Siamo chiamati ad abbandonare le strade conosciute e a praticare insieme nuovi modi di fare, essere, progettare e vivere la cultura. Nuovi modi di essere e sentirsi città. Ciascuno per la propria parte. Ciascuno per la propria responsabilità.
Lucia Maestri
Assessore alla cultura, turismo e giovani del Comune di Trento, primavera 2013
Trento, 2012
La crisi di risorse pubbliche per la cultura, dato inconfutabile che segna da qualche stagione la nostra epoca, non solo in Italia, impone a operatori e osservatori di diverse provenienze – e in diversi ruoli – la ridefinizione degli strumenti istituzionali di promozione, sostegno, sviluppo, in sintesi di “politica culturale” per il nostro tempo.
Si può ben dire che la “spinta” di ciò che chiamiamo crisi, riassumendo in un’unica parola più energie e contrapposizioni, diverse urgenze ed emergenze (spesso inedite e di difficile decifrazione) porta a comprendere e far propria la necessità di una vera e propria rivoluzione, che metta la cultura in testa alle priorità di una città – istituzioni e cittadini.
L’esperienza di Password, un progetto curato da Paolo Dalla Sega (docente di Progettazione culturale e di Valorizzazione urbana all’Università Cattolica di Milano) per l’Assessorato alla Cultura del Comune di Trento, è un prodotto di questo pensiero contemporaneo sulla cultura e sulle politiche culturali, basato sulla cultura della partecipazione e sulla “partecipazione alla cultura”.
Ragioni di fondo
“Declinare lo sviluppo urbano nei valori e nelle forme dell’identità culturale dei luoghi significa sviluppare creativamente la comunità e implica una forte articolazione del ruolo della cultura nelle trasformazioni sociali ed economiche, sia come matrice dell’identità sia come strumento di sviluppo locale”(1).
La cultura rappresenta “l’essere” di una città, l’elemento costitutivo della sua identità nonché il motore e il propulsore del suo sviluppo. La cultura è l’incarnazione, il portato dei valori sui quali una comunità si fonda, si conosce e si riconosce. É lo specchio del tempo, del passato e del presente di una società che si proietta verso il futuro, verso il nuovo, un nuovo che riceve carico di senso dal suo prima e dal suo dopo.
La dimensione culturale è quindi parte costitutiva dello sviluppo complessivo di una città; uno sviluppo fortemente immateriale e ad elevato contenuto di conoscenza, cifra leggibile di una riscrittura, ma prima ancora di una rilettura della cittadinanza e del territorio, dei luoghi e delle persone. Per questo motivo la conoscenza va posta e “messa in valore” al centro di un territorio e di una comunità, costituendo non solo la base di ogni progetto e di ogni costruzione sociale, ma una parte essenziale dell’economia urbana e un dispositivo per la produzione di sviluppo e di ricchezza, forte leva strategica per una vincente politica di crescita.
In tal senso bisogna guardare alla cultura in maniera dinamica, intenderla come un fattore incentivante verso creatività, flessibilità e capacità di innovare; una realtà nella quale collocare le organizzazioni, gli enti, i soggetti privati, gli artisti che si occupano di formazione, che stimolano il cambiamento, producono, organizzano, conservano e promuovono beni e servizi culturali.
La città in questo modo potrà trasformarsi e trarre da se stessa e dai suoi operatori nuova linfa vitale, mutando la propria essenza e trasformandosi da mero contenitore di movimenti e pulsioni a vero e proprio contenuto. Si tratta quindi, in prima istanza, di capire dove sia la cultura oggi, tra senso sociale e prospettive di sviluppo, e di chiedersi, soprattutto, “quanto di questa cultura è in chi fa cultura” e dove e come il pubblico possa intervenirvi, sostenendo le attività diffuse, le tante e diverse creatività, le condizioni di un territorio e delle comunità che lo abitano.
Le idee come risorse
“Gli spazi pubblici devono diventare luoghi di sperimentazione, posti dove possiamo imparare a interagire con (e ad avere rispetto di) diversi attori e a sfruttare al meglio il potere dell’immaginazione collettiva. […] Occorre sostenere una nuova idea di governance che amplia la definizione di cittadinanza tanto da farle comprendere le nostre multiple identità e affiliazioni, il valore del nostro sapere esperienziale, le nostre nuove idee di benessere”.(2)
La nostra storia, il nostro stare al mondo ha abbandonato la ritualità dell’agire insieme; serve, ora più che mai, recuperarla, continuare a credere nella necessità del “ricominciamento”, avere il coraggio di “prender fiato”, fermarsi e ripartire.
Ed è proprio a queste tendenze e stimoli, esigenze vere e reali, che dovrebbero ispirarsi processi e percorsi partecipativi che coinvolgano le collettività, i gruppi, e le comunità urbane; perché è di questo che si tratta: di persone e di relazioni, di un essere e di un fare città inteso come condivisione. Sono percorsi cruciali in cui progettare il proprio futuro, in cui progettarsi dopo essersi via via incontrati, riconosciuti, creativamente conosciuti; in cui costruire visioni e rappresentazioni, di sé e di un mondo più grande, condivisibili e condivise, mettendo in comune identità, pensieri, valori.
È su queste basi, vere e proprie fondamenta, che la città di Trento per un anno intero, il 2012, si è interrogata e confrontata: per impostare, discutere e condividere una radicale revisione del suo Piano di politica culturale, aggiornando il precedente del 2003 e dotandosi di un nuovo orizzonte di senso che arriva al 2020.
Un obiettivo ambizioso reso possibile grazie a un’articolata operazione di ascolto e dialogo che ha tracciato, in un’ottica di pianificazione partecipata, le linee di un cambiamento tanto auspicato quanto necessario. Un percorso partecipativo in dodici appuntamenti, ognuno dedicato a un tema specifico, (dalle arti performative ai circuiti museali, dal marketing urbano all’istruzione) e cinque quesiti all’origine di ognuno di essi, ha fatto di questi incontri importanti momenti di confronto, di interazione ma soprattutto di ascolto.
Si è interrogata la città per far emergere criticità e opportunità, bisogni e necessità di chi opera nella cultura. Si è trattato, in altre parole, di rileggere con occhi nuovi la città di Trento e le sue recenti trasformazioni, nella società e nella cultura, nella sua nuova composizione sociale e nel suo tessuto relazionale interno ed esterno. Più nello specifico si sono riviste e riprogrammate politiche e strategie culturali in base a un mutato quadro di protagonisti e di priorità, di nuove opere e nuove “domande” sociali e culturali, sulle quali costruire progetti innovativi, caratterizzati da una spiccata intersettorialità con altri comparti, per fronteggiare le nuove sfide nel tentativo di scrivere il futuro e governare il presente.
Ed è stato proprio questo il senso degli incontri e dell’intera operazione Password: intraprendere un cammino di ri-progettazione civica, partecipata e condivisa, capace di segnare il passaggio dalla pianificazione culturale (culture planning) al progettare culturalmente, attraverso la cultura (culturally planning). Un movimento circolare, più che lineare, che trae origine da un sentire e intendere la cultura, e quindi la sua pianificazione, nella maniera più dilatata, ampia e profonda possibile; un sentire che si è progressivamente tramutato nella consapevolezza della necessità di una progettazione non solo culturale, ma civica, che parta dalle persone, dalla città e ritorni a essa con nuovo slancio e vigore.
Si tratta, più radicalmente, di mettere la cultura al centro se “non nel cuore della realtà”, farne la base di ogni costruzione sociale; e se è vero che la città, anzi la polis, è un organismo vivente, “la cura” della cultura è più che legittima: è una necessità vitale. Di conseguenza si deve concepire la politica culturale di una città come la costruzione di una polis: essa perciò è affare, questione, o meglio missione di tutti, una progettualità necessaria e sempre di contesto e di concerto, di relazione e di rete.
In tal senso è fondamentale, come prima cosa, costruire un sistema sociale ben integrato da coinvolgere efficacemente nel proprio progetto di sviluppo, perseguibile attraverso la destinazione di risorse e politiche orientate alla partecipazione degli individui, all’inclusione sociale e alla determinazione di infrastrutture culturali e creative che possano dialogare con gli altri attori preesistenti(3).
Si palesa dunque la necessità di guidare il passaggio da una politica di puro welfare a una orientata invece allo sviluppo, e di interpretare, soprattutto con giudizio e inventiva, questo plesso dinamico in cui collocare la cultura per darle senso, perseguendo il fine ultimo di uno sviluppo complessivo della comunità e attivando connessioni efficaci tra cultura e innovazione.
Progettare cultura in tempi di crisi
“Ciò che è chiaro ed evidente è che i processi culturali di successo sono e saranno sempre di più quelli bottom-up, che non solo rispondono alle esigenze degli utenti/consumatori, ma li coinvolgono costantemente nell’elaborazione dei contenuti in una dimensione “pro-attiva” e attraverso pratiche di collaborazione e condivisione”(4).
I fatti ci dicono di crisi economiche in pieno svolgimento che rendono imperativa la necessità di iniziare una seria e quanto più dettagliata possibile riflessione sulle policies urbane d’inizio secolo, ragionando al contempo non solo sulla crisi, ma sulle relative possibilità di resistenza e resilienza. Il monito è che si dovrà “fare con meno”, anzi “fare meglio con meno”. È una stagione critica (alla lettera) che spinge verso profondi ripensamenti e meditazioni che portano a considerare questa particolare congiuntura storica come un’opportunità, aprendo uno spazio serio di valutazione urgentemente motivata in cui rivedere il concetto di sostegno pubblico, concentrandosi sulla necessità di più radicali e motivate scelte nell’allocare le già scarse risorse, e accettando nuove responsabilità di governo dei gestori pubblici che, su queste basi, possano indirizzare e guidare processi di rinnovamento.
Secondo quest’ottica quindi la cultura non sarà più oggetto di tutela e assistenza, ma strumento e leva strategica dello sviluppo globale e integrato di una società che palesa, con forza, la necessità di un rinnovamento. Dai tavoli di Password è emersa infatti la necessità di una visione, di una progettualità che integri dimensioni quantitative e qualitative così come valutazioni materiali e immateriali, imponendo con forza nuove geografie sociali, politiche e culturali, fuori da Trento ma anche nelle sue immediate vicinanze. Si richiedono quindi nuove mappature della città, nuove chiavi di lettura con le quali decifrare la complessità e le pluralità vigenti.
“Il ruolo della storia e della memoria nella città contemporanea sarà, accanto all’impegno nella conservazione, quello di offrirsi come materiale della progettazione, come risorsa locale per il progetto e strumento da adattare a quel bricolage cui spesso è chiamata la pianificazione. Si tratta tuttavia di un lavoro di mosaicatura e di ri-significazione di elementi non privo di uno schema di riferimento (la stratificazione storica) e di un risultato atteso (la qualità della vita): la città attraverso i segni del suo passato, attraverso i documenti/monumenti della sua identità, attraverso la sua armatura della comunicazione della memoria diventa molteplice, città delle intelligenze collettive e della memoria della comunità, offrendo alla pianificazione domande complesse, risorse da mettere in valore ma anche da tutelare, compatibilità da rispettare e immagini da tramandare”(5).
“Prendersi cura della città”, utilizzando una metafora, sarà quindi possibile solo se si opereranno delle scelte, per quanto dolorose, e in tal senso il “taglio” ovvero la selezione non diventa una necessità ma un imperativo da collocarsi all’interno di un disegno, di un indirizzo preciso la cui regia spetta inderogabilmente all’istituzione pubblica, in particolare alla municipalità. La dimensione municipale è di fatti la dimensione di una cultura dinamica, condivisa, partecipata e fondata sull’ascolto, è un “essere e sentirsi comunità” che pone lo spirito civico, come principale obiettivo di ogni azione culturale, per la “communitas”, o meglio per la “civitas”, nella consapevolezza che la conoscenza debba porsi alla base di ogni costruzione sociale.
Il taglio politico, o meglio amministrativo, di “governo”, sarebbe deleterio se fosse un atto isolato o peggio un pensiero solitario; esso va invece compreso all’interno di un disegno politico con la stessa forza con la quale si convoca la città a prendere parte al processo di costruzione di nuove politiche culturali urbane. Tale progettualità non è però da ricercarsi, ne tanto meno da costruirsi, nel mero binomio pubblico-privato; va invece perseguita ed edificata trasversalmente orientandosi verso dinamiche di condivisione, relazione e costruzione di rete: una rete che si prefigga il raggiungimento di obbiettivi di interesse generale, di tutela e di sviluppo di beni comuni come oggi possono essere definiti gli asset culturali e della conoscenza.
La rete e la convocazione dei cittadini in dinamiche contemporanee di relazione ed inclusione, può, con facilità, costruire e rivestire nuovi significati, e plasmare così una nuova rappresentazione della città che andrà perfettamente ad inserirsi nell’attuale trend di pensiero e di progetto sulla “smart city”, la città intelligente, tra i cui parametri di valutazione spiccano la partecipazione e il senso di cittadinanza.
Il lavoro di rappresentazione e costruzione dell’identità sarà però possibile solo se si esce dalla logica del “grande evento”, della temporaneità straordinaria ed eclatante, procedendo invece verso una dimensione di progetto che valorizzi la permanenza, l’ordinarietà e la normalità di un “lavoro culturale” continuo, costante, diffuso sul territorio e anche oltre di esso.
Se la cultura è sviluppo, deve andare in questa direzione innovativa e proattiva, fortemente contemporanea, attenta al cambiamento, ai suoi segnali anche deboli e alla produzione di nuova conoscenza. Se la cultura è sviluppo, deve considerare la pluralità e la complessità che la contraddistinguono come punti di forza, valori sui quali fondare le proprie elaborazioni creative basate sulla rete, l’apertura, la relazione, su creatività condivise e diffuse per sviluppare azioni di crescita, iniziative di educazione, strategie di processi “dal basso”, attivando progetti ma ancor prima processi.
Nel caso di Trento, rispetto ai territori circostanti e a molteplici ambienti di prossimità, questo ha significato creare le condizioni affinché il paesaggio culturale urbano ed extra urbano (anche provinciale) possa comporsi in un’unica ed estesa entità, “una città espansa” che si diriga verso un distretto culturale integrato ed evoluto oltre i confini municipali.
“La pianificazione della città aperta, come tutti i sistemi aperti che ritroviamo in matematica e nel mondo naturale, abbraccia forme non lineari di sequenzialità. […] La narrativa migliore parte alla scoperta e punta ad esplorare l’ignoto, l’imprevisto. L’arte dello scrittore sta nel plasmare, nel dare forma a quel processo esplorativo. Così pure l’arte del pianificatore culturale.”
(Richard Sennett(6))
Note
(1) Marco Carta, Next city: culture city, Roma, Meltemi, 2007, pp. 100.
(2) Chiara Camponeschi, “Una città che si affida ai suoi cittadini”, in City 2.0 il futuro delle città, Repower, 2012, pp. 46.
(3) Fabrizio Montanari, Territori creativi. L’organizzazione delle politiche a supporto della creatività, Milano, Egea, 2011, pp.67.
(4) Pierluigi Sacco, Il sistema delle Industrie Culturali e Creative in Lombardia: elementi per un nuovo modello di competitività territoriale, Fondazione Università Iulm, 2011,pp. 18.
(5) Marco Carta, Next city: culture city, Roma, Meltemi, 2007, pp 24-25.
(6) Richard Sennet, “Incompleta, flessibile, senza confini. La città ideale è un romanzo aperto”, tr. it. Rita Baldassarre, in Corriere della Sera n. 88, 13 aprile 2013, pp.60.
Bibliografia
Campogneschi C., (2012), Una città che si affida ai suoi cittadini, in City 2.0 il futuro delle città, Repower
Carta M., ( 2007), Next city: culture city, Roma, Meltemi
Dalla Sega P., (2013), Documento di revisione del Piano di Politica Culturale “Trento cultura 2012 – 2020”, per il Comune di Trento
Granelli A., (2012), Città intelligenti? Per una via italiana alle Smart Cities, Roma, Luca Sossella editore
Guerritore C., (2012), “Smart city, la città ideale”. L’intelligenza urbana nasce dal basso, tesi di laurea in Ideazione degli eventi culturali, Università Cattolica, Milano
Montanari F., (2011), Territori cerativi. L’organizzazione delle politiche a supporto della creatività, Milano, Egea
Sennet R., (2013, 13 gennaio), “Incompleta, Inflessibile, senza confini. La città ideale è un romanzo aperto”, in Corriere della Sera n. 88, Milano