L’impresa sociale è una delle recenti forme che l’impresa ha assunto negli ultimi anni. Analogamente a quanto succede nel caso dell’impresa culturale, essa sembra, ad un primo sguardo, assumere più che altro le sembianze di un ossimoro difficilmente comprensibile e spiegabile.
Quanto succede di interessante nella pratica, codificata solo di recente, è la creazione di una sorta di modello messo in atto dalle tipiche forme di imprese sociale basato su un’azione imprenditoriale nella quale prevalgono trasferimenti monetari di tipo redistributivo, i quali riescono a mantenere l’efficacia e la sostenibilità dell’impresa stessa.
Si tratta di una lezione dalla quale imparare anche nel caso delle imprese che operano in campo culturale. Esse si muovono all’interno di uno spazio complesso in cui il ruolo della pubblica amministrazione è sicuramente di peso e lascia margini piuttosto risicati all’agire privato. Esattamente come per le imprese sociali, il rapporto con il contesto di riferimento, con i portatori di interesse all’esterno e con chi vi lavora all’interno disegna la fisionomia globale dell’impresa, il suo agire giorno dopo giorno ed il suo futuro.
E’ spesso, infatti, la qualità del tessuto relazionale esterno all’impresa ed interno ad essa ad attribuirne un valore ed un appeal per chiunque ne venga a contatto. In questa particolare tipologia di organizzazioni, la galassia di persone che vi intrattiene rapporti, cerca un coinvolgimento che non può essere facilmente sintetizzato con una contropartita di tipo economico, ma ha a che vedere molto più spesso con la propria identità e con significati non materiali attribuiti all’attività professionale. Non ultimo la possibilità di incidere sul tessuto sociale circostante, attraverso azioni di integrazione e di inclusione.
In questo senso, è facile vedere sovrapposizioni e collegamenti con il mondo delle attività culturali e creative, che spesso, attraverso il medium dell’arte, ha tra i suoi fini un aumento della consapevolezza e della capacitazione degli individui.
Stesso fine si pongono i progetti sperimentali che ricercano il coinvolgimento degli abitanti dei quartieri urbani e si fondano sul presupposto che la creatività può e deve essere anche un processo di tipo sociale. Le tecnologie che si evolvono danno questa enorme opportunità, permettendo realmente di partecipare. E’ il caso di due innovativi progetti che hanno luogo a Manchester e Torino.
A Torino il Sanpablog ha permesso da una parte di recuperare la memoria storica del quartiere ed ha fornito uno spazio per ospitare gli interventi degli abitanti, assicurando sempre e comunque assoluta trasparenza ed interazione costante. Altrettanto interessante il progetto People’s Voice Media attivo nella comunità di Manchester. Si tratta di uno spazio in cui si facilita la creazione di comunità di reporter di quartiere che raccolgono storie, le raccontano e rendono le comunità di riferimento più partecipative.
La partecipazione ed il coinvolgimento, anche attraverso il facilitatore della creatività e dell’arte, sono in questi casi reali, non dettate dall’alto, in qualche modo spontanee. L’unico intervento esterno consiste nel creare spazi all’interno dei quali rendere possibile a ciascuno di dire la propria e di sottolineare il proprio ruolo di parte di una comunità.