Nuovi materiali per la cultura

Il design è sempre più considerato un’attività strategica che crea valore aggiunto nella produzione industriale e che senza dubbio ha contribuito fortemente a determinare il successo dei prodotti del Made in Italy.

Verso una nuova rivoluzione “cultur-industriale”
Il design è un’attività che in Italia nasce ai confini di industria, artigianato e arte. Il design è per questo parte della cultura e della produzione culturale italiana come anello di congiunzione tra i saperi della cultura materiale e la creatività artistica.

 

Da un punto di vista economico, il design è sempre più considerato un’attività strategica che crea valore aggiunto nella produzione industriale e che senza dubbio ha contribuito fortemente a determinare il successo dei prodotti del Made in Italy. Come processo creativo ed espressione culturale, il design è sempre stato fortemente legato alla struttura manifatturiera italiana basata sui distretti industriali e sulle imprese artigiane di qualità. Oggi però questo sistema integrato tra design, logiche distrettuali e manifattura di qualità – che un tempo era la forza produttiva e una delle principali peculiarità del paese – si sta sfaldando abbastanza velocemente a causa della delocalizzazione delle produzioni e della perdita di professioni, tanto che alla dicitura “Made in Italy” si sta sempre più spesso sostituendo quella di “Designed in Italy”.

 

Allo stesso tempo, grazie all’avanzamento e diffusione di strumentazioni per il taglio laser e la stampa 3D e l’uso di software per la progettazione e condivisione in rete di disegni e prototipi, si profila su un orizzonte più o meno lontano una nuova rivoluzione industriale che cambierà il modo di progettare e produrre gli oggetti e i beni di consumo. Questa rivoluzione, che oggi compie i primi passi in territori ben più innovativi del mondo sotto i nomi di Digital Fabrication o Fabbing è già stata prefigurata da riviste prestigiose come l’Economist o Wired.

 

Alla base di questi nuovi processi vi è la possibilità che ad ogni manufatto possa corrispondere un “codice sorgente” che ne consente la riproduzione fisica e la condivisione in rete. Le strumentazioni di taglio laser e di stampa 3D, sempre più piccole e accessibili al mercato, riducono inoltre i costi di produzione, rendendo possibile produrre direttamente o assemblare in poco tempo oggetti altamente rifiniti anche in contesti non propriamente manifatturieri. Al momento il processo è possibile solo con certi materiali (resine, plastica e metalli) ed è ancora terreno di hobbisti ed esperti in nicchie accademiche o industriali. Tuttavia, come per i computer, il software e le ICT, questi nuovi sistemi di ideazione e produzione presentano tutte le condizioni per diffondersi rapidamente grazie all’avanzamento tecnologico e all’abbattimento dei costi legati all’innovazione.

 

Le implicazioni economiche e sociali di queste nuove tecnologie sono state in parte raccontate in “Makers”, un romanzo pubblicato nel 2009 dallo scrittore di fantascienza Cory Doctorow. Il libro parla di due imprenditori della scena Fabbing, Perry Gibbons e Lester Banks, che inventano nuovi prodotti utilizzando e riplasmando in modo creativo e innovativo oggetti usati. Le loro invenzioni trasformano completamente il mondo intorno a loro, non solo dal punto di vista tecnico, ma soprattutto da quello sociale ed economico. Esse fomentano la crescita di un modello organizzativo e di business fortemente decentralizzato che nel romanzo si chiama “New Work”, fondato su piccole unità di business localizzate in garage stile Silicon Valley anni ‘70, dove si inventano a ritmi sostenuti nuovi prodotti mediante tecnologie open source. Le macchine per il taglio laser o la stampa 3D fanno il resto, realizzando gli oggetti inventanti a basso costo e inondando i mercati di sempre nuovi prodotti.

 

Come è possibile intuire, questo modello organizzativo è meno legato ai vincoli tecnici della produzione di oggetti (non servono grandi stabilimenti industriali e catene di montaggio) e più concentrato sugli aspetti di ideazione e creazione, dove piccole imprese di design e progettazione digitale possono potenzialmente scalare i mercati grazie ai loro prodotti. In altre parole, come nel caso dell’informatica, anche il mondo della produzione e del design industriale sta subendo negli ultimi tempi l’influenza della cultura “Open source” e dei paradigmi “Peer to peer”. La digital fabrication sembra quindi rappresentare un naturale sviluppo “fisico” di quanto già ampiamente sperimentato riguardo i benefici di ecosistemi aperti per l’innovazione e la diffusione della conoscenza.

 

Il Fabbing e la digital fabrication in Italia
Perché è importante parlare di fabbing e di digital fabrication per ripensare al sistema culturale del nostro paese e individuare politiche innovative per sostenerlo e rivoluzionarlo? Apparentemente, la risposta può essere poco evidente se ci si ferma a una definizione di cultura troppo legata agli schemi classici e tradizionali. Tuttavia ci sono almeno due ragioni che suggeriscono come questo fenomeno emergente possa avere forti implicazioni culturali. In primo luogo, il design e l’artigianato rientrano in maniera crescente nella sfera dell’economia creativa, in cui l’innovazione è sempre meno caratterizzata dal valore strumentale e funzionale dei beni, mentre si basa sempre di più sull’introduzione di nuovi prodotti dall’elevato valore estetico o sull’esteticizzazione di beni tradizionalmente strumentali. Per questo motivo, gli aspetti della cultura materiale contemporanea segnano il sistema culturale di una società.

 

In secondo luogo, è ormai chiaro come le tecnologie giochino un ruolo fondamentale nel ridefinire i confini della cultura, nell’influenzare i modelli di produzione e comunicazione di contenuti culturali e nel modificare i processi creativi. In questa prospettiva, come la stampa di Gutenberg nel passato o il Web 2.0 in giorni più recenti, il fabbing e la digital fabrication possono rappresentare un’innovazione radicale che può sovvertire profondamente gli schemi della produzione culturale e dei processi creativi.

 

Per l’Italia, questo scenario rappresenta una grande sfida che tocca il sistema della cultura materiale del nostro paese legato alla tradizione manifatturiera e artigiana. Da un lato, questo modello può minacciare l’esile competitività del settore tradizionale del design italiano, in quanto i prodotti diventano sempre più facilmente replicabili e sono necessarie nuove figure professionali con competenze trasversali e relativamente avanzate in informatica, grafica, scienze dei materiali e così via. Questi fattori rappresentano sicuramente una criticità per l’Italia allo stato attuale. Allo stesso modo, il fabbing è senza dubbio una nuova opportunità considerando che per molti giovani questo nuovo sistema rappresenta in numerosi casi l’unica strada per poter diventare un “designer” e così puntare sulla propria creatività.

 

In Italia esistono oggi poche ma pioneristiche esperienze che stanno puntando su queste nuove e innovative tendenze. La prima è quella di Arduino (www.arduino.cc), una società che nasce dalle ceneri ancora calde del territorio “olivettiano” di Ivrea e che si è affermata a livello internazionale per aver ideato una scheda di circuiti elettrononici per la protipazione di sistemi interattivi adatti a installazioni artistiche, dispositivi musicali, apparecchi domestici. Il successo di questo prodotto nasce dalla sua estrema semplicità e versatilità e soprattutto dal fatto che il prodotto viene distribuito mediante una licenza open-source, favorendone la diffusione e adattabilità ai vari progetti dell’ecosistema produttivo del Fabbing.

 

La seconda è quella del FABLAB Italia, che è stato ospitato a Torino presso le Officine Grandi Riparazioni per la manifestazione per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, il primo FabLab in Italia (www.fablabitalia.it). I FabLab rappresentano al momento l’esperienza più innovativa nel campo del design e dell’autoproduzione, e hanno avuto origine al MIT di Boston. Un FabLab è un laboratorio di produzione artigianale, dove macchine digitali consentono di progettare oggetti di qualsiasi tipo. È ideale per realizzare manufatti in piccole quantità, molto personalizzati, su diverse scale e materiali. L’estrema flessibilità di produzione del FabLab unita a un business model orientato al pay-per-use abbattono i tradizionali costi d’ingresso ai macchinari ad alta tecnologia, rendendo accessibile la ricerca e la sperimentazione anche alle piccole imprese, alle start-up e agli imprenditori indipendenti. Terminate le celebrazioni per l’Unità d’Italia, il FabLab torinese si è evoluto diventando le “Officine Arduino”, una nuova azienda-incubatore che unirà la comunità venutasi a creare intorno al FabLab Italia alla capacità innovativa e alla visione internazionale di Arduino.

 

Una terza e più longeva esperienza è ONEOFF (www.oneoff.it), un laboratorio di modellistica di nuova generazione che esprime le potenzialità della tecnologia digitale applicata al rapid manufacturing. Oneoff è nata a Milano nel 2003 come servizio di prototipazione rapida che realizza modelli, prototipi funzionali e plastici architettonici rivolgendosi con particolare attenzione al settore del design e dell’architettura. Questa esperienza, interessante per l’integrazione tra la tecnologia digitale, il rapid manufacturing e la creazione di una comunità di creativi intorno al laboratorio, sembrerebbe esprimere ancora un modello relativamente più tradizionale. Oneoff si inserisce e si specializza infatti in un anello della filiera creativa del design (prototyping), ma non stravolge il classico modello ideazione-produzione di oggetti rispetto a modelli di fabbing basati maggiormente sulla condivisione delle conoscenze tra i membri di una comunità  secondo il paradigma del “peer-to-peer”.

 

Per avvicinarsi maggiormente a questi modelli emergenti di digital fabrication bisogna infine rivolgere l’attenzione verso un’altra esperienza imprenditoriale milanese, VECTOREALISM (http://www.vectorealism.com). Nata a Milano nel 2010, la società è stata fondata da Eleonora Ricca, una laureata in Design Industriale, con l’idea di mettere a disposizione di designer e appassionati, tecnologie avanzate per la produzione delle loro idee, nel modo più semplice possibile. Mediante la sua piattaforma web, la società offre un servizio di rapid manufacturing on demand: permette di caricare in formato digitale un disegno e ottenere l’oggetto (in quantitativi desiderati e scegliendo su un set di materiali disponibili) mediante la tecnica del Taglio Laser. Gli oggetti sono poi ritirati in sede o spediti al cliente. Vectorealism fa parte della rete di digital fabricators di PONOKO (www.ponoko.com) una società neozelandese che ha creato un portale di e-commerce dove gli utenti possono acquistare oggetti creati da altri utenti. In questo senso, Vectorealism rappresenta il punto di riferimento di Ponoko in Italia, riducendo così i costi di spedizione per gli utenti in Italia e nel sud Europa del portale di e-commerce.

 

Vectorealism è una piccola realtà che impegna al momento solo 3 persone e si basa essenzialmente su due componenti principali:

– Hardware: una macchina per il taglio laser di classe professionale;
– Software: programmi per la gestione della macchina e per la piattaforma web per condurre e gestire le transazioni:

 

Come nel contesto di molte altre industrie creative legate allo sviluppo delle tecnologie digitali, le risorse finanziare investite nel progetto sono state abbastanza ridotte, la maggior parte delle quali è stata utilizzata per l’acquisizione dell’hardware e del relativo software proprietario. A un anno dall’inizio delle attività, Vectorealism aveva realizzato quasi un migliaio di prodotti, con quantitativi di produzione che variano dal singolo pezzo alla stampa di alcune migliaia di unità. I principali utilizzatori della piattaforma sono nella maggior parte dei casi utenti non professionali a cui però piacerebbe far diventare il proprio hobby un lavoro. Una volta ideato l’oggetto, gli utenti tendono poi a condividere i propri disegni sulla piattaforma di Ponoko, con la possibilità di vendere gli oggetti ideati. Il quantitativo richiesto dai clienti può variare sia in base alla finalità di utilizzo sia a dei vincoli tecnici. Singoli pezzi possono essere richiesti se l’oggetto è prodotto come prototipo, mentre migliaia di unità possono essere ottenute se ad esempio si richiede la realizzazione di piccoli oggetti ricavati da un unico pezzo di materiale.

 

Da queste quattro pioneristiche esperienze nel campo della digital fabrication in Italia è possibile ricavare alcuni spunti di riflessione per l’azione pubblica e le strategie private in questo ambito emergente.

 

Queste tecnologie suggeriscono dei profondi cambiamenti nei processi creativi legati alla progettazione e produzione di oggetti. Il “produrre cultura”, intesa come attività rivolta all’espressione artistica e creativa, non sarà più solo destinata ai tradizionali luoghi della cultura come i musei, i teatri o i centri culturali. In questa prospettiva, i FabLab possono diventare per le comunità e i territori, le nuove biblioteche del futuro. Come i libri sono strumenti di conoscenza, questi laboratori attrezzati con macchine per il taglio laser e la stampa 3D di oggetti possono essere il luogo in cui gli individui possono trasformare le proprie idee e progetti in prodotti. Per molti il computer è infatti soltanto l’ultimo ostacolo tra l’idea e la sua materializzazione e anche per questo i FabLab possono essere fondamentali per favorire la semplificazione e la divulgazione di conoscenze legate alla produzione mediante queste nuove tecniche.

 

Se l’innovazione tecnologia porterà a una rivoluzione nelle capacità di produrre oggetti, ancora più importante è la costruzione di comunità e la messa in rete di saperi e conoscenze riguardo alla capacità di progettarli e idearli. Come suggerisce il caso di Vectorealism, la relazione con la comunità di creativi e ideatori che si avvicina e usa la piattaforma web è fondamentale. Sviluppare queste relazioni favorisce i singoli che traggono beneficio dallo scambio di idee e informazioni sulla ideazione e realizzazione di oggetti. Allo stesso modo, questo favorisce la piattaforma che in qualche modo fidelizza gli utenti e può avere una maggiore sostenibilità mediante il ritorno economico dei suoi servizi. Questo sembra essere il vero valore aggiunto per favorire lo sviluppo di nuovi processi creativi, più che la semplice presenza di una macchina per il taglio laser o di una stampante 3D.

 

Infine, è interessante sottolineare come questo nuovo fenomeno che apparentemente fa della virtualità e dei contenuti digitali i suoi punti di forza, rimanga comunque fortemente legato ad una geografia dei saperi e delle tecniche. Tutte le esperienze citate si ritrovano in due città che nel nostro paese hanno tradizionalmente espresso un elevato capitale umano sia nel campo dell’innovazione tecnologica che nel campo del design. Questo aspetto suggerisce ancora una volta la centralità delle capacità umane nel determinare il cammino e l’evoluzione dei processi creativi nei territori.