinati contesti ambientali, la produzione e diffusione di conoscenze specifiche, capaci di determinare una produttività maggiore rispetto a quella ottenibile con il medesimo capitale umano e fisico in altri contesti.
L’internazionalizzazione della cultura offre grandi opportunità per la crescita della competitività dei territori. Perché questo obiettivo sia raggiunto occorre tuttavia:
1. un forte investimento in capitale umano a partire dalla diffusione di una maggiore e più estesa cultura dell’internazionalizzazione,
2. un processo di acquisizione di conoscenze sulle modalità di interfaccia e di elaborazione delle informazioni sui mercati esteri che deve diventare patrimonio conoscitivo per tutti i livelli dell’amministrazione, tanto nel settore pubblico quanto nel settore privato, e per tutti gli operatori dei settori esposti alla concorrenza internazionale.
Senza questo patrimonio di conoscenze, competenze e capacità relazionali con l’estero è difficile pensare che sia possibile promuovere l’internazionalizzazione delle “reti culturali”, che rappresenta la forma più avanzata del percorso di partecipazione ed interrelazione con le dinamiche di sviluppo internazionali. L’attuale “contesto” italiano, caratterizzato da una pericolosa tendenza all’arroccamento sull’esistente; da un’errata concentrazione sulle conseguenze più che sulle cause della mancata competitività (vedi il caso Cina); dal diffondersi di un generale senso di sfiducia sul futuro; da difficoltà nella finanza pubblica; dall’assenza di una chiara governance del processo a tutti i livelli, rappresenta certamente un forte limite alla realizzazione di questo percorso, impedendo alla nostra economia di abbracciare un modello di sviluppo avanzato basato sulle risorse umane e depauperando un patrimonio diffuso ed un vantaggio comparato riconosciuto in tutto il mondo come il “made in Italy”.
Bibliografia
Conti S., 2003, Globalizzazione, metropolizzazione e vantaggi competitivi territoriali, Paper presentato alla Conferenza Distretti, Pilastri, Reti Italia ed Europa, Roma 8-9 aprile.
Montalbano P. e F. Palumbo, 2006, (a cura di), Beni culturali e ambientali: un modello alternativo di sviluppo locale, (forthcoming) F. Angeli, Milano. §
Sacco P.L., 2002, La cultura come risorsa economica per lo sviluppo locale, La nuova città 8(2/3), 79-87. Sacco P. e S. Pedrini (2003), Il distretto culturale: mito o opportunità?, Dipartimento di Economia “S. Cognetti de Martiis”, International Centre for Research on theEconomics of Culture, Institutions, and Creativity (EBLA) Working paper No. 05.
Santagata W., 2003, Cultural district and economic development, mimeo, EBLA Center, Università di Torino.