Open culture, il rapporto possibile tra cultura e comunità

La partecipazione, già sfruttata dalla comunicazione e dal marketing, soprattutto attraverso il web 2.0, ora diventa la chiave per un deciso cambiamento sociale e culturale.

Con la collaborazione di Mara Polloni. Si ringraziano Silvia De March (Enzimi) e Adriana Scuotto (Fund for Culture).

 

Segnali
Questo è tempo di rivoluzione: dagli Indignati alla cosiddetta Primavera Araba, da Occupy Wall Street alla nuova rivoluzione che viene dalla Silicon Valley, dove il mondo si trasforma da connesso a iper-connesso – come scrive Thomas Friedman – a una velocità crescente.

 

Cosa hanno in comune queste rivoluzioni? Prima di tutto un sentimento racchiuso nella parola open, che da decenni si va imponendo in vari ambiti della nostra società (open source, open design, open access, open document, open data, open governament …). È un aggettivo che indica la partecipazione di individui in grado di superare le barriere fisiche, culturali, cognitive e politiche per costruire qualcosa di nuovo o collaborare per far crescere un’idea in modo più veloce, più economico e con un migliore risultato. Si tratta ovviamente di un fenomeno che, a fatica, incomincia a echeggiare anche nella nostra statica Penisola.

 

Cos’altro hanno in comune queste rivoluzioni? Portano in sé un cambiamento nel modo di concepire l’individuo. È la riacquisizione della coscienza del potere che viene dalle persone e della capacità di autodeterminazione di sé in quanto parte di una società. Si parla, si agisce per una nuova coscienza del Bene Comune, con la consapevolezza che questo non possa che essere nelle nostre mani: la Società, la Politica, l’Economia, il Lavoro, l’Educazione, l’Ambiente ma anche e soprattutto la Cultura.

 

Questi sono i principi che animano i movimenti di protesta (pacifici e non) così come parte dell’odierna innovazione IT, la quale poggia sul potere dei social media e sull’ubiquità iperconnessa delle persone – grazie al wi-fi diffuso e ai devices a basso costo – in modo da dar vita con lo strumento del cloud computing al business delle applicazioni che rendono tutto veloce, leggero, economico e utilizzabile da chiunque e ovunque, aprendo un mondo di infinite nuove possibilità. La Cultura Open si fonda dunque sui concetti di libero accesso (all’informazione, al progetto, all’idea, al prodotto finito, al contenuto …) e di partecipazione aperta per un obiettivo comune, che si costruisce e raggiunge grazie al potere di tanti, perché la diversità diventa forza e ricchezza.  

 

La partecipazione è forte del valore esperienziale, fondato sul coinvolgimento emotivo, fisico, intellettuale o ideativo in modo da generare anche grazie alla condivisione racconto e memoria, identità e senso di appartenenza. Già sfruttata dalla comunicazione e dal marketing, soprattutto attraverso il web 2.0, ora diventa la chiave per un deciso cambiamento sociale e culturale. E proprio in campo culturale e artistico la partecipazione assume importanza fondamentale nella progettazione dell’offerta culturale. La partecipazione si dipana pertanto lungo un esteso ventaglio di esperienze che supera la pur rilevante centralità del fruitore e delle sue elaborazioni interpretative nell’alveo dell’intera offerta culturale e dei sui profili spazio-temporali: partecipazione significa coinvolgimento del fruitore in un processo ideativo e produttivo che crea affiliazione e appartenenza.

 

Nella recente esperienza italiana elementi sensibili di un desiderio di cambiamento culturale si notano – almeno nell’ultimo decennio – nel proliferare dell’associazionismo non profit per le arti e la cultura: singoli o gruppi, professionisti del settore o appassionati (comunque e sempre attraverso iniziative private) manifestano il bisogno di dare un’alternativa all’offerta mainstream, alla tutela e alla diffusione culturale; cercano risposte, più o meno riuscite, più o meno valide o efficaci ma pur sempre risposte capaci di perseguire per i loro obiettivi. Queste necessità oggi non vengono più solo dai professionisti del settore ma anche e in modo forte da un pubblico nuovo, eterogeneo e non specialistico, ma desideroso di essere coinvolto. E’ una domanda nuova, crescente ed esigente, soprattutto consapevole del contesto internazionale, con il quale l’Italia troppo spesso non riesce a confrontarsi in modo serio e coerente nonostante le sue potenzialità uniche.

 

Condivisione
Convogliare, organizzare, dare strumenti per la collaborazione, la partecipazione e la realizzazione: questa è la modalità di lavoro di Enzimi, associazione che fonda la propria stessa esistenza  sul concetto di comunità partecipata dove gli stessi spettatori/soci sono chiamati a farsi parte integrante e responsabile del processo ideativo e decisionale rispetto alla proposta culturale per la propria città.

 

Enzimi nasce a Treviso nel maggio 2010, da un’idea di Silvia De March,  per la promozione dei linguaggi contemporanei e di ricerca, sperimentazione e innovazione nell’ambito del teatro, della danza, della musica e delle arti visuali. A partire dal nome Enzimi si pone come acceleratore dei processi culturali nel territorio trevigiano, con l’intento di renderlo punto di riferimento per la scena artistica contemporanea del nord-est con un’attività continuativa di rassegne e spettacoli. L’idea è quella di un’ associazione culturale a propulsione sociale la cui identità si fonda su una comunità partecipata da spettatori, artisti e organizzatori culturali.

 

Questa caratteristica rende Enzimi uno dei pochi esempi di progettazione partecipata, soprattutto in campo culturale, e che vede applicate teorie e pratiche, ormai storicizzate, del modello organizzativo di tipo condiviso. La partecipazione in questo caso si profila come una nuova coscienza di appartenenza a una comunità ultra-virtuale (ossia reale in tutti i sensi) di cui si è al tempo stesso attori, organizzatori e fruitori. Il coinvolgimento dell’utente (chiamato anche “spettatore di qualità”) avviene direttamente nel processo di creazione del palinsesto a garanzia della sostenibilità e dell’esistenza stessa di Enzimi, che ha così un riscontro immediato delle esigenze e della partecipazione degli spettatori alle proposte performative, nonché la soddisfazione della domanda nella diversificazione dell’offerta.

 

Questa modalità tenta di avviare un processo di chiamata all’auto-responsabilizzazione nei confronti dell’offerta culturale cittadina ritenuta insoddisfacente, stagnante, poggiata su direttrici tradizionali e affidata a pochi operatori. Gli stessi cittadini/fruitori sono in questo caso responsabili e impegnati, in quanto soci ordinari (attivi nei processi decisionali, di scelta e di proposta), nel dare ciascuno il proprio contributo in un ‘collettore superiore’ ai singoli interessi, dove siano assicurate la collegialità delle decisioni e la soddisfazione della pluralità culturale della domanda. Pertanto Enzimi presuppone un lavoro, sicuramente molto faticoso e difficile, di confronto e mediazione sui processi e sui risultati del gruppo, avendo cura e attenzione delle dinamiche e delle relazioni interne per far emergere aspettative, esigenze e timori degli associati rispetto agli obiettivi dell’associazione.

 

Nonostante le grandi difficoltà pratiche dovute alle complicate relazioni con i soggetti politici e le istituzioni e ai problemi legati alla consueta mancanza di fondi e spazi che permetta la continuità lavorativa dei soggetti propositivi, l’iniziativa dell’associazione Enzimi trova continui riscontri alle sue richieste di ascolto e accoglienza (è ancora in cerca di uno spazio fisso), attivando ad esempio la collaborazione con l’amministrazione di Zero Branco (comune della provincia di Treviso) dove l’Assessorato alla Cultura ha scelto di esportare il modello partecipativo dell’associazione per la cogestione dell’auditorium di Villa Guidini.

 

Per quanto concerne i costi l’associazione si trova ad affrontare soprattutto quelli relativi alla comunicazione e promozione (sia on-line che su stampa), ai service audio e luci e ai diritti SIAE. Le entrate invece vengono dai contributi del pubblico, che accede con ingresso libero o con ‘biglietto responsabile’ (gratis, ridotto o intero a seconda della libera scelta dello spettatore) e dall’attivazione di sponsorizzazioni, come nel caso della seconda edizione della rassegna teatrale est:art 2011.

 

Dal bilancio del primo anno e mezzo di attività emerge che, nonostante i segnali positivi dati dall’affluenza di pubblico, dal confronto tra spese e entrate (sempre in pareggio, se non addirittura in attivo), dall’adesione via facebook agli eventi e al gruppo ‘Enzimi’, dalla rassegna stampa in ambito locale e dal crescente interesse da parte delle istituzioni e le richieste di collaborazione e partnership, la richiesta di adesione attiva come soci ordinari risulta tuttora piuttosto limitata, soprattutto da parte del pubblico più giovane; il progetto Enzimi non si ferma ma legge in filigrana le contraddizioni e gli input raccolti per migliorarsi nelle modalità d’azione da adottare rispetto ai propri obiettivi e alla propria identità.

 

Partecipazione
Di diversa natura è Fund For Culture, un’innovazione sociale nel settore culturale che promuove la realizzazione di una piattaforma online di crowdfunding per la cultura : il coinvolgimento delle persone avviene in questo caso nel processo economico-produttivo della realizzazione di progetti culturali o artistici attraverso gli strumenti della rete. Di nuovo sono la domanda e l’interesse comune a decretare la selezione e la realizzazione delle proposte. Questo progetto nasce dalla constatazione del bisogno, da parte degli operatori culturali, di risorse monetarie alternative a quelle ormai consolidate e sempre più scarse, e dalla necessità crescente dei cittadini di intervenire in qualche modo e far sentire la propria voce. La mission è, quindi, affermare il valore e la potenza dell’unione e della partecipazione per sostenere la cultura e permettere a tutti di contribuire secondo i propri interessi, gusti, preferenze e nella quantità che si vuole, senza vincoli. Il che apre una solida opportunità di superare i formalismi e le opacità del finanziamento pubblico, attivando forme più diffuse e trasparenti di partecipazione finanziaria ai progetti culturali.

 

Fund For Culture, nella forma d’impresa sociale, gestisce un sistema di raccolta fondi on-line per la cultura utilizzando la tecnica in rapida espansione del crowdfunding, il tutto attraverso una piattaforma che faciliti i comportamenti pro-sociali e reputazionali della collettività con l’intento di espandere l’area delle donazioni individuali per la cultura a partire da contributi minimi. Il progetto vuole creare una connessione tra i progetti di chi fa cultura in Italia (singoli artisti, associazioni, fondazioni, istituzioni museali) e chi, nel suo piccolo, vuole sostenerli. In questo modo Fund For Culture incentiva la raccolta di somme a favore di iniziative culturali offrendo promozione e visibilità alle stesse e garantendo una partecipazione attiva ed emozionale di tutti gli utenti che possono interagire nella community.

 

L’impatto principale dell’iniziativa è il coinvolgimento dei singoli nella vita culturale del Paese, nella convinzione che sfruttando il web per ridurre le distanze e creare condivisione ci potranno essere delle ricadute sul territorio in termini di sensibilità, appartenenza e partecipazione alla cultura. L’obiettivo è di dar vita a una community dinamica con un’interazione diretta e peer-to-peer, paritaria, tra promotori e donatori in modo da creare dialogo, compartecipazione e ridurre il possibile insorgere dell’azzardo morale.  Attraverso i meccanismi partecipati di raccolta dei fondi la cultura è intesa come un bene comune, un bene di tutti e che tutti possono curare e valorizzare, e questo è per Fund For Culture il primo passo concreto per contribuire alla costruzione di un contesto migliore.

 

Dopo un periodo di incubazione durato un anno all’interno della community creativa di Kublai, Fund For Culture vince a settembre il Kublai Award 2011 e destina la somma vinta di 5.000 euro (messa a disposizione dal Ministero per lo Sviluppo Economico) alle consulenze necessarie per l’avviamento e il completamento della piattaforma in versione beta, non definitiva ma subito pienamente operativa, che è stata resa attiva nel primo semestre 2012. L’attuale versione del sito http://www.fundforculture.org è stata interamente realizzata con capitale proprio e consente di raccogliere le proposte di iniziative culturali e le iscrizioni dei donatori. Intanto sono in corso trattative per poter ottenere un contributo ulteriore di 30.000 euro per un successivo perfezionamento della piattaforma; in mancanza, Fund For Culture provvederà con mezzi propri alle esigenze finanziarie del progetto.

 

A garanzia delle proposte raccolte sulla piattaforma Fund For Culture si propone come filtro valutativo per l’attendibilità e la coerenza di queste, assicurando inoltre la massima tracciabilità e trasparenza sulle donazioni, oltre a una continua informazione sugli sviluppi dei progetti per i donatori. Fund For Culture insomma si presenta come un’iniziativa privata dalle ampie possibilità di sviluppo, non solo nelle nuove prospettive di finanziamento della cultura, ma anche nel rapporto che noi tutti abbiamo con essa.

 

Il settore nonprofit si pone nel contesto culturale e artistico come una grande risorsa, un patrimonio parallelo a quello storico-artistico, fatto di professionalità e competenze, con grandi capacità progettuali, innovative e ideative, ma che spesso si ritrovano isolate, quando non ostacolate, da quelli che dovrebbero essere i principali interlocutori, gli enti pubblici. Alle amministrazioni in ambito culturale è richiesto, proprio in questo momento di mancanza di risorse – economiche e troppo spesso di idee – di osservare e captare i movimenti e le pratiche intelligenti che si manifestano nel nostro territorio, di raccoglierle, sostenerle e implementarle nel loro lavoro.

 

In che modo? Fornendo servizi di consulenza, di coordinamento logistico e progettuale), informativi su norme, bandi, opportunità, servizi di fundraising, etc. Esempi in questa direzione ci sono, anche se rari (purtroppo non sono mai di natura sistematica), ma il maggior problema di queste iniziative che partono dal settore pubblico ristagna nella mancanza di sopravvivenza di questi progetti sul lungo periodo, il che di conseguenza determina la riduzione di prospettive per i soggetti culturali coinvolti; è un problema connesso alla cronica dipendenza e influenza di consolidate derive politiche che – oltre a guardare troppo spesso più all’interesse estemporaneo piuttosto che al bene comune – è anche oggetto della danza alternata tra le giunte e le opposizioni (talvolta anche interne alla stessa parte politica) che solitamente fa tabula rasa dei precedenti interventi.

 

Un’alternativa praticabile e sostenibile sarebbe la creazione di poli amministrativi prevalentemente tecnici o la delega ufficiale di servizi di coordinamento e monitoraggio per conto del pubblico a competenze e professionalità esterne che si occupino dello sviluppo artistico dei soggetti operanti sul territorio, in modo da creare strutture il più possibili indipendenti e tutelate dai cambiamenti di vento e di governo. La sopravvivenza di questi organi ‘satellite’ (che risponderebbero efficacemente al bisogno di terzietà tipico dell’arm’s lenght principle della cultura anglosassone) dovrebbe essere legata ai risultati concreti che un servizio di questo genere può portare sia in termini di ottimizzazione delle risorse, sia in termini di selezione e valutazione dell’offerta, in modo da mettere a fuoco senza pregiudizi gli impatti delle attività sostenute sul benessere e sulla risposta di comunità e territorio, e non tenga conto solo delle cifre per quanto sempre importanti.

 

Convergenze
Nella narrazione di Mara Polloni, coordinatrice e responsabile del Consorzio Marche Spettacolo, si trova un esempio innovativo di politiche di intervento dirette al servizio e allo sviluppo concreto delle realtà operanti nel territorio, in questo caso marchigiano.

 

Neglu ultimi due anni la Regione Marche ha scelto di rafforzare la propria azione in ambito culturale, nella convinzione che una politica efficace debba dotarsi primariamente di strumenti e assetti ben chiari, soprattutto in un momento opaco come quello attuale. Per quanto riguarda lo spettacolo dal vivo – di cui le Marche hanno una grande ricchezza di strutture e tradizioni – l’approvazione nel 2009 della Legge Regionale n. 11 ha formalmente riconosciuto in esso un aspetto chiave fondamentale per la crescita culturale e lo sviluppo economico del territorio e ha consentito alla Regione di avviare un’azione di sviluppo incentrata su questo settore. L’incremento della domanda di qualità della vita, congiuntamente all’assottigliamento delle risorse pubbliche, ha stimolato l’amministrazione ad affrontare i problemi gestionali, finanziari e promozionali del settore con nuove formule capaci di generare ricadute non solo nel settore specifico, ma su tutta l’economia locale.

 

Il sostegno a tale settore, nonché alla sua innovazione organizzativa e gestionale, si configura dunque nel lungo periodo come prospettiva di sviluppo per la regione, sottraendola alla dipendenza dalle sorti dell’industria manifatturiera in cui oggi si manifestano chiari segnali di crisi. A seguito di un’approfondita analisi del settore e delle principali criticità individuate dal confronto con gli operatori dello spettacolo la Regione Marche ha individuato in questo modo il percorso strategico di sostenere la nascita di un consorzio unitario (con la novità di accomunare gli ambiti musicali e teatrali, solitamente ben distinti) che raggruppasse gli enti stabili del sistema dello spettacolo dal vivo, che facilitasse la circolazione di esperienze, la condivisione dei servizi e la progettualità avanzata per lo sviluppo del settore.

 

Andy Burnett definisce l’innovazione “un processo convergente che ha a che fare con la selezione e l’attuazione delle idee”, e quindi con capacità organizzative, manageriali e di fundraising. In questo senso, la costituzione del Consorzio Marche Spettacolo rappresenta uno dei momenti più innovativi della politica regionale per la cultura e lo spettacolo. Istituito dopo un intenso lavoro di confronto tra i soggetti interessati il Consorzio nasce come un’opportunità a servizio dei soci consorziati e più in generale di tutto il settore, con la finalità dichiarata di sostenere la razionalizzazione della spesa, di evitare sprechi e di creare economie, nonché nuove opportunità di rilancio e sviluppo.

 

Uno degli elementi di maggiore innovazione legati alla costituzione dell’ente risiede nella ricerca di una nuova modalità di gestione del rapporto tra soggetti pubblici e privati operanti nel settore dello spettacolo dal vivo. Il senso è quello di snellire le pratiche burocratiche, velocizzare le procedure, coordinare maggiormente gli enti e gli uffici coinvolti nei progetti, con un conseguente incremento dell’efficacia e dell’efficienza nella comunicazione e un sostanziale approfondimento dei rapporti tra i soggetti. La velocizzazione, lo snellimento delle procedure e dei rapporti istituzionali in favore degli enti consorziati va nella direzione di un’azione – in coordinamento con l’Osservatorio regionale dello Spettacolo dal vivo – di costante  monitoraggio del sistema per instaurare un rapporto di maggiore implicazione, governance e trasparenza.

 

Inizialmente sono entrati a far parte del Consorzio l’Associazione Arena Sferisterio Teatro di Tradizione (Macerata), la Fondazione Rossini Opera Festival (Pesaro), la Fondazione Pergolesi-Spontini (Jesi), la Fondazione Teatro delle Muse (Ancona), la Fondazione Orchestra Regionale delle Marche (Ancona), l’Associazione Musicultura (Recanati), l’Associazione Marchigiana Attività Teatrali (Ancona), la Fondazione Le Città del Teatro Teatro Stabile delle Marche (Ancona), l’Associazione Inteatro (Polverigi), il Teatro del Canguro (Ancona) a cui hanno fatto seguito le adesioni di altri soggetti marchigiani operanti nello spettacolo dal vivo, tuttora in corso (ad oggi sono 25 i consorziati). Superando le iniziali diffidenze e ostilità tipiche di un settore ad alto tasso di competitività e conflittualità la costituzione del Consorzio è stata formalizzata alla fine del 2010.

 

Il Consorzio vuole essere così uno strumento con forti potenzialità, in una direzione di razionalizzazione e sviluppo. Facendosi portavoce di un concetto di cultura innovativo e più ampio si pone come leva trasversale per lo sviluppo sostenibile del territorio, così da diventare anche il naturale interlocutore non soltanto delle istituzioni operanti nella sfera artistico-culturale ma di tutti i settori, a partire dalla formazione e dal turismo, in cui si possa evidenziare la capacità dello spettacolo dal vivo di connettersi ad essi, incentivando forme di programmazione integrata delle risorse e di progettazione condivisa.

 

Da tutto ciò emerge come la Regione ha realizzato un’azione realmente innovativa che dà vita a uno strumento di governance del comparto e che testimonia la volontà di mettere al centro delle strategie di sviluppo territoriale la cultura, sulla base di un nuovo modello di sviluppo sostenibile del territorio. L’anima dal Consorzio risiede nella dimensione progettuale e nella convinzione che sia proprio questo l’ambito strategico e operativo del futuro in quanto più versatile di fronte alle circostanze e alle possibilità, capace di articolarsi su esigenze ed emergenze del territorio, di identificare opportunità specifiche e coagulare risorse. In relazione a tale modalità, ogni azione progettuale prevede l’avvio di tavoli operativi, composti da referenti di ciascun consorziato, cui è demandata la fase di analisi e la decisione sull’opportunità di procedere.

 

La costituzione del Consorzio Marche Spettacolo rappresenta una risposta efficace e coerente non soltanto in relazione alle esigenze interne del settore dello spettacolo dal vivo ma anche a quelle esterne, provenienti da cittadini e fruitori, in quanto mira a espandere l’accesso e la domanda di cultura, nonché ad un più incisivo soddisfacimento di quella già esistente attraverso l’ottimizzazione di calendari e agende.

 

Questa iniziativa rappresenta un’operazione complessa e articolata ma finanziariamente sostenibile, in quanto costituita in coerenza con gli obiettivi di economicità e flessibilità, e senza ulteriori costi per il sistema. La legge regionale di assestamento ha infatti riservato al Consorzio uno stanziamento iniziale destinato all’avviamento dello stesso, riattribuendo parte del sostegno ordinario rivolto agli stessi enti confluiti nel Consorzio (il taglio è pari al 10% del contributo storico). Inoltre, tra le attività previste dal piano strategico di sviluppo del Consorzio Marche Spettacolo a garanzia della sostenibilità futura al progetto vi sono lo sviluppo di rapporti permanenti con le fondazioni di origine bancaria; lo sviluppo di rapporti con il mondo economico e produttivo; una regolare attività di progettazione europea.

 

In quest’ottica la ridefinizione su vasta scala di metodologie e pratiche del settore in questione si configura come un aspetto strategico affinché il sistema stesso, per primo, sia in grado di percepirsi come tale in modo organico, e abbia la capacità di farsi percepire al suo esterno. Ciò nella convinzione che continuare a reiterare modelli gestionali pensati per un’organizzazione fordista del sistema produttivo finisca per contrastare profondamente con un mondo in rapida trasformazione in cui si susseguono incessanti e molteplici cambiamenti. Produzione di nuova cultura, integrazione nel patrimonio esistente, innovazione competitiva: sono questi i capisaldi che hanno sostenuto un nuovo modello di sviluppo strategico convergente.