1. I network urbani
Le città della società della conoscenza si caratterizzano per nuovi tipi di relazioni e dipendenze che hanno dato vita a network urbani come rete di scambio di beni e servizi. Tali network hanno spesso trasformato le morfologie e le identità delle città, divenute il teatro per eccellenza di un sistema globalizzato e delle sue conseguenze. L’origine di questi network risiede in ciò che Manuel Castells ha definito come space of flows (Castells, 2002) ossia i flussi di capitali che viaggiano tra diversi spazi, ed il processo d’integrazione europea, che ha sviluppato la collaborazione tra gli stati-nazione sopratutto attraverso connessioni tra le città di rilevanza. (Corijn, 2007/2008) L’emergere di tali network urbani non ha però favorito ciò che più caratterizza e distingue la condizione urbana: la diversità, l’ibrido, lo spazio terzo. Ciò che invece politiche poco lungimiranti hanno privilegiato sono il numero dei servizi e dei processi di produzione, senza alcuna visione che faccia della città, come vera ed unica condizione urbana, l’espressione di una società in transito, multiculturale, frutto di un’ Europa che deve abbandonare logiche di potere nazionale, in favore della costruzione di una vera identità europea.
La città non è un Paese. Un Paese è costruito sulla base dell’immaginario di tradizione e cultura nazionale. La città è vita urbana basata sulle differenze, sulla pluralità di funzioni, di attività, e sulla creatività generata dall’incontro tra stranieri, tra diversi. La cultura urbana non è tradizione.(Corijn, 2007).
Lavorare su un contesto come quello sopra descritto mette alla prova la capacità delle policy urbane di penetrare nei tessuti del territorio senza discriminare, senza omologare, ricercando l’innovazione. Il contesto urbano è anche però spazio del conflitto, se è vero che una società come la nostra in via di trasformare il paradigma sociale in culturale, vede spesso la cultura intesa come appartenenza religiosa, tendenza sessuale, identità nazionale, elemento di lotta tra comunità e singoli (Touraine, 2008) Ma è sul piano culturale che comunque si deve scommettere, in quanto è lì che tendenze positive stanno pian piano emergendo.
Molte allora sono le domande che vertono sul come favorire lo sviluppo della città e delle sue comunità, come generare innovazione partendo dalle risorse materiali e non; come far sì che la città viva e si rinnovi attraverso la pluralità d’identità che la abitano, attraverso scambi culturali di arricchimento reciproco.
2. Forme di partecipazione social media
Un tema importante in tale contesto è quello della partecipazione. Oggi per qualsiasi progetto in atto il must condiviso è far partecipare i cittadini stimolandone le opinioni. La partecipazione è però percepita anche come una sorta di chimera, se si guarda al calo di fiducia nelle istituzioni democratiche come le abbiano fino ad oggi conosciute. Robert Putnam ne denuncia la gravità attraverso l’immagine dell’uomo americano che gioca a bowling da solo, segno del calo vertiginoso del numero dei partecipanti alle società di bowling, un tempo espressione del florido capitale sociale proprio delle comunità americane, ed oggi invece espressione della sua perdita (Putnam, 2000).
Il calo di fiducia nelle istituzioni è anche specchio dell’incapacità di queste ultime di rappresentare i cittadini, i quali aspettando un cambiamento, ricercano diverse modalità di rappresentazione e partecipazione democratica, domandandosi se è proprio in quest’ultime che la svolta potrà accadere (Deuze, 2006). In tale contesto ciò che richiama interesse è la dimensione culturale che nuove pratiche di cittadinanza stanno assumendo. I cittadini infatti sembrano organizzarsi in base a idee ed identità comuni, dando avvio a comunità fondate su interessi condivisi, superando la vicinanza geografica o l’appartenenza allo stesso stato-nazione. Motore di sviluppo di tali pratiche è l’uso dei media, tanto che recenti studi di comunicazione(Hermes, Jokes, 2006; Burgess, 2006; Deuze, 2006) opinano che i luoghi di espressione della cittadinanza vanno oggi ricercati soprattutto in quell’entourage di attività legate al consumo di tempo libero, di intrattenimento, di cultura popolare, tanto quanto nelle attività legate alla politica con la P maiuscola (Burgess, Foth, Klaebe, 2006). Il perché risiede nella capacità di tali attività di unire ed agevolare le relazioni tra individui: le narrative e i testi emergenti dalle pratiche di lettura, di scrittura, di creazione di immagini, di consumo di film, non solo sprigionano la visione del mondo degli individui, fornendo i mezzi per comunicarla, ma ne colmano la distanza.
Questo è un elemento di grande novità nella sfera delle policy in quanto rivoluziona quell’impostazione mentale che ha tenuto da sempre separata la pratica dell’essere cittadino dalle sfere dell’intrattenimento, dalle attività di consumo culturale e del tempo libero. Anche dal punto di visto della e-democracy la visione è rimasta limitata: l’impegno degli individui alla cosa pubblica è misurato secondo la partecipazione on-line su tematiche inerenti alla politica o agli affari pubblici (Burgess, Foth, Klaebe, 2006).
Di spiccato interesse è lo sviluppo intrapreso dai media nell’offerta di strumenti d’interazione basati su una comunicazione cosi detta peer-to-peer. Tale espressione indica come in una conversazione due o più utenti possono scambiare direttamente non solo opinioni, ma immagini, musica e testi, attraverso l’utilizzo di semplici strumenti digitali. Una conversazione quindi, dove i contenuti iniziali vengono modificati interagendo, le cui narrative si arricchiscono man mano che gli utenti convergono nello spazio digitale. Tale tipologia d’interazione ha sviluppato i media in modo inedito: più gli utenti si sono trovati immersi in ambienti digitali interattivi, più la necessità di condivisione ha acquisito importanza, così da dare avvio alla modifica dei media affinché questi potessero rispondere al bisogno di partecipazione e condivisione degli utenti. È su tale scia che sono nati i social media.
I social media, sin da subito, si sono distinti per aver avviato un processo di partecipazione a largo raggio tra gli utenti, ai quali è stata data l’opportunità di intervenire e al contempo ricevere un feedback da qualunque interessato. È questa la grande novità che contraddistingue la partecipazione nella cultura digitale, in quanto essa agisce con gli stessi format e strumenti appartenenti alla realtà mediatica, dalla quale ci si vuole distanziare, prendendone però posizione (Deuze, 2006). Partecipazione dunque come intervento, come atto creativo, i cui contenuti, scaricabili, taggabili e modificabili vengono aggregati e usati da terzi per nuove creazioni, per dare spessore ai nuovi dibattiti o nuove idee.
Dalla proliferazione e dal successo di tale processo è disceso il cosi detto user-genered content, ossia come gli utenti diventano autori attraverso il consumo e l’uso di contenuti. Lo sviluppo nella rete di questi utenti-autori è legato comunque non solo alla potenzialità creativa che i social media consentono, ma anche alla loro componente di credibilità e fiducia. Tali fattori dipendono dal grado di apertura dell’informazione e dal grado di partecipazione che il media permette: più le informazioni sono percepite come credibili ed modificabili, più il media acquisisce fiducia e reputazione.
In Manchester e Torino, due progetti sperimentali hanno messo al centro l’uso dei social media come strumento di capacitazione ed innovazione per la crescita del capitale sociale delle comunità urbane e dei loro quartieri.
Come vedremo nei paragafri successivi i due progetti, pur differendo nel contesto in cui nascono, condividono l’idea che oggi la creatività è più un processo sociale che un affare di pochi, nel quale l’individuo deve essere coinvolto capacitandolo di strumenti adatti non solo a parteciapare ma sopratutto a creare.
3. Il progetto “SanpaBlog” a Torino
SanpaBlog è il primo urbanblog della città di Torino nato come azione sperimentale all’interno del Progetto Periferie della città.
Il blog fa riferimento ad un quartiere, San Paolo Cenesia, che ad oggi vive una fase di transito dovuta al passaggio da un passato industriale ad un presente in ricerca della propria dimensione. Strumento importante del Progetto é il Laboratorio Territoriale, dove operatori comunali hanno il compito di fare rete tra i vari attori locali, e al contempo mediare le azioni del Progetto Periferie con le esigenze, le opinioni di coloro ai quali queste azioni sono indirizzate. È proprio all’interno del Laboratorio Territoriale che nel 2006 è nata l’idea del blog urbano, come strumento di interazione tra gli abitati, le associazioni, i politici e come spazio di pratica di cittadinanza.
Ad oggi SanpaBlog si è dimostrato un progetto a nostro parere vincente per le dinamiche che è riuscito a scatenare. Le pratiche di media come posting, tagging, uploading, leva del processo di personalizzazione che gli utenti attivano sul blog, hanno delineato un percorso di ri-acquisizione della memoria storica del quartiere, base di conoscenza e valore di un territorio. Al contempo lo spazio del blog risulta anche una vera palestra di cittadinanza: numerosi infatti sono gli interventi sui problemi del quartiere seguiti da azioni ed interazioni anche fuori dallo spazio online.
L’esperienza di SanpaBlog fa riflettere su come l’identità, le capacità, le conoscenze dei singoli nello spazio digitale rimangono le stesse, ma godono di un arricchimento reciproco importante. Gli utenti infatti usano lo spazio digitale come estensione del proprio essere sociale, con la differenza che la propria conoscenza e competenza, professionale e non, nello spazio digitale arriva ad un bacino d’utenza molto più ampio. Non solo. Tali conoscenze si incontrano, si confrontane, spesso colludono, si arricchiscono, e ciò fa del blog un potenziale strumento di sviluppo della capacitazione personale degli individui, la quale ricade positivamente su quella territoriale, perché è sul territorio che la maggior parte dei cittadini lavora, si relaziona, elabora idee e visioni. Il successo di SanPablog è dovuto anche all’abilità della redazione del urbanblog di organizzare i contenuti affinché questi vengango percepiti come veri, leggibili, scaricabili.
Il progetto comunque conta anche degli insuccessi, su cui è importante riflettere.
L’urbanblog inizialmente era stato pensato anche in funzione delle fasce più deboli della popolazione locale e non, le quali se pur inizialmente coinvolte non hanno mostrato alcun interesse successivo all’avvio del blog. Ciò fa riflettere su due importanti questioni.
L’uso di strumenti informatici implica non solo un’alfabetizzazione digitale e politiche che favoriscano la connessione alla rete in tutto il territorio, ma una capacità individuale di scrittura, come di sintesi e di elaborazione concettuale.
Le politiche sul digital divide dunque troppo spesso agiscono su scale temporali brevi, puntando tutto su un’alfabetizzazione, senza elaborare un approccio più integrato con altre politiche, come quella dell’educazione. L’urbanblog ha rischiato anche di divenire monotematico a causa della presenza più pressante di qualche utente. Questo è un rischio che, come il creatore dell’urbanblog, il Dott. Andrea Toso, ha tenuto a precisare, si deve correre, perché un blog rimane dopotutto uno strumento di espressione libera, il cui controllo sarebbe contro la sua natura di social media.
4. “People’s Voice Media” Manchester, anno 2008
People’s Voice Media nasce sull’esperienza di Manchester Community Information Network (MCIN), un’associazione no profit attiva da più di tredici anni nella città di Manchester.
L’associazione ha lavorato sui cosiddetti quartieri difficili, cercando di migliorare servizi territoriali, rappresentare e dare voce a quelle comunità che voce non hanno, provvedendo a programmi di rieducazione e colmando quel digital divide che troppo spesso allontana le comunità da concrete possibilità di veder crescere l’interesse per il proprio territorio, e di essere connesse oltre i confini del proprio quartiere.
In generale essa ha puntato ad agevolare e far defluire informazioni utili alle comunità, come quelle sui servizi al cittadino, sanità, trasporto pubblico, cercando di colmare quella distanza tra cittadini ed istituzioni attraverso infrastrutture ICT. Ma non solo.
Attraverso la consolidata partnership con la BBC l’associazione ha organizzato programmi, corsi di formazione per diffondere l´uso delle tecnologie come strumento di capacitazione e crescita del capitale sociale delle comunità. Su tale esperienza sono nate vere comunità di reporters, che attive su diversi quartieri producono storie, racconti, ed informazioni d’interesse alle comuntà di rifermimento.
People Voice Media nasce dunque come momento di traguardo tra i membri dell’associazione, i quali guardano alla nuova impresa come una futura social enterprise. Come impresa sociale, People Voice Media concepisce la produzione di contentui come un momento di condivisione tra i membri delle comunità, i quali coinvolti in attività di blogging, tagging, storytelling, file-sharing, videos accrescono le proprie capacità di espressione e di fare rete. Sotto tale luce l’uso dei social media è strumento strategico che favorisce lo scambio diretto di idee, permette una comunicazione diretta, e sopratutto permette di dare spazio e visibilità alle proprie visioni traducendole in contenuti da leggere, ascoltare, scaricare magari sul proprio i-Pod. Dall’altra parte l’output derivante da tale gamma di attività è visto come base su cui pianificare azioni di marketing territoriale e di vendita dei contenuti prodotti.
La forza e la sfida più grande è quella che siano le stesse comunità, organizzate in gruppi di community reporters, a produrre i contenuti a lungo termine.
In tal senso People’s Voice Media provvederà a fornire le capacità organizzative e tecniche attraverso la collaborazione con la BBC e i programmi già avviati da Manchester Community Information Network come appunto quello del community reporters program1 , e al contempo lavorerà come struttura di raccordo e coordinamento tra le attività nei diversi quartieri.
La struttura di People’s Voice Media capacita di :
– esperti informatici e supporto nella produzione di tutti i tipi di contenuti;
– una rete di social network costituita da 14 net-community2 distribuite su Greater Manchester;
– accesso ad una gamma di canali di distriuzione mediatici;
– esperienza nello sviluppo e nel coinvolgimento delle comunità attraverso il programma Learn Net3 ;
– formazione in giornalismo, media e tecniche di editing per oltre 200 cittadini attraverso il programma Community Reporter;
– Local Media Club e Cafes come punto di incontro tra le attività svolte on-line e quelle da sviluppare off-line;
– produzione di contenuti in diversi format cosi da poter essere accessibili a comunità diverse.
Come social enterprise People’s Voice Media a lungo termine vuole divenire partner del settore pubblico fornendo modelli chiave d’avvio di processi di empowerment attraverso l’uso dei media sociali. Estendendo successivamente la propria vision ad un livello europeo, essa esprime la volontà di voler mettersi in gioco ricercando partner europei con i quali scambiare esperienze, suggestioni, idee e dare vita, perché no, ad un european social media network.
I target di PVM sono:
– divenire un’ impresa autonoma entro Dicembre 2010;
– acquisire una rinomanza nella produzione di contenuti a livello locale, regionale e nazionale entro Dicembre 2009;
– produrre 300 badged4 di community reporters entro Dicembre 2009;
– produrre 1,000 badged community reporters entro Dicembre 2011;
– fare pieno uso dei software open-source e delle licenze creative commons ;
– agire come impresa d’innovazione5;
– accertare periodicamente che l’impresa sia sostenibile e responsabile attraverso valutazioni.
5. Conclusioni
I social media sono strumenti di espressione, partecipazione che possono essere inseriti in molti tipi di progetti di carattere culturale. La loro specificità sta proprio nel saper stimolare gli utenti attraverso un processo di personalizzazione che sprigiona non solo le visioni degli individui sulla società, ma anche le loro potenzialità creative. I social media rimangono sicuramente strumento di connessione, di networking, che favoriscono l’incontro e l’arricchimento del capitale relazionale delle persone, alla base oggi di un benessere sociale che si fonda proprio sul possesso di conoscenza ed informazione.
Oggi si inizia a scrivere molto su tali media, si sperimentano progetti e le loro pratiche continuano ad innovarsi, crescere, grazie alla componente collaborativa che li distingue. Sono dunque i social media in continua evoluzione, e per tanto ancora tutti da scoprire.
Bibliografia
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Sitografia
www.sanpablog.it
www.peoples-voice-media.co.uk
www.mcin.net
www.mymanchester.net/home/feeds
www.mywebconnect.info
www.creativecommons.org
Note:
1 I contenuti prodotti possono essere consultati in http://www.mymanchester.net/home/feeds
2 Tale rete è stata create da MCIN attraverso il progetto web-connect. www.mywebconnect.info
3 Tale programma è stato ideato da MCIN. http://www.mcin.net/home/pages/170
4 Tali badged sono rilasciati agli utenti del programma community reporter
5 Le licenze creative commons sono state create da un’associazione no profit e sono state pensate per facilitare l’uso e lo scambio di opere creative in accordo con le necessità degli autori. www.creativecommons.org