I flussi turistici che caratterizzano la domanda turistica di questi ultimi anni, seguono la tendenza che trova espressione in poche ed esaurienti parole: “fuori dai soliti posti”. Oggi le parole chiave per un nuovo approccio turistico, in grado di interpretare nuovi bisogni e nuove esigenze del consumatore di località turistiche sono ”inedito e autentico”. Questi trend trovano il loro naturale sfogo nell’ospitalità diffusa, in forme di ospitalità che della salvaguardia dei luoghi, dell’ambiente e degli stili di vita hanno fatto la loro ragion d’essere.
1. Turismo come stile di vita
Alcune ricerche di natura antropologica hanno riscontrato notevoli cambiamenti nel comportamento delle persone in vacanza, evidenziando come si stia assistendo ad un lento ma importante cambiamento di prospettiva. Le aspettative di quanti acquistano un pacchetto vacanza, che sia un soggiorno in albergo, in campeggio o in appartamento non sono riconducibili al semplice acquisto di un servizio, quanto piuttosto all’acquisto di un vero e proprio stile di vita; un soggiorno in un albergo, o in una località è percepito anche come la possibilità di accedere ad uno stile di vita ambito e diverso da quello abituale, e se la destinazione non è in grado di permettere una visione rituale, rischia di diventare un luogo scontato, e di perdere la sua capacità evocativa.
Secondo alcune ricerche del Ciset, da parte soprattutto degli stranieri che scelgono l’Italia come meta turistica, cresce l’interesse per il turismo di scoperta del territorio e delle tipicità locali, nonché per: nuove motivazioni riassumibili in particolare nel concetto di “Living Culture”; nella ricerca di un’esperienza autentica dei luoghi; nella riscoperta delle tradizioni e delle risorse locali; nell’interesse per nuovi modelli di vacanza che combinino le abituali attività ricreative, con nuove esperienze culturali.
Questa tendenza trova conferma anche in un’indagine Censis che conferma l’esigenza del consumatore turistico di fare di ogni occasione una “Total Leisure Experience” in grado di soddisfare sia la motivazione di un’attrattiva di base quale il contatto con la natura, la cultura del luogo eventi, sia di rispondere alla necessità di un appagamento complessivo nell’uso del proprio tempo libero attraverso la ricettività, la ristorazione e la riscoperta di prodotti tipici di qualità che rispecchiano l’identità e le risorse dei luoghi.
Dalle ricerche emerge, pertanto, come il consumatore turistico sia molto scrupoloso e oculato nelle scelte delle nuove località di destinazione e riponga maggiore attenzione nella qualità dei consumi orientati non più solo alle mode e ai prezzi, ma anche ai contenuti e ai significati e dunque verso esperienze autentiche; i nuovi turisti sono più maturi e più “savier” e tralasciano le mete tradizionali perché cercano emozioni ed esperienze più vere, più a contatto con la natura, la cultura e la gente dei luoghi visitati. Questi trend trovano il loro naturale corrispondente nell’ospitalità diffusa, in forme di ospitalità cioè che in Italia si sono evolute significativamente negli ultimi anni.
2. Il fenomeno dell’ospitalità diffusa
Paesi albergo, Borghi albergo, case albergo e alberghi diffusi sono oggi una realtà che ha affiancato quella tradizionale, incentivata dalle normative della Comunità Europea e anche da interventi specifici di regioni come la Sardegna, la Calabria, la Basilicata, il Molise poiché ritenute più coerenti con lo sviluppo sostenibile.
Le stime e ei dati disponibili sono molto incoraggianti e parlano di un fenomeno di offerta di ospitalità diffusa in Italia che coinvolge un migliaio di aziende. Il successo del fenomeno è mostrato anche dal boom di iniziative editoriali ad essa collegate e dagli spazi sempre più ampi dedicati all’argomento dai quotidiani, dalle riviste di turismo, nonché dalla diffusione delle guide turistiche specializzate.
Il modello più interessante e più innovativo tra le forme di ospitalità diffusa è quello dell’Albergo diffuso, un modello originale di ospitalità che si configura come un fenomeno con radici storiche e culturali nel nostro Paese. Di Albergo Diffuso si incomincia a parlare dai primi anni ’80 in Friuli, nel processo di ricostruzione del dopo terremoto, ma è solo alla fine del decennio che si intravedono concrete e precise proposte e azioni di sviluppo. All’inizio l’idea è il frutto della necessità di recuperare in termini edilizi e architettonici intere borgate distrutte dal terremoto e abbandonate, e si sostanzia in un’offerta ricettiva di case e appartamenti in borghi sostanzialmente disabitati. L’offerta turistica che ne deriva è piuttosto quella di case sparse utilizzabili a fini turistici, non essendo prevista né una gestione alberghiera degli immobili, né i normali servizi alberghieri per gli ospiti.
E’ solo a partire dalla metà degli anni novanta, grazie anche all’azione di intervento per le aree rurali svantaggiate dell’Unione Europea, con il programma “LEADER” (Liaison Entre Actions de Developpement de l’Economie Rurale) che si intravede un incremento notevole delle realizzazioni di ospitalità diffusa che spesso ricoprono un ruolo centrale nei progetti tesi a creare una stabile cultura dello sviluppo locale e a sviluppare il turismo in collaborazione con i settori dell’agricoltura, dell’artigianato e dei servizi. La crescita di progetti di questo tipo, tuttavia non ha seguito una diffusione armonica e uniforme nella penisola ma è stata più significativa in alcune regioni italiane rispetto ad altre come la Sardegna, la Calabria, la Sicilia, la Basilicata, che hanno predisposto anche un quadro normativo di riferimento.
Una delle prime definizioni del concept di Albergo Diffuso, con un primo piano di fattibilità, viene messo a punto nel 1989 in occasione del progetto ”Turismo” dell’Amministrazione Comunale di San Leo nel Montefeltro. Si tratta di un progetto che ha lo scopo di offrire ospitalità ad un turismo che altrimenti resterebbe solo episodico ed escursionistico, far conoscere un contesto di interesse culturale, valorizzando edifici di pregio esistenti ed inutilizzati, invece di prevedere la costruzione di nuovi edifici per farne alberghi. La conformazione urbanistica di San Leo è tale da permettere la nascita di un Albergo Diffuso tutto attorno alla piazza principale, dove già esistono dei servizi che possono diventare elementi chiave della nuova proposta ospitale. Nel progetto operativo sono contenuti tutti i requisiti chiave ossia:
– la gestione unitaria;
– l’offerta dei servizi alberghieri per tutti gli ospiti alloggiati nei diversi edifici che lo compongono(dal servizio ristorante alla piccola colazione in camera);
– un ambiente “autentico” fatto di case di pregio, ammobiliate e ristrutturate pensate non per turisti episodici ma per residenti, anche se temporanei;
– una città di piccole dimensioni, con poche centinaia di abitanti, ma vissuta, animata, con tutti i servizi di base funzionanti necessari all’accoglienza turistica.
In alcune realtà il concetto di albergo diffuso viene interpretato semplicemente come messa a sistema di appartamenti o di affittacamere, mentre caratteristiche più alberghiere si riscontrano nei progetti e negli alberghi diffusi friulani e nel recente programma per la realizzazione di un Albergo Diffuso, dell’Unione Camere di Commercio del Molise. Si delineano così due poli interpretativi del concetto di ospitalità diffusa: l’Albergo Diffuso e il Borgo Albergo.
3. Albergo Diffuso e Borgo Albergo: analogie e differenze
Partiamo dalla definizione di Albergo Diffuso e focalizziamo l’attenzione sui requisiti cruciali di un albergo diffuso:
– la distanza massima tra gli immobili, una distanza che non sia tale da impedire alla gestione di offrire a tutti gli ospiti non solo i servizi alberghieri, ma anche l’esperienza stessa della formula ospitale;
– la necessità di una gestione professionale non standard, non simile a quella per intenderci che caratterizza gran parte degli alberghi che fanno parte di catene alberghiere,ma coerente con la proposta di autenticità dell’esperienza;
– la necessità di uno stile riconoscibile, di una identità leggibile in tutte le componenti della struttura ricettiva, che non si deve configurare con una semplice sommatoria di case ristrutturate e messe in rete.
La definizione che da tempo si utilizza per gli alberghi diffusi prevede “una struttura ricettiva dislocata in più stabili vicini tra loro, con gestione unitaria in grado di offrire servizi alberghieri a tutti gli ospiti”, e fa riferimento esplicito alla definizione di albergo contenuta nella legge 17 maggio 1983 n°217 (esercizio ricettivo aperto al pubblico, a gestione unitaria, che fornisce alloggio, eventualmente vitto ed altri servizi accessori, in camere ubicate in uno o più stabili o in parti di stabile). Un po’ casa un po’ albergo, è questa in poche parole la nuova formula di ospitalità che prende il nome di “albergo diffuso”. Le sue componenti sono dislocate in immobili diversi, che si trovano all’interno di uno stesso nucleo urbano.
L’aggettivo “diffuso” denota, dunque, una struttura orizzontale, e non verticale come quella degli alberghi tradizionali che spesso poco si discostano dai condomini. Esso si rivolge ad una domanda interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, a vivere a contatto con i residenti, più che con gli altri turisti, e ad usufruire dei normali servizi alberghieri come la colazione in camera e il servizio ristorante. L’albergo diffuso si è rivelato particolarmente adatto per valorizzare borghi e paesi con centri storici di interesse artistico ed architettonico, che in questo modo possono recuperare e valorizzare vecchi edifici non utilizzati e al tempo stesso possono evitare di risolvere i problemi di ricettività turistica con nuove costruzioni.
La proposta dei “Borghi albergo” fu, invece, esposta la prima volta alla Conferenza Internazionale di Cracovia, organizzata dall’Organizzazione mondiale del Turismo (OMT) nel 1998 aveva avuto un’eco importante in Paesi che avevano avviato politiche di rilancio dei “villaggi rurali” e che hanno intravisto la soluzione ai problemi di rilancio turistico delle località, nel nuovo concetto di “ Borgo Albergo e B&B” che distribuisce ruoli e significati a persone, edifici, oggetti. A partire dal 1995, in Basilicata, prendono il via alcuni esperimenti di villaggi turistici urbani, caratterizzati dalla “massima diffusione possibile di stanze e servizi per i turisti”. Si comincia, quindi, a delineare una prima definizione del fenomeno anche in Italia. Un’ ulteriore definizione di Borgo Albergo si trova nel PIT del Meandro in cui si parla di “microstrutture ricettive svincolate da rigidi parametri numerici e da vincoli legislativi troppo stringenti, più vicine al concetto di B&B che non a quello dell’ospitalità alberghiera vera e propria”. Il Borgo Albero è, dunque, un borgo che coltiva l’arte dell’ospitalità, che si organizza e si impegna in modo “comunitario” e consapevole a sfruttare le sue risorse più semplici, come certi prodotti alimentari di nicchia, come certe atmosfere tradizionali ancora rimaste vive, come certe feste rurali e religiose, e diventa oggetto di acquisto non sporadico ed episodico, attraverso l’uso di tecniche di promozione meno artigianali e soprattutto più coordinate con altri comuni dell’area e altri borghi nel contesto di “area prodotto e di sito”.
Il concetto chiave cui si ispira la formula “Borgo Albergo” è quello di favorire lo sviluppo ricettivo dei centri storici urbani, mediante la trasformazione e l’adattamento di camere e case da destinare alla ricettività, mettendole a disposizione dei turisti attraverso il Comune, la Pro Loco, le Cooperative e le Associazioni di categoria.
La logica del “Borgo Albergo” viene utilizzata anche nel progetto “Albergo Diffuso” del Patto per il Matese nella programmazione 2000-2006 nello schema degli 89 Patti Territoriali per l’Occupazione promossi da Bruxelles nel 1996. Il progetto è stato infatti inserito nella Misura 3 del Patto che ha previsto interventi per “Immettere sul mercato dell’offerta turistica le residenze di pregio presenti nei numerosi centri storici dell’area attraverso una strategia integrata di “filiera” che innesca una spirale virtuosa basata sui seguenti elementi: attivazione imprenditorialità privata; recupero edilizio con attivazione dell’indotto; miglioramento dell’arredo urbano da parte dei comuni; sviluppo flussi turistici e residenziali; nascita di nuove attività di servizio e di recupero tradizioni artigianali; rivitalizzazione sociale, culturale ed economica del territorio. Il tutto accompagnato da un’attenzione costante allo sviluppo di iniziative produttive e di servizio, in particolare da parte di organizzazioni operanti nel c.d. Terzo Settore e nei Nuovi Giacimenti di Impiego che per l’area del Patto sono stati individuati. Tutti gli interventi per il rilancio di un territorio a vocazione turistica attraverso la formula del “Borgo Albergo” vanno comunque intesi come elemento di connessione tra le potenzialità offerte dall’area, espresse nel patrimonio culturale, edilizio, ambientale, archeologico ed agricolo.
Il Borgo Albergo è certo una forma di ospitalità diffusa, ma non ha le caratteristiche, né i servizi individuati dall’esperienza degli Alberghi diffusi. Proprio per questo, infatti, dalle prime realizzazioni emergono non pochi punti di debolezza, che puntualmente vengono riscontrati nei progetti operativi. I punti critici riguardano, da un lato i costi elevati per gli interventi strutturali che non hanno seguito una destinazione mirata, quale si può riscontrare nelle logica degli interventi seguita in Calabria, dove i soggetti che intendevano richiedere contributi per l’esecuzione dei lavori di restauro dovevano possedere la licenza di affittacamere, alle diseconomie dovute alla dislocazione e alla mancanza di strutture e servizi minimi per l’accoglienza turistica, al management non adeguato e allo scarso spirito imprenditoriale dei soggetti coinvolti, accompagnato da una scarsa attività informativa necessaria per un pieno coinvolgimento della comunità interessata.
4. Le potenzialità del modello albergo diffuso
Dalla ricerca emerge che le esperienze di Albergo Diffuso fin qui realizzate confermano una serie di punti di forza di grande rilievo di quel modello di ospitalità, rispetto ad altre formule quali il Borgo Albergo e il B&B:
– la capacità di soddisfare i desideri di un’utenza esigente ed esperta, infatti si tratta di persone che hanno il gusto di viaggiare, che sono alla ricerca di formule innovative di soggiorno e al tempo stesso in grado di rispecchiare il più possibile l’identità del luogo che li ospita;
– rispetto dell’ambiente culturale, infatti la formula dell’albergo diffuso si muove direttamente nella direzione del recupero del patrimonio artistico e culturale dei centri minori, trovando chiaro riscontro sia nelle politiche comunitarie sia nazionali e locali e mostra tutte le potenzialità per poter incrementare il reddito e l’occupazione dei piccoli centri per mantenere o incrementare la popolazione, senza intervenire contaminando la cultura, l’ambiente, l’identità dei luoghi in una chiara ottica di sviluppo sostenibile. L’Albergo Diffuso può avere la funzione di “animatore “culturale ed economico dei centri storici”, la sua reception può essere utilizzata come ufficio informazioni della località attraverso accordi con la Pro Loco, cosicché il centro storico può rivitalizzarsi mantenendo al suo interno una complessità di funzioni, residenziale, commerciale, artigianali.
L’Albergo Diffuso, a differenza degli alberghi tradizionali permette ai turisti di vivere l’autenticità di un’esperienza con soggiorno in case ristrutturate e diverse da abitazioni progettate per turisti; inoltre il turista che si indirizza verso l’albergo diffuso può avere a sua disposizione una variegata gamma di scelte offerte dall’operatore ricettivo poiché il prodotto albergo diffuso prevede di per sé politiche di differenziazione anche di prezzi con l’intento di rivolgersi con proposte diversificate a differenti fasce di utenza.
Lo stile gestionale dell’Albergo diffuso si caratterizza nell’universo ricettivo per l’atmosfera originale, per le modalità di erogazione dei servizi e per la sua forte valenza territoriale; esso ha uno stile unico poiché si pone l’obbiettivo di offrire un’esperienza legata al territorio anche nei tempi e nei ritmi del servizio oltre che nei servizi e prodotti offerti.
Un ulteriore punto da considerare è l’interesse del sistema intermediario tra la domanda e l’offerta turistica, verso la proposta di Albergo Diffuso. L’analisi della programmazione dei Tour Operator mostra che almeno una decina di Tour Operator nazionali e locali, hanno in catalogo offerte di pacchetti e soggiorni riferiti alle formule di ospitalità diffusa con particolare attenzione per gli alberghi diffusi. E’ il caso di “Naturaliter” e de “I viaggi di Sindbad” che hanno promosso già a partire dagli anni ’90 offerte per gli alberghi diffusi della Carnia.
5. Conclusioni
Se si fa un’analisi della domanda, individuale o organizzata, si può ritenere che la realtà dell’ospitalità diffusa e degli alberghi diffusi in particolare, abbia tutte le carte in regola per svilupparsi ulteriormente anche in assenza di incentivi europei e regionali; tuttavia affinché questa realtà ricettiva possa passare dall’attuale fase di pionierismo spontaneo e di relativa marginalità, ad un progetto trainante per l’intero sistema turistico italiano, ha bisogno che vengano soddisfatte alcune condizioni.
La prima è di evitare che l’idea di avviare un Albergo Diffuso o un Borgo Albergo nasca soltanto dal problema dell’esistenza di un borgo abbandonato o semivuoto e che abbia come unico movente il recupero edilizio del patrimonio storico-architettonico. In secondo luogo si pone il problema di un management adeguato, e di una gestione professionale. Pochi operatori sono, infatti, consapevoli dell’importanza dell’aspetto gestionale nella formula dell’albergo diffuso; non si può infatti pensare che un albergo così particolare possa essere gestito nel modo freddo e razionale che caratterizza gran parte delle gestioni alberghiere moderne, né la gestione può assumere quei connotati di rigidità e di orientamento al prodotto che caratterizzano gran parte delle proposte alberghiere di piccola dimensione, ma deve essere orientata alla professionalità. E’ quindi necessario promuovere una formazione molto accurata con interventi che sviluppino la qualità e l’autenticità delle proposte, partendo dall’assunto che la gestione e la qualità delle scelte sono l’asset più importante per continuare a competere in un mercato che è sempre più difficile da servire ed interpretare se non si posseggono i giusti strumenti di orientamento e azione.
L’ideazione e la gestione di un modello di ospitalità originale richiede una cultura adeguata di base, ed alcuni principi dai quali non si può prescindere:
– il principio dell’adattabilità, che stabilisce che ogni forma di ospitalità diffusa deve essere coerente con il contesto culturale e urbanistico locale;
– il principio dell’unitarietà gestionale, per il quale ogni albergo diffuso è in grado di offrire agli ospiti i servizi di un albergo;
– il principio dell’integrazione, per il quale l’albergo diffuso ha successo se integra le proposte presenti nel territorio e riesce a proporsi come elemento di animazione dello stesso.
Se non si tengono in debita considerazione tali elementi attraverso un pieno coinvolgimento delle comunità locali interessate ad un percorso di rilancio turistico di un territorio, il rischio maggiore in cui si può incorrere attraverso l’utilizzo di queste forme di ospitalità diffusa è la piena banalizzazione delle stesse. Proprio per questo, per far sì che la formula dell’Albergo diffuso abbia un corretto sviluppo e contribuisca al rilancio di territori a vocazione turistica è necessario preservare il nome stesso di “Albergo Diffuso” evitando il rischio di svuotamento di significato e salvaguardando così uno dei rari modelli italiani di ospitalità sul mercato globale dell’offerta turistica.
Bibliografia
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Godfrey, Kerry, Clarke, Jackie, (2002), Manuale di Marketing territoriale per il turismo, Le Monnier, Firenze