Passeggiate-racconto al museo, un approccio ludico all’arte

La mediazione culturale cerca di convincere i pubblici restii ad entrare nei musei d’arte a praticare tale tipo di attività. Negli ultimi sette-otto anni, il racconto è diventato una delle attività che riesce meglio di altre ad attirare i visitatori che frequentano raramente i musei, o a rinnovare il piacere di coloro che ci vengono regolarmente. Nessun segreto, la relazione tra racconto e arte è una storia d’amore antica come il mondo; le visite-spettacolo nei musei permettono di riascoltare le storie e riscoprire l’arte.

Arte, musei e coloro che non li frequentano

 

Hana Gottesdiener sottolinea, in un’indagine qualitativa sulla frequentazione dei musei d’arte in Francia(1), che “tra i principali ostacoli alla visita museale vi sono: la constatazione che arte e musei non fanno parte della propria vita e del proprio mondo; l’affermazione della mancanza di interesse personale per le belle arti e la preferenza per altri campi della cultura; l’espressione di un rifiuto critico del museo (…). Per molti, la visita di un museo richiede una certa organizzazione del proprio tempo che finisce per rendere questa pratica di difficile accesso. Tuttavia, sono soprattutto la prospettiva degli sforzi intellettuali da fornire e l’importanza del coinvolgimento emotivo che ostacolano questa pratica. (…) Si fa costantemente il confronto con le conoscenze dello specialista, dell’esperto e della persona competente, con il timore, alla fine, di non essere all’altezza. L’incontro con l’opera d’arte si inaugura nella paura “.

 

Inoltre, la visita al museo è raramente percepita come un’occupazione del tempo libero e un momento di piacere, ma piuttosto come un’attività d’istruzione e d’apprendimento.

 

Sono passati vent’anni da questo studio, ma le cifre di riferimento della frequentazione dei musei francesi (età, provenienza socio-economica dei visitatori, ecc.) non sono cambiate molto(2). Nelle ricerche qualitative internazionali, gli intervistati continuano a menzionare il valore di condivisione sociale dell’esperienza museale ed il bisogno di non “sentirsi soli” e senza chiavi di lettura durante la loro visita(3).

 

Un approccio sensibile all’arte

 

Da queste constatazioni è nata l’idea di un approccio ludico che riduca la distanza tra le opere d’arte e coloro che le sentono distanti o inaccessibili e, soprattutto, rendere piacevole questo possibile incontro.

 

Ritengo che l’amore per l’arte sia un ingrediente essenziale per il suo apprezzamento. Tuttavia, spesso all’inizio è necessaria una scintilla, un particolare che catturi l’interesse, un riferimento semantico che stimoli la voglia di osservare le sculture o i quadri in maniera diversa e più intesa, per avere accesso in questo modo ad un altro mondo. Fare un po’ come nel film Mary Poppins, in cui la protagonista “entra e balla” nel paesaggio disegnato con i gessetti sul marciapiede. Ho sempre desiderato “saltare e ballare” in un quadro impressionista, ho spesso “sentito” grida e fracasso di armi davanti alla raffigurazione del Ratto delle Sabine. Stimolare le sensazioni e utilizzare il racconto mi sono sembrati, in maniera spontanea, i fili d’Arianna per proporre una visita in un museo accessibile a tutti.

 

Questo approccio non intende fornire una conoscenza tecnica o storica, ma mira principalmente a trasmettere una passione per permettere allo spettatore di instaurare un legame emotivo con le opere d’arte. Queste sono ricche di stimoli sensoriali, grazie alle immagini e alle situazioni che evocano, ai dettagli della loro fattura, al loro movimento, ecc. Aprirsi e lasciarsi andare alle sensazioni, risvegliate in questo modo, permette di avere uno sguardo personale sulle opere, di appropriarsene e di mettere in moto la propria immaginazione.

 

Il racconto come mediatore tra il pubblico e le opere: il risveglio degli occhi e della passione

 

Lo sguardo è la dimensione su cui ho voluto lavorare in modo particolare. Tuttavia, per molte persone, è necessario imparare a “guardare”. Si vede, certo; si sfiorano decine di cose con lo sguardo, ma spesso non si guarda veramente. La quantità di opere presenti, esposte al di fuori del loro contesto originale, distrae l’occhio senza permettergli di posarsi su un oggetto in particolare.

 

Per accompagnare lo sguardo, è il forte legame che esiste tra una storia (mito, evento storico o religioso, ecc.) e la sua rappresentazione che viene qui utilizzato, il va e vieni continuo dall’una all’altra, base del lavoro di molti artisti fin dall’antichità. L’idea progettuale che propongo è quella di una “passeggiata-racconto” (“balade contée”), spettacolo itinerante in cui narro uno o più miti (o altre storie) illustrati attraverso una selezione di una dozzina di opere d’arte, esposte nelle sale di un museo o di una galleria d’arte. In altre parole, cerco di dare voce alle storie che quadri, sculture o mosaici raccontano in immagini, come una specie di “fumetto” gigante dove le nuvolette e le didascalie sono sostituite dalla mia presenza di raccontastorie.

 

Per ciò che concerne l’arte contemporanea, meno nella rappresentazione o nel figurativo, sono le opere che mi suggeriscono, per associazione di idee e attraverso le emozioni che mi suscitano, la scelta delle storie che potrebbero accadere nel loro universo artistico particolare.

 

L’uso del racconto in senso lato presenta diversi vantaggi:
–  trasmette, con lo svolgersi della storia, le principali chiavi di lettura e comprensione delle opere, come ad esempio il significato simbolico degli oggetti o delle scene rappresentati;
– teatralizza il contenuto e gli dà una forma emotiva che coinvolge tutti i sensi e cattura l’attenzione di chi ascolta;
– utilizza un registro parlato accessibile a tutti gli spettatori, indipendentemente dalla loro età o dal livello d’istruzione;
– riunisce bambini e adulti nella stessa attività;
– privilegia, in un primo tempo, la scoperta dell’opera attraverso la lente dei sensi e dell’emozione invece di quella intellettuale e delle conoscenze. Anche per coloro che già conoscono la storia dell’arte, il piacere della narrazione è presente, amplificando quello della comprensione personale.

 

L’approccio che propongo mira ad animare le opere d’arte ed a restituire loro la forza narrativa originale, posizionandole all’interno di una trama. Fa appello alla fantasia ed alla capacità di suggestione di ogni visitatore, che si trova in una relazione attiva rispetto all’opera. Anche se guidato dal racconto, lo spett-attore ha sempre un grande spazio di interpretazione e immaginazione personale, per esempio quando dà senso alle espressioni dei personaggi ed ai paesaggi che li circondano o immagina la parte della storia non rappresentata. Il racconto diventa un pretesto piacevole per guardare e fare un viaggio nell’universo poetico dell’artista.

 

Tuttavia, una passeggiata-racconto non è solo fine a se stessa. E’ la famosa scintilla che può far accendere la torcia dell’amore dell’arte, cosa che spero accada dopo ogni rappresentazione. Vuole anche stimolare l’inizio di un altro cammino e suggerire le strade che consentono ai partecipanti di apprezzare le altre dimensioni dell’arte (storica, tecnica ecc.). Dare voglia: dare voglia ai visitatori di leggere un libro, di tornare da soli al museo, con delle visite-conferenze di gruppo o per dei workshop artistici.

 

Quando ho cominciato questo progetto una dozzina di anni fa, sapevo raccontare storie come tutti sanno farlo. In Francia, dove abito da quindici anni, l’arte di raccontare le storie è molto diffusa (anche se rappresenta una parte minima delle arti performative). Ho seguito dei corsi di formazione con dei raccontastorie riconosciuti e dalla lunga esperienza, che ringrazio sempre per la loro generosità, tra cui è possibile citare Bernadète Bidaude e Pepito Mateo. Ho seguito anche corsi di danza, canto e voce: non avendo mai messo un piede su un palcoscenico dai tempi delle elementari, ho dovuto cercare di farmi rapidamente un bagaglio di competenze per parlare con fluidità davanti ad un pubblico, farlo sognare, fargli credere agli dei dell’Olimpo. Il pubblico è stato anche un aiuto prezioso, con i suoi feedback, per rendere concrete e far esistere queste passeggiate museali, migliorarle e crearne di nuove. Ho finito per fare la raccontastorie a tempo pieno; è il mestiere di cui vivo attualmente e che pratico anche in teatri, scuole o festival. Circa la metà della mia attività resta comunque legata alle opere d’arte, nei musei o in gallerie più piccole, nelle mostre temporanee o nelle collezioni permanenti.

 

Fino a qualche anno fa, la maggior parte dei musei francesi considerava questo genere di attività come poco serio; al meglio come un’attrazione per bambini, al peggio come un insieme di informazioni false non corrispondenti alla realtà storica, in “concorrenza sleale” con le conferenze. La visione delle attività di mediazione nei musei si è per fortuna allargata e, al giorno d’oggi, tutti i musei che possono permetterselo, aggiungono delle visite narrate al loro calendario culturale. Può trattarsi sia di una programmazione ricorrente, sia di eventi in occasioni speciali, come la Notte dei Musei, le Giornate Europee del Patrimonio o un festival di narrazione che si svolge nella stessa città. Un’importanza particolare è quella del lavoro con gruppi di associazioni attive nel campo del sociale (che lavorano con immigrati, senzatetto, indigenti, disabili mentali) per cui il “vieni, ti racconto una storia” diventa legame sociale, accoglienza e veicolo popolare e diretto di cultura.

 

Per dare un’idea della diffusione delle visite narrate nei musei dove lavoro regolarmente, al Museo del Louvre sono presenti tre raccontastorie, con cinque passeggiate-racconto diverse; nove raccontastorie sono sparsi nei quattordici musei municipali di Parigi; al Museo Gustave Moreau di Parigi, lavoro in coppia con un artista per la realizzazione di un laboratorio di racconto e disegno per le scuole. Ci sono raccontastorie anche ai castelli di Versailles, Fontainebleau, al Museo del Quai Branly (culture del mondo) ed alla Cité de la Musique a Parigi, per citare i più importanti. Il pubblico è sempre numeroso ed entusiasta, decretando il successo del racconto in tutti i musei che lo propongono. I commenti dei visitatori citano frequentemente il viaggio dell’immaginazione, la magia del momento, un momento di evasione, l’incontro e la (ri)scoperta dell’arte come una piacevole sorpresa.

 

Le passeggiate-racconto al museo in dettaglio

 

Questo tipo di visita è proposto ad un pubblico eterogeneo: adulti da soli o con bambini, classi (a partire, in genere, dai sei anni), con gli stessi limiti di presenza previsti per le visite di gruppo – 25/30 persone – visto che la passeggiata ha luogo nelle sale del museo durante i normali orari di apertura. Talvolta, in quanto evento speciale, le visite narrate possono aver luogo in aree e orari chiusi ai visitatori “normali” e il museo può decidere di allestire una sala con sedie e proiettori, dandole piuttosto una configurazione teatrale e quindi un po’ più statica.

 

Ogni raccontastorie ha il suo stile, il suo approccio personale con l’arte, le sue piccole ossessioni. Quello che cerco di fare è condividere con i visitatori il mio modo di guardare un quadro, una scultura: ossia fingere che ci sia una finestra da aprire o un essere pieno di vita. Quando mi relaziono con un pubblico adulto, comincio la passeggiata non con una storia, ma con quello che chiamo prologo sensoriale, ossia tentando di entrare in un quadro alla maniera di Mary Poppins. Chiedo ai visitatori, in questo momento più spett-attori che mai, di contemplare un quadro che ho scelto per loro (spesso un paesaggio) e di immaginare le sensazioni dei cinque sensi che avrebbero se fossero realmente nella scena rappresentata, poi di immaginare come continua il paesaggio al di là dei limiti della cornice, a 360°. Questa breve introduzione dura circa cinque minuti ed è un invito, un gioco da provare anche durante il racconto; sta ad ognuno scegliere se e quando farlo.

 

L’esperienza mi ha mostrato che questo momento di lenta immersione nei quadri non funziona molto con i bambini, forse perchè è per loro un grande sforzo concentrarsi in questo modo per più di un minuto o due. Sospetto anche, senza esserne sicura, che, per loro, guardare un quadro è già essere nel quadro, che il mondo dell’immaginazione si apra subito davanti ai loro occhi senza barriere.

 

Poi la passeggiata museale comincia: racconto una storia breve davanti a una sola opera d’arte o una storia lunga dividendola davanti a più opere, tappe di un percorso che si snoda attraverso diverse sale del museo, facendo attenzione a non dilatare le distanze, a non essere nella folla, a scegliere opere che si vedano bene in gruppo. Il pubblico non sa dove andremo, nè come continuerà la storia, la visita diventa una sorta di Via Crucis giocosa e misteriosa: in fondo, non si inventa mai niente di nuovo.

 

Variazioni sul tema

 

I raccontastorie nei musei lavorano in maniera piuttosto solitaria, ma ho avuto la fortuna di incontrare degli organizzatori culturali che mi hanno permesso di esplorare altre strade e di lavorare con altri artisti su dei percorsi differenti di passeggiata-racconto. Da anni lavoro con la violoncellista Birgit Yew sulla mitologia greca, con atmosfere sonore, musica classica o celtica che si sposano perfettamente con la drammaticità dei miti. La sua abilità e la potenza del suo strumento ci permettono le presentazioni nelle sale, ma anche all’aperto (parchi di sculture o siti patrimoniali) senza sonorizzazione. Se il racconto è un viaggio nella fantasia, la musica apre le porte del sogno ad occhi aperti, tutto si dilata e l’arte diventa globale.

 

Infine, grazie al partenariato con il dopolavoro di EDF-GDF (la compagnia elettrica francese), una passeggiata-spettacolo a due voci in musei d’arte contemporanea è stata creata e realizzata l’anno scorso, insieme a Véronique Caye, regista teatrale e performer. I racconti si alternano alla biografia teatralizzata di Marcel Duchamp, precursore dell’arte contemporanea. La forza e la chiarezza del pensiero di Duchamp, il suo percorso artistico e personale danno al pubblico le chiavi di comprensione di opere che considera astruse e senza senso e, soprattutto, lo investono del potere creativo, perchè secondo l’artista francese “è lo sguardo dello spettatore che fa il quadro”. E così il cerchio si chiude.

 

Conclusioni

 

In quanto raccontastorie, sono convinta che l’essere umano ha bisogno di storie e che queste, fra l’altro, aiutino l’uomo a dare un senso a ciò che lo circonda e alla vita. In diversi settori, il racconto e la narrazione sono sempre di più usati a fini terapeutici, pedagogici o di marketing. Nei musei, la narrazione tocca anche gli ambiti curatoriali. Se le collezioni permanenti sono quasi sempre organizzate in maniera cronologica o per movimento artistico, le scelte dei commissari delle esposizioni temporanee si dirigono sempre di più verso una messa in scena (relazione e dialogo) di opere di diversa provenienza, creando così un senso, una storia fra i diversi oggetti. Basta dare un’occhiata al programma delle mostre recenti in diversi paesi, per notare come il racconto ha ripreso il posto importante che in fondo ha sempre avuto nell’arte: la mostra “Russian Cosmos” al Castello di Rivoli, “Un monde sans mesure” al Museo Fesch di Aiaccio, “Heroínas” al Museo Tyssen di Madrid, “Elena di Troia” al Museo Gustave Moreau a Parigi per citare qualcuna delle più recenti. Vorrei segnalare anche il programma di mostre in una trentina di monumenti nazionali francesi, previste fino alla primavera 2013, che ha come tema comune l’immaginazione, declinata a partire da diversi punti di vista, a seconda del monumento e dell’artista che accoglie, “Monuments et Imaginaires”.

 

D’altra parte, i lavori di molti artisti contemporanei come Christian Boltanski e Michelangelo Pistoletto (installazioni), Philippe Ramette e Cindy Sherman (fotografia), Marina Abramovi? (performance), Pipilotti Rist (video), ci raccontano delle storie, vere o immaginarie, o evocano la nostra storia personale che riscopriamo nelle loro opere come in uno specchio magico.

 

Note
(1) H. Gottesdiener, Freins et motivations à la visite des musées d’art, Ministère de la Culture, Département des Etudes et de la Prospective, 1992. Con la collaborazione di Nicole Godrèche e Anne-Marie Pignault.
(2) O. Donnat, Pratiques culturelles, 1973-2008. Dynamiques générationnelles et pesanteurs sociales, Coll. Culture études, 2011-7, con la collaborazione di Florence Lévy.
http://www.culturecommunication.gouv.fr/Politiques-ministerielles/Etudes-et-statistiques/Articles/Pratiques-culturelles-1973-2008
(3) Fondazione Fitzcarraldo, a cura di Alessandro Bollo, Indagine sul pubblico dei musei lombardi, 2004.

 

Riferimenti sitografici

Ministero della Culture e della Comunicazione francese, rubrica studi e statistiche:
http://www.culturecommunication.gouv.fr/Politiques-ministerielles/Etudes-et-statistiques

Fondazione Fitzcarraldo:
http://www.fitzcarraldo.it/

Musei municipali di Parigi (cliccare sul sito di ogni museo per trovarne le attività culturali):
http://www.paris.fr/loisirs/musees-expos/musees-de-la-ville-de-paris/p4693

Museo del Louvre, programma delle passeggiate-racconto:
http://www.louvre.fr/ateliers?tab=1#tabs

Museo del Louvre, rapporti e statistiche:
http://www.louvre.fr/rapports

Musée National Gustave Moreau, l’attività racconto&disegno per le classi:
http://www.musee-moreau.fr/homes/home_u1l2.htm

Centro dei monumenti nazionali francesi
http://www.monuments-nationaux.fr

Museo del Quai Branly, programma delle visite-racconto:
http://www.quaibranly.fr/fr/programmation/visites-guidees/visites-contees.html